Roccella Jonica, il sindaco a TPI: “Ho accolto quei migranti ma non sono il nuovo Mimmo Lucano”
Intervista a Vittorio Zito, che di recente ha accolto nel suo Comune 17 migranti minorenni, di cui 6 positivi al Covid: "Quelli che sbarcano qui non sono come quelli di Lampedusa. A Roccella da 25 anni governa la stessa coalizione civica, abbiamo dato risultati concreti. Io sono solo un sindaco, non un simbolo"
Vittorio Zito è il sindaco di Roccella Jonica, un piccolo gioiello sulla Statale 106 a pochi chilometri da Locri, in quella Calabria troppo spesso agli onori della cronaca più per la ‘ndrangheta che per le sue bellezze. Insieme alla sua comunità ha accolto 17 migranti, minori non accompagnati, di cui 6 positivi al Covid, facendo più di quello che era richiesto. Due giorni fa gli ultimi quattro sono stati trasferiti in strutture dedicate. Per 36 giorni, insieme ai suoi collaboratori, ha trovato soluzioni, mettendo pezze dove la burocrazia lasciava vuoti. Un piccolo miracolo, soprattutto perché la cittadinanza, in larga parte, ha sostenuto la scelta dell’amministrazione.
“Dipende in primo luogo dalla solidità di una guida politica”, spiega Vittorio Zito a TPI. “Roccella da 25 anni è governata dalla stessa coalizione civica, abbiamo dato alla cittadinanza risultati concreti in termini di sviluppo della città, di servizi, di turismo. È una città che è stata governata bene per lungo tempo. Spesso ci definiscono ‘isola felice’, ma io preferisco il termine ‘oasi’, perché se sei solo non sei mai felice”.
“C’è poi un motivo urbanistico – aggiunge -: Roccella è l’unica città della zona che ha il suo centro storico sul mare, non ci sono i due paesi divisi, quello a monte e quello sulla costa. Qui intorno, negli anni Cinquanta, a seguito delle alluvioni, molte persone che avevano una loro vita e una loro economia, sono state di fatto deportate verso il mare: a volte erano spostamenti di pochi chilometri, in altri casi le distanze sono state considerevoli. Una società fatta di pastori e agricoltori fu catapultata sul mare. La coesione sociale di quei paesi è per forza di cose minore rispetto alla nostra, una comunità che è stata sempre qui”.
Quei paesi, come Riace, che col tempo finirono per svuotarsi quasi completamente.
“Negli anni Settanta ci fu il boom economico: quasi tutti potevano costruirsi una casa, anche chi non guadagnava tanto. Il cosiddetto ‘non finito calabrese’ nasce in quegli anni: le persone avevano una visione molto positiva del futuro e scendevano a valle, dove iniziavano a costruire la casa per loro, per i figli e per le future generazioni. Poi il boom finì e quelle case restarono degli incompiuti. A Roccella, invece, c’è sempre stata una comunità molto forte, molto coesa, perché più radicata”.
E ci sono state anche delle amministrazioni illuminate: suo zio, Sisinio Zito, portò ‘Rumori Mediterranei’, il Festival del Jazz, trasformò Roccella in un grande centro culturale.
“Abbiamo sempre avuto un’idea di sviluppo: quando ho iniziato a fare il consigliere comunale, ormai 25 anni fa, c’erano tre sbocchi fognari a mare, al centro del paese. Oggi abbiamo i migliori depuratori della Calabria e ogni anno siamo ‘Bandiera blu’. Abbiamo sempre ragionato sui servizi, prima ancora che sulle strutture: sono tutti affidati a una società in house totalmente del comune: questo ci permette di avere il controllo totale, ad esempio, sulla raccolta differenziata dei rifiuti. La cultura abbatte le barriere mentali: qualche buontempone, durante i consigli comunali, ci è venuto a dire che dopo tanti anni di Festival Jazz non abbiamo avuto nessun jazzista di Roccella. Io gli rispondo che non mi pare che qualcuno di Sanremo che abbia mai vinto il festival o sia diventato un grande musicista”.
Poi c’è stato lo sbarco, in conferenza stampa lei ha detto: “Noi lo dovevamo fare”. Molti hanno commentato: “Ecco il nuovo Mimmo Lucano”.
“Ci sono due piani, uno etico-morale e uno tecnico-politico. A me non piacciono i simboli. Ogni volta che in Calabria ne compare uno, tutti quelli che non vogliono fare il loro dovere vi si nascondono dietro. È quello che è accaduto con Mimmo Lucano: si è accentrata l’attenzione sulla sua persona e non su quello che aveva fatto, poi lo hanno lasciato sempre più solo. Mimmo ha trasformato un paese che era quasi morto e l’ha portato al centro del mondo, non si può non riconoscerglielo”.
Però?
“Penso che il limite di quell’esperienza sia stato quello di accentrare su di lui lo scontro politico. Io non sono e non voglio essere un nuovo Mimmo Lucano, sono un sindaco che fa le cose: se le faccio bene già è un grande risultato, se le faccio bene portando alti dei valori morali ancora meglio. Il simbolo non sono io, ma il comandante dei vigili urbani che sta facendo un gran lavoro, la società che raccoglie i rifiuti, il titolare della struttura che ha accolto i giovani migranti e avrebbe potuto dire no, persino il cittadino che ha la casa vicino a quella struttura e che era comprensibilmente preoccupato. Nel caso dei minori non accompagnati, al netto della dimensione etica, ho semplicemente cercato di capire ciò che era più giusto e più utile fare: avrei potuto mettermi con la pancia di fuori e rotolarmi sull’asfalto come ha fatto qualcuno ad Amantea, ma lì non mi pare che quelle persone abbiano fatto una gran pubblicità alla città”.
In quei giorni c’era chi tornava a invocare i porti chiusi…
“I porti non sono mai chiusi, me lo spiegò bene il comandante della Capitaneria di Porto. Teoricamente, l’unico modo per chiudere i porti è quello di imporre il blocco navale, ovvero far morire in mare 70 ragazzini che chiedono aiuto perché la loro barca affonda, ma a quel punto c’è la legge del mare che impone di salvare quelle persone, al di là delle scelte che può fare la politica. Quando Matteo Salvini era ministro qui abbiamo avuto molti più sbarchi: sono rotte organizzate, i migranti che arrivano in Calabria Jonica non sono come quelli che sbarcano a Lampedusa, non è la rotta della Libia. Sono di un’altra estrazione sociale, vengono dalla borghesia siriana, irachena e curda e arrivano qui per ricongiungersi a parenti che vivono già in Europa. Sono scolarizzati, parlano quasi tutti inglese. A Roccella sono sbarcati due migranti che sono diventati docenti universitari in Germania, un musicista, un giocatore della Bundesliga… Viaggiano su barche a vela nuove regolarmente registrate, con skipper ucraini, quindi impossibili da intercettare. Se dovessi spiegare a una persona del nord la legge del mare gli direi: ‘se c’è qualcuno che lancia un sos in mezzo alle montagne, lo lasci lì o lo vai a salvare?’. Mi innervosisco quando qualcuno dice ‘anche noi siamo stati migranti’, perché non è proprio così: qui sono arrivati tre fratelli, il padre li ha messi su una barca e ha detto loro ‘andate’, sapendo che quella barca sarebbe potuta affondare di lì a poco. Loro non emigrano, scappano. Chi sbarca qui non cerca un futuro migliore, cerca un futuro, punto. Ed è anche sbagliato dire ‘l’Italia ha fatto grande l’America’, perché noi in America abbiamo portato brave persone, grandi competenze, ma abbiamo portato anche la mafia”.
Il turismo ne ha risentito?
“A Roccella, dopo qualche comprensibile cancellazione che c’è stata in quei giorni, la stagione turistica è andata e sta andando molto bene. Ci fossero stati 5 casi di Covid non se ne sarebbe accorto nessuno, il fatto che fossero migranti, vuoi per ignoranza, vuoi per pregiudizio, ha fatto più paura a qualcuno. La nostra scelta è stata quella di informare quasi quotidianamente i cittadini su come stava evolvendo la situazione, loro hanno capito e hanno sostenuto l’amministrazione. Ripeto: non credo nei simboli e nei modelli, credo nella buona amministrazione”.
Quindi non c’è un ‘modello Roccella Jonica’?
“Anche quello è un alibi. Si dice: ‘A Roccella fate la raccolta differenziata perché avete un livello culturale più alto’: non è così. Tutto è replicabile alle stesse condizioni. Da noi ci sono trenta persone che lavorano sulla raccolta differenziata e non dormono la notte, le cose non si fanno da sole, serve impegno. E tutti possono fare bene: il sindaco di Gioiosa Jonica, Salvatore Fuda, sta facendo un gran lavoro ad esempio. Pensa che noi non abbiamo ricevuto mai i finanziamenti per lo sport perché non abbiamo i parametri di disagio sociale per potervi accedere, mi sembra un po’ una follia”.
Un’altra caratteristica di Roccella è non avere infiltrazioni di criminalità organizzata.
“Sarebbe disonesto dire che anche qui non ci sono dei personaggi con una mentalità mafiosa, ma no, da noi non ci sono grandi interessi mafiosi. Ed è così perché abbiamo sempre lavorato sulla cultura: a luglio abbiamo fatto una tre giorni dal titolo: ‘solo la cultura ci salverà dalla ‘ndrangheta’. La lotta alle mafie è purtroppo rinchiusa solo un una dimensione giudiziario-poliziesca, una dimensione che può sicuramente portare a casa dei risultati ma non quello più importante che è una rivoluzione culturale. E le rivoluzioni culturali si fanno con la politica. Questo inverno sono rimasto molto deluso quando ho visto un servizio di una nota trasmissione televisiva in cui si parlava di uno dei tanti libri sulla ‘ndrangheta lungo la statale 106, ne escono in continuazione, ormai manca solo ‘le ricette della ‘ndrangheta’ e abbiamo tutto. In Calabria la ‘ndrangheta c’è ed è una piaga, sarebbe folle negarlo, ma c’è anche tanto altro.
Diceva di quel servizio tv…
Mostrarono opere incompiute che ormai stanno lì dagli anni Settanta, mostrarono paesi dove in inverno non c’è nulla, un concerto di Umberto Smaila a Locri. Da noi, in quei giorni, c’era ‘Il Parto delle Nuvole Pesanti’ che presentava il nuovo disco in una sessione invernale del Festival Jazz. Quando si parla di Calabria si parla o di mafia o di antimafia, delle tante belle normalità di questa regione non si parla mai. Poi ci dicono: ‘la colpa è vostra perché non vi ribellate’, ma non mi sembra che nelle grandi città del nord, dove oggi la ‘ndrangheta ha grandi interessi economici ci sia qualcuno che si è ribellato, non mi sembra che alcuni imprenditori dell’Emilia – Romagna si siano ribellati, anzi, ci hanno fatto affari. Qui da noi è una questione di spazi: se tu non occupi gli spazi, quegli spazi li occupa la ‘ndrangheta, ma io non ho visto mai ‘ndranghetisti o figli di ‘ndranghetisti felici, quindi se una comunità si prende i suoi spazi può essere anche più facile far estinguere i fenomeni criminali. Se tu puoi dargli un’opportunità per cambiare, cambiano: perché nessun figlio nasce già segnato. Quando si parla di accoglienza si parla sempre dei migranti, quando da noi sono venuti figli o nipoti di personaggi della ‘ndrangheta a chiedere aiuto non li abbiamo mai ghettizzati o esclusi, li abbiamo trattati esattamente come gli altri, nulla di più, nulla di meno”.
Un grande problema di tutta l’area è la fuga dei giovani.
“È vero, ma l’emigrazione non è più quella di una volta. Con alcune compagnie aeree ormai si può tornare spendendo poco e questo rappresenta una grande opportunità. Così come è una grande opportunità il fatto che molte aziende, durante l’emergenza Covid, abbiano scoperto lo smart working. Durante il lockdown ho aperto un piccolo blog dal titolo ‘dopo e ora’, perché tutti si chiedevano cosa sarebbe successo dopo, ma quando si deve parlare del dopo se non ora? Oggi ci sono persone che resteranno fino a ottobre a Roccella, in smart working; non si tornerà indietro perché a molte aziende conviene. A settembre faremo una 5 giorni con l’ex ministro Alessandro Bianchi sulla rigenerazione urbana: lì lancerò l’idea di Roccella come città ideale per lo smart working e inizieremo un percorso per capire come attrezzarci, dalle panchine con le ricariche per i computer, al potenziamento della rete internet, fino a nuove soluzioni per i trasporti per rendere più agevoli i trasferimenti per chi ha bisogno di poter tornare in poche ore nelle città per riunioni o altro”.
Sulla facciata del Comune c’è uno striscione con la scritta: ‘Responsabilità e andrà tutto bene’. Di chi è stata la scelta di aggiungere la parola ‘responsabilità’?
“È stata mia, perché nulla cade dal cielo. I risultati si raggiungono con l’impegno”.