Ieri Scilipoti, oggi Mastella: la lunga storia dei “responsabili”
Quando nel 2018 Giuseppe Conte si presentò al Paese come “avvocato del Popolo” forse non immaginava che sarebbe arrivato il momento di calarsi nei panni di un azzeccagarbugli e, pallottoliere alla mano, mettersi a fare i conti sui numeri in parlamento alla ricerca di una specie mitologica della recente politica italiana: i responsabili.
Questo squadrone composto da parlamentari di dimensioni, estrazione e visibilità politica del tutto variabile nasce in quella che chiamiamo Seconda Repubblica, quando il sistema dei partiti si è fatto sempre più liquido e i governi, per superare le crisi, hanno iniziato ad attingere da singoli parlamentari in rotta con i rispettivi partiti, spesso saliti agli onori delle cronache proprio grazie alla loro stampella lanciata in soccorso al governo di turno.
Il concetto di “responsabili” assume questo nome nel dicembre 2010, quando il governo Berlusconi IV si trovava messo a dura prova dall’uscita dalla maggioranza di Futuro e Libertà, e a sostegno del governo arrivò una pattuglia composta da tre parlamentari che si definirono “i responsabili”.
A comporla erano l’ex esponente del movimento rutelliano Alleanza per l’Italia, Bruno Cesario, l’imprenditore veneto Massimo Calearo, eletto col PD in un tentativo di Veltroni di aprire il partito al ceto produttivo del nordest, e Domenico Scilipoti, esponente eletto con l’Italia dei Valori, all’epoca il partito più ferocemente anti-berlusconiano, divenuto un po’ il simbolo del nuovo gruppo di parlamentari.
Scilipoti andò oltre, fondò un partito dal nome “Movimento di Responsabilità Nazionale”, con lo Ying e lo Yang come simbolo e un inno intitolato “Un solo cuore, un’unica idea”. La nuova forza politica entrò a far parte del gruppo parlamentare “Iniziativa Responsabile”, che avrebbe poi preso il nome di Popolo e Territorio alla Camera e Coesione Nazionale al Senato. I responsabili non erano più un semplice concetto empirico, ma una realtà, con un gruppo parlamentare definito e strutturato.
Al loro interno, oltre al trio che aveva lanciato la stampella all’esecutivo, una variegata schiera composta da e finiani di Futuro e Libertà tornati a più miti consigli, ex esponenti UDC schieratisi a sostegno di Berlusconi, e persino tre esponenti eletti con l’Italia dei Valori, che comprendevano oltre a Scilipoti Antonio Razzi, lanciandolo così alla ribalta nazionale. Una pattuglia ampia e variegata unita da un solo fine: sostenere il governo Berlusconi IV, un governo e un premier cui molti sarebbero rimasti leali fino all’ultimo giorno, ma che altri hanno scaricato, soprattutto al momento degli atti finali dell’esecutivo, caduto nel dicembre 2011 grazie anche ai voti di alcuni esponenti del gruppo dei responsabili.
Come funzionano i responsabili lo ha spiegato bene Clemente Mastella in un’intervista uscita oggi sul Manifesto: sono come l’amante, restano nascosti se non si da loro una dignità. E ha anche detto che sono più di quelli che si possa pensare, ma proprio per la loro natura simile a quella di un amore segreto, restano nascosti. Già, perché i responsabili a parole non sembra volerli nessuno, ma quando c’è una crisi di governo diventano un vero e proprio oggetto del desiderio.
Amanti o meno, possiamo definire i responsabili un gruppo molto eterogeneo di parlamentari con storie e ragioni diverse, che poco interessano a noi ora e spesso anche al governo che decide di farli salire a bordo, pronti a cambiare bandiera con l’obiettivo di tenere in piedi l’esecutivo o, talvolta, la legislatura.
Le storie e le ragioni di questi gruppi che oggi definiremmo “responsabili” sono diverse e affondano sicuramente le radici nella liquefazione del sistema politico iniziata con la fine della Prima Repubblica. Prima, infatti, se un governo cadeva, la DC valutava a quali forze del Pentapartito allargare eventualmente la maggioranza, e in caso non ci fossero gli estremi si andava alle urne e si ricominciava secondo questo schema.
La fine dei partiti tradizionali, la nascita di forze passeggere, spesso legate al consenso personale di un singolo esponente, hanno reso più facili le scissioni e creato un esercito di liberi battitori della politica, figure rimaste senza un partito a cui donare la propria obbedienza e pronti a rimettersi in gioco secondo le loro regole.
Ma come tutte le creature mitologiche, anche i responsabili hanno un proprio èpos. Prima che la parola “responsabili” salisse agli onori delle cronache, non mancarono le stampelle, i soccorsi, le forze politiche nate (e spesso poco dopo sparite) solo con l’obiettivo di salvare un esecutivo. Nel 1995, ad esempio, a salvare il governo Dini ci fu una pattuglia di parlamentari che lasciò Rifondazione, che era all’opposizione, per sostenere il governo.
Nacquero così i Comunisti Unitari, che l’anno dopo avrebbero sostenuto l’Ulivo e il PDS e che nel 1998 avrebbero poi aderito organicamente ai Democratici di Sinistra. Proprio nel 1998, una scissione molto simile cercò di salvare il governo Prodi: a lasciare Rifondazione furono infatti i Comunisti Italiani di Armando Cossutta, in rotta con Bertinotti che aveva deciso di togliere il proprio sostegno all’esecutivo. Tale partito rimase attivo per molti anni, superando anche il due per cento in più d’un occasione, prima di perdersi nei meandri della sinistra, sciogliersi e ricomporsi con il nobile nome di Partito Comunista Italiano.
I Comunisti Italiani, tuttavia, non furono sufficienti a tenere in piedi il governo Prodi, ma a formare subito dopo un governo arrivò un’altra stampella di responsabili, guidata niente meno che dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Parliamo dell’Unione Democratica per la Repubblica (UDR), cui aderirono anche Clemente Mastella, che aveva lasciato il CCD di Casini, e il CDU di Rocco Buttiglione, una pattuglia centrista che fu determinante per la nascita del governo D’Alema. Il partito, tuttavia, si sciolse dopo un anno: Buttiglione rimise in piedi il CDU, Mastella fondò l’UDEUR e Cossiga tentò un percorso solitario con un partito che, conscio dello scarso seguito, ribattezzò ironicamente i “quattro gatti”.
Per il governo Prodi II serve invece quasi un capitolo a parte. Il governo, sorto su una maggioranza claudicante al Senato, viene fin da subito funestato da malumori della sinistra più estrema, scissioni di singoli esponenti (come quella di Sergio De Gregorio, sorte vuole eletto anche lui nell’Italia dei Valori), e deve reggere sui voti dei senatori a vita e del senatore Luigi Pallaro, eletto con una lista indipendente nella circoscrizione dell’America Latina.
A dare una boccata di ossigeno all’esecutivo a concreto rischio caduta arriva niente meno che l’ex segretario dell’UDC, Marco Follini, che fonda l’Italia di Mezzo e porta il suo voto in Senato e quello del deputato Riccardo Conti alla Camera a sostegno del governo. Una boccata d’ossigeno che durerà poco: nemmeno un anno dopo l’UDEUR negherà la fiducia al governo, facendolo cadere.
Non era traballante Renzi quando poté godere del sostegno di Denis Verdini e della sua ALA, nata dopo aver lasciato Forza Italia nel 2015. Si può parlare di “responsabile” in questo caso? Sicuramente rimase responsabile all’impegno per le riforme preso nel cosiddetto “Patto del Nazareno”: fu infatti la rottura tra Berlusconi e Renzi a causare quella tra Berlusconi e Verdini e portare alla nascita di ALA a sostegno dell’esecutivo.
Ma ora, sulla base di questa storia, a dover cercare la pattuglia di responsabili sembra essere Conte. Da quando Italia Viva ha manifestato i suoi sempre più vivaci mal di pancia, la parola che prima sottovoce e sempre più forte si sta facendo è quella di “responsabili”…chissà di che colore si tingerà l’esecutivo, dopo il giallo-verde e il giallo-rosso.
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