Renzi ha ottenuto Draghi e ha indebolito gli avversari: ditemi se questa non è una vittoria
“Non volevo fare il ministro, volevo fare quello che sceglie i ministri” recitava Stefano Accorsi nella serie 1992, impersonificando Leonardo Notte, un capo di gabinetto abituato ad agire all’ombra del potere, con il preciso scopo di arrivare a gestirlo.
Normalmente, nell’ecosistema della politica, i tessitori di trame appartengono alla categoria dei “timidi”, politici di lungo corso, che spesso agiscono lontani dai riflettori, occupando posizioni, incarichi e andando a influenzare le decisioni di politica pubblica, utilizzando partiti e parlamentari come strumenti utili ad ottenere l’obiettivo agognato, che può essere più o meno nobile, più o meno idealistico.
Dopotutto questo è il compito della politica: gestire la “polis”, il territorio, più o meno grande, e per farlo sono utili capacità, visione e strategie. E quasi tutti questi elementi tendono ad avere la stessa importanza nella difficile equazione che porta al conseguimento del potere.
Dalla CGIL a Confindustria: cosa mette al tavolo Matteo Renzi oggi
Ci sono alcuni elementi, che riguardano l’ingresso (con riserva) di Draghi nel panorama politico italiano, che passeranno alla storia della strategia politica. Dalle ceneri di un referendum perso, di una scissione, e dalla creazione di un partito nato pochi mesi prima della pandemia e considerato da tutti una “cenerentola”, Matteo Renzi ha ottenuto la vittoria più importante per qualunque politico: l’indirizzo decisionale del potere.
Con l’integrazione di strategie di breve e lungo periodo, Matteo Renzi, con la scelta di opporsi al piano per il Next Generation EU proposto da Conte, è finito a rappresentare il pensiero di tutte le più importanti realtà organizzative e sindacali del Paese. Da Confindustria alla CGIL, che non a caso ha salutato l’ingresso di Draghi con favore “può essere una persona utile”, ha dichiarato ieri sera il leader ed ex segretario della FIOM Landini. Avere allo stesso “tavolo”, seppur virtuale, il Presidente di Confindustria Bonomi, i sindacati e Mattarella, non è un risultato di poco conto.
E invece di poco conto può apparire la proiezione dei sondaggi, che vede Italia Viva intorno al 3%, poiché la struttura Costituzionale (che Renzi aveva provato a cambiare) non prevede che le decisioni pubbliche vengano prese a seconda dei sondaggi, ma che faccia fede la maggioranza parlamentare.
Oltre ad avere messo allo stesso tavolo sindacati, Confindustria, associazioni di categoria, mettendo in essere le condizioni perché si arrivasse all’indicazione di Mario Draghi come possibile presidente del Consiglio, Matteo Renzi ha ottenuto, probabilmente, un’ulteriore vittoria: l’indebolimento dell’avversario politico, altro elemento che può risultare cruciale per l’affermazione di una leadership.
Indebolire gli avversari: PD, M5S e Lega di fronte ai loro bivi
La proposta di un Governo Draghi getta caos all’interno del Movimento 5 Stelle, che si troverà, nella migliore delle ipotesi, a dover gestire la fuoriuscita di alcuni parlamentari e a dover abbandonare tutti i dicasteri, oltre al diritto di esprimere nomine e incarichi su cui faticosamente aveva provato a costruire una classe dirigente (anche al di fuori della politica).
Nella peggiore delle ipotesi, il Movimento si spezzerà in due, con un’ala “Dibattistiana” e un’ala più riformista, già presenti e facilmente individuabili nel dibattito pubblico. Anche il PD dovrà rivedere, presumibilmente, la propria struttura e strategia: la forte convinzione su Giuseppe Conte richiede un cambio di rotta non semplice da gestire.
La presenza di Draghi indebolisce anche Salvini, che sulla narrazione “no euro” aveva costruito squadre di protagonisti e volti della Lega (da Siri, a Bagnai e Borghi), incassando il sostegno di mondi che alla Lega di Bossi erano sempre rimasti estranei.
La costruzione di un’ala liberal-democratica che guardi verso la libertà economica, il dialogo con l’Europa, il rispetto dell’orientamento atlantista (e non eccessivamente filo-cinese) sono gli obiettivi che Matteo Renzi condivide, insieme a un discreto numero di leader europei, oggi riuniti sotto al cappello di Renew Europe, e in parte anche del PPE.
Non sappiamo se il Governo Draghi riuscirà a dare le risposte che questo Paese cerca, da tempo, ma possiamo dire con abbastanza sicurezza che in questa fase sindacati, associazioni di categoria, e rappresentanti del mondo produttivo, vedono salvata e razionalizzata la spesa del più grande investimento a debito della storia del nostro Paese. E probabilmente questo credito, Matteo Renzi, lo conserverà con cura: sappiamo che il potere può portare a commettere errori, e il leader di Italia Viva questa lezione l’ha già imparata ed, evidentemente, portata a casa.
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