Pochi fondi per salute e ambiente e un Parlamento informato all’ultimo: è questo il Recovery dei migliori?
Il premier Draghi ha consegnato la stesura del Pnrr a Camera e Senato e nel piano, rispetto alla bozza di Conte, sono diminuiti i fondi destinati a sanità, ambiente e infrastrutture. E sono spariti cashback e salario minimo. Subito sono partite le critiche dell'opposizione e di esperti che sostengono che il Parlamento sia stato lasciato all'oscuro e non ci sia stata un'adeguata discussione per un impiego di soldi così fondamentale per il futuro dell'Italia
Doveva essere il piano di “ripresa dei migliori”, ma la versione inviata in Parlamento dal governo Draghi non si discosta molto rispetto a quello presentato a gennaio da Giuseppe Conte. Lo aveva anticipato, nella sua prima uscita pubblica, lo stesso Draghi. E così è stato: le missioni del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza che entro venerdì 30 aprile dovrà essere trasmesso alla Commissione Europea rimangono le stesse sei, e anche le loro componenti.
Cosa manca nel Recovery di Draghi
Qualche modifica, in effetti, c’è. E si tratta di punti che il premier Draghi ha preferito eliminare. Scompare del tutto il cashback che esce dal Recovery plan e dovrà essere finanziato con fondi italiani se il governo lo vuole mantenere. E salta anche il salario minimo, misura che era stata invece indicata nella stesura del Piano e che era stata suggerita dalla stessa Commissione europea.
Si riducono inoltre gli investimenti sulla salute, sull’ambiente e sulle infrastrutture. Nell’ottobre 2020 il ministro della Salute Roberto Speranza annunciò l’arrivo imminente di un piano di rilancio della sanità italiana da 65 miliardi di euro. Ad oggi invece, per la sanità – ovvero la missione numero 6 del Piano – la dote complessiva è di 20,2 miliardi, di cui 9 per potenziare le reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e 11,22 per l’innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale.
Per quanto riguarda l’ambiente, scendono di 4 punti percentuali i fondi per l’efficientamento degli immobili, cioè il superbonus 110 per cento (nonostante, rispetto alle prime bozze, sia stato arricchito), mentre è previsto un forte aumento dei soldi per la transizione energetica, grazie ai maggiori investimenti sull’idrogeno e sul trasporto pubblico locale. Per le infrastrutture calano sia i fondi sull’alta velocità, che quelli per la logistica.
Le critiche
Le critiche al Pnrr di Draghi sono state aspre da parte dell’opposizione sia da destra che da sinistra. Ieri, in un’intervista a TPI, il deputato e segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha detto: “Siamo di fronte a uno scandalo inaccettabile. L’ultima versione del Pnrr ci è stata consegnata due ore prima che il presidente del Consiglio prendesse la parola, poi qualche ora di dibattito e domani il voto. Ma si tratta piuttosto di una ratifica”.
La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni aveva chiesto addirittura di rinviare la discussione alla Camera. “In Italia, ormai, la democrazia è sospesa anche grazie all’ampia maggioranza che sostiene il Governo, che su un tema così importante ha deciso di rinunciare ad esercitare il suo ruolo”, ha detto accusando l’esecutivo di aver mandato troppo tardi il testo al Parlamento. “Il presidente del Senato, Casellati e il presidente della Camera, Fico non hanno proprio nulla da dire? Al capo dello Stato sta bene così?”, ha continuato Meloni.
Ad essere preoccupati non sono solo politici, ma anche esperti ed economisti, come Azzurra Rinaldi, Direttrice della School of Gender Economics dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Sulle pagine del nostro giornale ha sottolineato: “Nel piano manca la visione integrata della capacità di produrre che le donne avrebbero in questo Paese. I fondi per gli asili nido sono 4,6 miliardi, insufficienti a raggiungere l’obiettivo europeo del 60 per cento di copertura. La letteratura ci dimostra che ilpotenziamento degli asili nido è in grado di agevolare l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro. Ma i fondi previsti sono pochi e insufficienti. Allo stesso tempo i fondi per l’imprenditoria femminile sono pochi, siamo a 400 milioni, su oltre 200 miliardi: una percentuale bassissima”.
I partiti che sostengono il governo Draghi invece non hanno avuto nulla da ridire sulla bozza presentata dal premier. Il Pd e il Movimento Cinque Stelle restano a guardare. Quando a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte, invece, erano in tanti a denunciare un presunto mancato coinvolgimento del Parlamento, a partire da Italia viva.
Le riforme e il coordinamento
Ad onor del vero, ad essere state leggermente potenziate nel Pnrr di Draghi sono istruzione e ricerca (+1,7 per cento rispetto al totale dei fondi), grazie ai nuovi investimenti per l’edilizia scolastica, e anche Industria 4.0. E anche la quota di fondi investiti in nuovi progetti aumenta dal 69 all’80 per cento, permettendo di rivedere al rialzo l’aumento previsto del Pil grazie al piano (dal +3 per cento al +3,6 per cento del Pil al 2026).
A fare la differenza nel processo di approvazione delle istituzioni europee però, più che i singoli interventi, saranno le riforme. Il piano di Draghi, su questo, definisce con più precisione le riforme della pubblica amministrazione e della giustizia, e aggiunge la legge sulla concorrenza e quella delle politiche attive del lavoro. L’ultima macro-differenza è sulla governance: Conte aveva rimandato a un decreto ad hoc, mentre Draghi ha incardinato il coordinamento centrale al Ministero dell’Economia. Se questo sarà sufficiente, lo dirà Bruxelles.
Leggi anche: 1. Draghi presenta il Recovery Plan: “Avremo 248 miliardi. In gioco il nostro destino, ho fiducia negli italiani” 2. “Pensavamo che con Draghi ci sarebbe stata una svolta, ma nel Pnrr le donne sono ancora invisibili”: parla l’economista Azzurra Rinaldi