Recovery, il piano di Draghi: stop a Quota 100 dal 2022. Tutte le misure
È terminato alle 23,30 di sabato 24 aprile il Consiglio dei ministri con il quale il governo guidato da Mario Draghi ha dato il suo ok al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) o “Recovery Plan”. Il Cdm, inizialmente previsto per la mattinata di sabato, era slittato a causa dal Superbonus al 110 per cento che M5s, Pd e Forza Italia volevano prorogare fino al 2023 e per cui serve la copertura.
L’ok al Recovery Plan è arrivato proprio dopo l’impegno del ministro dell’Economia, Daniele Franco, sulla proroga del Superbonus fino al 2023.
Nel corso del Consiglio dei Ministri, inoltre, lo stesso premier ha annunciato il “disco verde” della Commissione europea al Recovery sottolineando, secondo quanto viene riferito, che vi sono ancora questioni molto marginali su cui la discussione con Bruxelles continua.
Cosa prevede il piano
La bozza consiste in un programma da 221,5 miliardi per far ripartire l’Italia dopo la crisi innescata dalla pandemia di Covid-19. Circa il 40 per cento delle risorse saranno destinate al Mezzogiorno, il 38 per cento al progetti “verdi” e il 25 per cento al digitale. La supervisione politica del piano sarà a Palazzo Chigi. L’impatto sul Pil sarà di 3,6 punti percentuali e sull’occupazione di 3 punti al 2026, ultimo anno del Recovery Plan. Ma vediamo i punti principali del piano del governo:
La bozza di 318 pagine prevede l’ossatura del Pnrr, con il quale il governo spiega come intende impiegare i 191,5 miliardi finanziati con il Recovery Fund europeo (53,2 miliardi di progetti in essere) e i 30,04 miliardi del Fondo complementare nazionale, finanziato in deficit con lo scostamento di bilancio approvato dal Parlamento, che sarà utilizzato per coprire i progetti che resteranno fuori dal Piano. Questi potranno avere scadenze più lunghe e saranno svincolati dall’obbligo di rendicontazione all’Ue.
La bozza di Pnrr è composta da 6 missioni e 4 riforme (della Pubblica amministrazione, della giustizia, per la concorrenza e le semplificazioni). Per Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono previsti 43,5 miliardi, per Rivoluzione verde e transizione ecologica 57,5, per Infrastrutture e mobilità sostenibile 25,3 miliardi, per Istruzione e ricerca 31,6, per Inclusione e coesione 17,8 e per Salute 15,6.
Tra le numerose misure previste dal piano c’è la creazione di 228mila nuovi posti per gli asili, la semplificazione digitale per la P.A e il riconoscimento della laurea abilitante. Sono previste 30 grandi infrastrutture di ricerca e un centro di eccellenza per le epidemie. Il piano contiene inoltre 6,7 miliardi per le rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9mila scuole e 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce.
Sparisce invece dal piano il cashback, che resta finanziato e dunque per ora in vigore. Alla fine del 2021 scadrà anche quota 100, la riforma pensionistica cara alla Lega, che sarà sostituita da misure apposite per chi svolga lavori usuranti. Neanche il Superbonus, l’agevolazione al 110 per cento per le ristrutturazioni edilizie voluta dal Movimento Cinque Stelle, sarà prorogata al 2023, ma viene confermata com’è oggi, fino al 2022.
Draghi: “Obiettivo è consegnare alle prossime generazioni un paese più moderno”
“Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale”, spiega il presidente del Consiglio, Mario Draghi nella premessa alla bozza. Il minor incremento del Pil rispetto agli altri Paesi europei registrato negli ultimi vent’anni e il “deludente” andamento della produttività sono “problemi che rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire”.
“La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia non è necessariamente destinata al declino“, sottolinea ancora Draghi ricordando che “nel secondo Dopoguerra, durante il miracolo economico il nostro paese ha registrato tassi di crescita del Pil e della produttività tra i più alti d’Europa”. Il Pnrr, assicura il premier, “è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute”.
Pnrr, cosa succede adesso
Dopo l’esame di oggi in Consiglio dei ministri, il testo sarà ulteriormente limato nel weekend, e lunedì e martedì il premier lo presenterà alle Camere. Il via libera definitivo dovrebbe arrivare tra mercoledì e giovedì, in tempo per l’invio a Bruxelles entro il 30 aprile.
Successivamente, il governo varerà tre decreti e leggi delega. Un decreto servirà a snellire le norme per rendere più rapide le autorizzazioni del Pnrr, con la nascita di un apposito ufficio a Palazzo Chigi. Un altro servirà per le assunzioni nella P.a. che rafforzeranno l’attuazione del Recovery. Il terzo per definire la governance del piano: una cabina di regia a Palazzo Chigi che dovrebbe coinvolgere le amministrazioni coinvolte, gli enti locali, le parti sociali.
Il nodo della governance
Proprio il tema della governance, che dovrebbe essere definita nelle prossime settimane con un decreto, è uno dei nodi ancora da sciogliere nel governo. La cabina di regia del Piano rimarrà a Palazzo Chigi ma parteciperà ai lavori tutta la squadra di governo e saranno coinvolte anche le regioni e le parti sociali.
Per il coordinamento centralizzato e il controllo sull’attuazione del Piano sarà istituita al Mef un’apposita struttura, che costituisce il punto di contatto con la Commissione europea per il Pnrr. Tale struttura supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. L’esecutivo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure dell’attuazione.
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