L’ex Br Raimondo Etro a TPI: “Mi hanno tolto il reddito di cittadinanza, ora andrò in carcere: lì si vive meglio”
Raimondo Etro, 63 anni, ex Brigate Rosse, condannato per aver partecipato al sequestro di Aldo Moro, è tornato alla ribalta delle cronache nei giorni scorsi per una frase pronunciata in diretta tv: “Meglio avere le mani sporche di sangue che di acqua, ma almeno provarci”. Il conduttore di Non è l’Arena, Massimo Giletti, lo ha cacciato dallo studio e si sono scatenate grandi polemiche. Nei mesi scorsi Etro era già finito nel mirino perché si era scoperto che percepiva il reddito di cittadinanza. Ora ha fatto sapere che il sussidio glielo hanno tolto. TPI lo ha intervistato.
Sì, ho ricevuto a gennaio l’ultimo accredito. Ma le polemiche televisive non c’entrano niente. Me lo hanno ritirato perché non ho comunicato una variazione di residenza. È una questione semplicemente burocratica.
Non c’è modo. E sinceramente neanche mi interessa: dopo tutte queste polemiche, penso che vada bene così. Le norme sul reddito di cittadinanza prevedono per la mancata comunicazione di residenza una pena da uno a tre anni, per la quale sono stato già interrogato dalla Guardia di Finanza. Mi sono dichiarato colpevole e chiederò di essere giudicato subito, con la speranza che mi condannino immediatamente, perché in questo momento, senza reddito di cittadinanza, non ho neanche la possibilità di sopravvivere.
Sì, solo. Pago 800 euro al mese di affitto e con il reddito di cittadinanza prendevo 780 euro, che comunque non mi bastavano: 280 euro me li davano a titolo di contributo per l’affitto e gli altri 500 euro mi restavano per pagare bollette, fare la spesa e saldare i sei mesi di affitto arretrato e le rate del condominio arretrate. L’unico modo per sopravvivere, così, è il carcere. Il reddito di cittadinanza mi è costato una querela per diffamazione da parte dell’ex brigatista Federica Saraceni, una querela da parte della consigliera comunale di Fratelli d’Italia Rachele Mussolini e ora un’indagine per non aver comunicato questa variazione di residenza.
Mio figlio e mia nipote, per necessità burocratiche, hanno chiesto la residenza qui a casa mia. Io gliel’ho data. Ma, dato che loro in realtà non risiedono qui, io non ho comunicato alcuna variazione. Tra l’altro mi sarebbe convenuto. Mio figlio è disoccupato e, con loro a carico, avrei finito per prendere anche più dei 780 euro mensili. Ma sarebbe stata una truffa, perché loro non hanno mai vissuto qui.
Non provocatoriamente. In questo momento non ho altra soluzione: non so come pagare i sei mesi di affitto arretrati.
E in quel caso?
Quand’anche lo prendessi, non riuscirei a pagarci l’affitto: è un circolo vizioso. L’unica soluzione è questa: mi consegnerò per la seconda volta al carcere e almeno la pena da uno a tre anni la sconterò lì.
Non è il luna park, ma l’unica alternativa è una scatola di cartone alla stazione Termini. E sinceramente a fare il barbone non mi ci vedo. Con le condizioni di salute che ho, almeno in carcere mangio tre volte al giorno, ho un posto dove dormire e l’assistenza medica.
Non ho nessuno. Ho un figlio che abita da qualche parte, con il quale non ho più rapporti.
Me lo ha chiesto perché altrimenti non avrebbe potuto avere la carta d’identità.
Vive in una casa popolare insieme alla sua compagna e a mia nipote.
Sinceramente quello non l’ho capito neanche io… (ride). Credo sia anche quella una questione burocratica.
Dal 2006, quando ancora ero in libertà vigilata, avevo una piccola compravendita di libri, che nel corso del tempo è andata a finire perché i libri non li compra più nessuno. Mia zia, nel 2013, quando è morta, mi ha lasciato una piccola assicurazione sulla vita, con la quale sono andato avanti in questi sei anni.
Non era per mantenermi a spese dello Stato. Io sono invalido al 67 per cento e sono regolarmente iscritto al Centro per l’impiego come disabile, ma non mi è mai arrivata nessuna chiamata.Volevo un lavoro, perché con 780 euro io non riuscivo a vivere. Ce l’ho fatta in questi dieci mesi, ma senza pagare l’affitto.
Assolutamente no. Quella non era una frase apologetica riguardo al mio passato, dal quale ho già preso le distanze. La mia è stata una risposta alle provocazioni che per tre volte mi hanno fatto, invitandomi in una trasmissione con persone di un certo tipo. Quella frase era una citazione di Graham Green, semplicemente una frase. Senza alcuna intenzione apologetica. Io ho abbandonato le Brigate Rosse nel 1980 e non ho più avuto contatti. E ora mi ritrovo in questa posizione.
Una scemenza. Io sul mio profilo Facebook pubblico quello che mi pare su chi mi pare. E se qualcuno viene a spiare è un suo problema. Rachele Mussolini si è indispettita perché mi è apparsa una sua pubblicità a pagamento, ma, se paga per apparire sulle pagine altrui, deve anche accettare di ricevere dei “vaffanculo”.
Assolutamente no. Ho simpatizzato per Salvini per disperazione, non esistendo più una sinistra. Poi si è messo a fare il buffone in spiaggia e ho capito che stiamo vivendo un momento di decadenza.
Sì, ma non perché i migranti ci tolgono il lavoro. Semplicemente perché c’è una tratta di schiavi che porta vantaggio alle cooperative rosse e al Vaticano. Salvini mi piaceva perché mandava affanculo il Papa e la Boldrini: la sinistra è arrivata davvero a un livello di idiozia. Ha fatto una battaglia sui matrimoni tra maschi: ognuno in camera da letto fa quel che vuole, ma vedere due maschi o due femmine che si sposano a me dà il voltastomaco.
No. La responsabilità è mia, ho sbagliato io e non me la posso prendere con nessuno.