Qui Radio Colle, Quirinale irritato coi partiti: la riforma della magistratura tocca a loro
Dalle parti del Quirinale a volte restano stupiti quando la mattina sfogliano i giornali. E a volte lo stupore rasenta la rassegnazione quando il Colle viene tirato in ballo a sproposito. Già, perché, di questi tempi, fior di commentatori non fanno altro che tentare di “mettere in mezzo” i piani altissimi della Repubblica in una vicenda come quella riguardante il “caso Amara” e le sue “rivelazioni”, una faccenda peraltro ancora tutta da chiarire.
C’è un punto, però, che vale la pena sottolineare, al di là delle indagini che faranno il loro corso: quando si dice che il Quirinale se ne rimane buono buono in silenzio senza far sentire la propria voce circa i gravissimi problemi riguardanti la magistratura, si commette un grossissimo (e grossolano) errore.
Come fa notare chi ha avuto modo di sondare nelle ultime ore di umori del Colle, “il Capo dello Stato è già intervenuto ampiamente sulla faccenda, sin dall’inizio quando due anni fa se ne cominciò a parlare a causa degli scandali innescati dal caso Palamara.
“Insomma, di cosa si vuole accusare il Colle?”, è la riflessione che si fa. “Mattarella sin dal giugno 2019, quando esplose lo scandalo Palamara, invocò la riforma della magistratura e da quel momento ha sempre continuato a sollecitarla, in ultimo subito dopo l’insediamento del ministro Cartabia”.
D’altra parte il Capo dello Stato ebbe anche modo di ricordare come “si odono talvolta esortazioni, rivolte al Presidente della Repubblica, perché assuma questa o quell’altra iniziativa senza riflettere sui limiti dei poteri assegnati dalla Carta ai diversi organi costituzionali”. “In questo modo si incoraggia una lettura della figura e delle funzioni del Presidente difforme da quanto previsto e indicato, con chiarezza, dalla Costituzione”, sottolineò Mattarella.
Insomma, le riforme le debbono farle i partiti, ma, se questi ultimi in due anni hanno preferito l’immobilismo, perché prendersela con il Colle? Persino ora, con Mario Draghi al governo, la riforma della giustizia continua a slittare. Di cosa hanno paura i partiti?