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Home » Politica

Giuseppe Provenzano a TPI: “È finito il Pd che odia i poveri”

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La ricetta dell’ex ministro: stretta sulle delocalizzazioni, salario minimo e meno tasse sui redditi bassi

Del decreto delocalizzazioni se n’è parlato tanto ma qualcuno se l’è dimenticato in un cassetto. Secondo l’ex ministro per il Sud e attuale vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano, «siamo al punto in cui l’ipocrisia nei confronti di migliaia di lavoratori diventa insopportabile».

Chi rema contro il dl delocalizzazioni e perché?
«All’indomani dei licenziamenti brutali della Gkn, si è levato un coro unanime di solidarietà dalla politica. Dopo che il giudice di Firenze li ha dichiarati illegittimi, addirittura il ministro Giorgetti ha espresso soddisfazione. Ora che la procedura di licenziamento è ripartita, e abbiamo la prova che un giudice non basta e che servono nuove norme contro le delocalizzazioni, lo stesso Giorgetti e, a quanto pare, qualche consigliere economico di Palazzo Chigi, hanno firmato un decreto già scritto, con un’opposizione non dichiarata. Ma i casi si moltiplicano, penso alle oltre 200 donne sull’Appenino bolognese. Il dramma dei lavoratori, delle loro famiglie e delle comunità locali colpite da chiusure dettate da ragioni meramente speculative impone di intervenire ora».

A sinistra dicono che il Pd sia troppo timido e che c’è un ddl già pronto da votare. Perché quella strada è impraticabile?
«Timidezza sarebbe chiedere, come stiamo facendo noi e tanti nostri sindaci, un decreto d’urgenza del Governo? Il testo Orlando-Todde è un punto di partenza, riafferma la responsabilità sociale delle grandi imprese, lo fa per tutelare lavoratori e capacità produttiva. Se ci saranno le condizioni per migliorarlo ancora, noi ci siamo. L’ho detto parlando con i lavoratori: se non si supera l’opposizione nella maggioranza di governo, come si può pensare di superarla in Parlamento? Non si può aspettare l’esito, peraltro assai incerto, dell’iter parlamentare sulla proposta di legge scritta dai giuristi democratici e dai lavoratori della Gkn e depositata da qualche deputato. Abbiamo il dovere di intervenire prima. C’è chi preferisce sventolare la bandiera, io vorrei che dessimo una risposta ai lavoratori. E la risposta serve adesso».

Anche sulla riforma Irpef il governo Draghi sembra dimenticarsi una fascia di cittadini e, guarda caso, sempre i più poveri? Che posizione ha il Pd? Come superare il mancato contributo di solidarietà?
«Accantonare il contributo di solidarietà proposto da Draghi è un errore, ma ha rivelato una cosa che ha molti sembra sfuggire. All’interno di questo governo di emergenza nazionale ci sono forze di destra, e in questo passaggio si sono rivelate in tutta la loro essenza: a fronte di un Paese che soffre, non sono disposti nemmeno a chiedere 200 euro a chi ne guadagna più di 75 mila. Quanto alla riforma fiscale, nella maggioranza ci sono visioni opposte: noi vogliamo una tassa di successione sui grandi patrimoni, la Lega vuole la Flat tax. La rimodulazione dell’Irpef è stato un compromesso. Il Pd ha posto la priorità di alleggerire il carico fiscale sui redditi medio-bassi. Ne beneficeranno al 95 per cento lavoratori dipendenti e pensionati. Con la revisione delle detrazioni aumenta la progressività. E il taglio dei contributi va nella direzione auspicata dal sindacato. Sono stato il primo a porre un problema anche di metodo. Il dialogo sociale deve riprendere e continuare».

Per leggere l’intervista completa vai sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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