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Elezioni europee: il pronipote del Duce e candidato di FdI, Caio Giulio Cesare Mussolini, rimosso da Facebook

Immagine di copertina
Un frame della presentazione della candidatura alle elezioni europee di Caio Giulio Cesare Mussolini

La sua candidatura alle elezioni europee 2019, nelle liste di Fratelli d’Italia, è stata presentata in pompa magna da Giorgia Meloni domenica 7 aprile. Ma Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del Duce, ufficiale di marina e dirigente di Finmeccanica, in pochissimo tempo ha attirato su di sé tantissime polemiche.

Dalla discendenza (è il figlio di Vittorio, nipote di Mussolini) al nome, passando per la presentazione davanti al Colosseo Quadrato (autentico simbolo del Ventennio fascista), sui social si è generata subito una tempesta di critiche. Evidentemente qualche utente ha anche segnalato il profilo personale di Mussolini, che è stato bloccato fino a giovedì 11 aprile.

A segnalarlo è il diretto interessato, con un post sulla sua pagina pubblica. “Facebook – ha scritto Caio Giulio Cesare Mussolini – ha bloccato il mio profilo personale: non avevo scritto nulla, anzi ho dovuto subire insulti, minacce e foto poco piacevoli. Non mi mettono certo paura. Inaccettabile invece è la censura del cognome. È il grande fratello moderno: pochi centri di potere decidono cosa è giusto pensare, scrivere, essere e cosa no. In questo caso, chi ha il cognome giusto e chi no”.

In una nota, il candidato di Fratelli d’Italia per la Circoscrizione Sud delle elezioni europee del 26 maggio ha rincarato la dose: “Voglio tranquillizzare tutti: non farò campagna elettorale con fasci littori, saluti romani e fez. Trovo però inaccettabile che Facebook chiuda il mio profilo personale solo perché il mio cognome è Mussolini”.

“Se poi la policy di Facebook è consentire foto a testa in giù – ha continuato il pronipote di Mussolini – insulti, minacce di morte e di aggressioni, e al contempo sanzionare una persona solo per il suo cognome, allora siamo messi malissimo. Qui l’unico discriminato sono io. Facebook si comporta come un centro sociale. È inaccettabile. Sto valutando con i miei avvocati se iniziare un’azione legale”.

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