Il piano segreto dei partiti per incastrare Draghi e “costringere” Mattarella al bis
Si allarga il fronte trasversale che punta alla riconferma del Capo dello Stato. Per inchiodare Draghi a Palazzo Chigi, sbarrare la strada del Colle a Berlusconi, salvare la legislatura e le poltrone
Appesi a un filo e alle sue labbra, tutti a chiedersi che risponderà: me ne vado o me ne resto? Con leader di partito e grandi elettori che ogni mattina fanno il punto della situazione. «Il presidente ha parlato chiaro», taglia corto chi la ritiene una strada chiusa avendo confidenza con il potente segretario generale del Quirinale Ugo Zampetti. «Ma no, se i partiti glielo chiedono non si sottrarrà alla riconferma», racconta un altro che dice di aver parlato con il nipote del presidente, Bernardo Mattarella.
«La verità è che deve rimanere lì dov’è: le emergenze sono ancora tutte aperte, il Paese ha bisogno di stabilità, il lavoro che lui ha avviato chiamando Draghi a Palazzo Chigi e scegliendosi uno per uno i ministri politici del governo di responsabilità nazionale, deve essere portato a compimento. Per cui in campo non c’è che lui e solo lui». Insomma l’opzione bis al Colle di Sergio Mattarella piace come tutte le strade sicure in una stagione di grandi incertezze, cresce in maniera trasversale e il contagio che corre nel Paese e pure tra i grandi elettori convocati il 24 gennaio a Montecitorio per la prima chiama quirinalizia, la favorisce. Favorisce Mattarella pure lo stallo alla messicana in cui a dieci giorni dall’inizio degli scrutinii sono finiti i partiti che per mesi e mesi se la sono suonata e cantata lanciando profili e nomi di ogni genere.
A partire dai 5 stelle che hanno iniziato le danze ben prima di Natale: il leader Giuseppe Conte ha prima aperto sul nome di Mario Draghi («perché no?»), quindi ha tolto la pregiudiziale a una candidatura di centrodestra, salvo poi giocare l’opzione donna squadernando il tris Paola Severino, Elisabetta Belloni e addirittura Letizia Moratti. Con le truppe pentastellate ad ogni uscita a chiedersi: chi l’ha deciso e perché? Enrico Letta che sa di quali manovre suicidarie è capace il Pd, c’è andato più cauto: ha opzionato un profilo «europeista» e «istituzionale» ma senza fare nomi, se non per dire che Berlusconi no, ma non c’è nulla di personale: «Il Presidente della Repubblica non può essere un leader di partito». E mentre Carlo Calenda non ha trovato aperture sul nome di Marta Cartabia, Matteo Renzi fa Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva…
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