Rimpasto e nuovi ministeri: il piano di Conte per allargare la maggioranza
Il premier Conte ha strappato la fiducia al Senato ma con 156 sì (per la maggioranza assoluta ne servivano 161) c’è ben poco da stare tranquilli. E allora, come lui stesso ha annunciato poco dopo il voto, si lavora per allargare la maggioranza di governo. Il piano è tirare dritto e pensare al rimpasto. Dimissioni? Tutt’altro, al massimo la salita al Colle è solo per riferire al presidente Mattarella.
Questa mattina c’è un vertice di maggioranza, si lavora per far approvare Recovery e scostamento di bilancio e, da qui a fine febbraio, dare la caccia ai responsabili per allargare la maggioranza relativa con cui ha salvato il suo governo dalla “irresponsabilità di Renzi”. Davanti al premier ci sono “due settimane di fuoco”: deve nascere, e in fretta, il gruppo centrista a Palazzo Madama.
L’obiettivo è la costruzione di un nuovo gruppo di “Popolari europei” o “Popolari d’Europa” che riunisca i “volenterosi” a cui ieri ha fatto appello il premier a Montecitorio, riferendosi a una forza politica europeista, liberale e moderata che accolga da destra e sinistra chi si vuole opporre a nazionalismo e sovranismo. “I numeri presto aumenteranno”, si dice fiducioso Conte. Sì, ma come? Senza il sostegno di Italia Viva, alcune commissioni parlamentari sono in mano alle opposizioni. Due, in particolare, preoccupano: Bilancio e Affari costituzionali. Nella prima deve tra l’altro transitare il Recovery Plan, nella seconda la riforma della legge elettorale in senso proporzionale.
La pressione delle truppe parlamentari dem per non escludere il “ter” esiste, anche per coinvolgere Graziano Delrio e Andrea Orlando. Ma si può fare parecchio anche con un semplice rimpasto. Nencini, che detiene il simbolo del Psi, gli ha detto in sostanza “fammi vedere le carte, progetto e programma”. All’ultimo secondo si è convinto e molti si aspettano che farà il ministro. Quagliariello respinge “annessioni”, ma non ha sbattuto il telefono in faccia a Conte. E così i tre senatori Udc, De Poli, Saccone e Binetti. Per Zingaretti “la porta è strettissima” e l’avvocato lo sa. Per Orlando si ipotizzano due caselle: Interno o Giustizia, in questo secondo caso dirottando Alfonso Bonafede ai Servizi.
E poi c’è l’Agricoltura, già promessa all’Udc se riterrà di entrare in maggioranza con i suoi tre senatori, portandosi dietro anche un altro parlamentare berlusconiano. E ancora, ballano il ministero della Famiglia e un posto da sottosegretario agli Esteri. Senza dimenticare anche l’ipotesi di sdoppiare qualche ministero, ad esempio Infrastrutture e Trasporti, ma anche Rapporti con il Parlamento e Riforme, affidando queste ultime al Pd.
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