Accuse di brogli al congresso dei Giovani Pd: in due si proclamano vincitori. L’ira degli iscritti: “Siamo morti”
L’organizzazione giovanile del PD ha eletto il nuovo segretario nazionale, forse. Perché in realtà, a ventiquattr’ore dalla chiusura del congresso dei Giovani Democratici, tutti e due i candidati in corsa – Caterina Cerroni e Raffaele Marras – si intestano la vittoria mentre la Commissione di Garanzia cerca di stabilire se sia il caso di invalidare l’esito delle votazioni, “alla luce di denunce di irregolarità, violazioni e accuse di ingerenze, segnalate da entrambe le mozioni”. Questo congresso, a detta di tutti, avrebbe dovuto aprire una nuova fase, segnare in qualche modo un sostanziale punto di svolta. E invece, si lamentano gli iscritti, “questa è la dimostrazione che ormai la giovanile è un partito dei piccoli e non un’organizzazione di avanguardia”.
In tutti i casi, che venga confermata o meno la vittoria della prima segretaria donna (data per certa in un primo momento), questa non è che la punta di un icerberg che da mesi, ma molto più probabilmente da anni, punta dritto la giovanile del PD. L’organo è ormai politicamente inutile, viene regolarmente ignorato dai big del partito salvo che si tratti di reclutare giovanissimi militanti disposti per passione politica a consumare la suola delle scarpe in campagna elettorale.
D’altra parte tutti ricordano lo straordinario entusiasmo espresso dall’intera classe dirigente dem quando quattro giovani Sardine riempirono piazza Maggiore a Bologna: sembrava che Zingaretti e compagnia non avessero mai visto dal vivo un under 30, imperdonabile amnesia sulla più grande sezione giovanile italiana espressione del loro stesso partito. Una giovanile che nessuno, nemmeno in quella occasione, aveva invitato a sedere al tavolo dei grandi, affidandole per esempio il compito – come sarebbe stato, forse, naturale – di aprire un confronto politico con i coetanei della cosiddetta società civile che in quel momento stavano mobilitando le piazze di mezza Italia.
Ma andiamo per ordine: il mandato del segretario uscente, Mattia Zunino, è scaduto nel marzo del 2019. Da allora segreteria e direzione risultano inattive mentre la campagna di tesseramento viene aperta solo il 31 dicembre. Come dire: se proprio ci tenete a pagare l’iscrizione per l’anno passato, dovete pure rinunciare al Capodanno. A quel punto, sono gli inizi del 2020, con tutta calma, forti della flemma tipica della sinistra senior – tradizionalmente campionessa di rincorsa – viene finalmente convocato il congresso che dovrebbe individuare il successore di Zunino, ma purtroppo l’emergenza sanitaria e il lockdown impongono un nuovo stop. Fino al culmine dell’estate, quando a sorpresa viene convocato il terzo congresso nazionale, dal 25 luglio al 9 agosto.
Come sopra, ennesima prova di fuoco per i giovani del partito. Tutti possono eleggere un segretario, ma in quanti, tra i 14 e i 29 anni, rinuncerebbero alle vacanze estive per farlo? Sembra insomma che la strategia punti tutto su una vera e propria selezione naturale: sei degno di essere dei nostri solo se ti dimostri in grado di superare i 40 gradi all’ombra, dopo aver affrontano i meno dieci dell’ultimo dell’anno. E comunque cos’è quella faccia allegra? Sei un Giovane Democratico, non un giovane come tutti gli altri: rinunci alla Notte di San Silvestro? “Rinuncio”. Rinunci alle ferie? “Rinuncio”. Che le premesse non fossero delle migliori è stato chiaro fin da subito.
Il post che lo scorso 25 luglio annunciava, dalla pagina Facebook dei GD, l’inizio dei lavori congressuali, riceve esclusivamente commenti molto critici. “Fate partire il tesseramento 2019 il 31 dicembre. Fate riprendere il Congresso Nazionale in piena estate. Avete il rispetto degli iscritti pari a zero, in una realtà che dovrebbe far sentire valorizzati i giovani, visto che già nel PD facciamo fatica. Siete chiusi nelle stanze a raccontarvela e non sapete come funziona il mondo”. “Il voto dei circoli GD deve tenersi entro il 9 agosto, in pieno periodo feriale, con il rischio che la partecipazione alle convenzioni di circolo sia bassissima e precludendo ai tanti iscritti ai GD in vacanza la possibilità di votare. Mi complimento con la dirigenza per questa genialata”. “L’anno scorso: ‘hahaha Salvini vuole votare in estate, lo sanno tutti che non si fa perché la gente è in vacanza’. Letteralmente i GD l’anno dopo”.
E ancora, più ironicamente: “La commissione di garanzia nazionale con voto unanime approva il dispositivo che ammette l’accesso all’interno delle sezioni con costume da bagno, camicetta a fiori, infradito e mascherina. A seguire pool party in sezione”. Infine, la solita Cassandra: “Grandi! Dal 25 luglio al 9 agosto! Cosa mai potrà andare storto?”. Detto, fatto. Il Congresso dei giovani diventa la peggiore copia del peggiore congresso degli anziani con “scuse, e accuse e scuse, senza ritorno”.
Denunce di brogli, violenze verbali, macchine del fango e ventilatori in azione con il risultato che gli esiti della consultazione sono ancora congelati e i GD completamente allo sbando. C’è la questione che riguarda le tempistiche, certo, votare in piena estate dà l’esatta misura dello scollamento tra dirigenti e iscritti, ma non solo. Scrive ad esempio in tempi non sospetti un altro giovane democratico: “Non so se sia più utile votare in periodo di ferie o votare per dei candidati che fra 1 o 2 anni non saranno più GD”. Perché sia che alla fine vinca Cerroni, sia che vinca Marras, si tratta di segretari con una data di scadenza molto ravvicinata: Cerroni infatti è una classe 1991, compirà 30 anni tra un anno esatto, mentre Marras è nato nel 1990 e varcherà la soglia degli enta il prossimo novembre.
Dunque, delle due l’una: o questo congresso è un bluff che incoronerà un segretario di brevissima durata, oppure la giovanile verrà guidata per i prossimi anni da una segretaria, o un segretario, che non potrebbe nemmeno essere iscritto all’organizzazione che rappresenta. Anche se, forse proprio per questo motivo, Cerroni ha corso in ticket con Davide Skenderi che ha solo 26 anni.
La questione anagrafica non è di poco conto. Per capire quanto l’età dei candidati alla segreteria rifletta una sostanziale smobilitazione della giovanile, vale la pena ricordare che nel 2013 Giuditta Pini e Fausto Raciti, che all’epoca avevano proprio 29 anni, vennero eletti in Parlamento: nel loro ultimo anno da Giovani Democratici, ottennero quindi una candidatura come deputati e non alla guida del partito junior. Mentre oggi, non solo la giovanile non è in grado di farsi valere e avanzare candidature di peso in occasione delle elezioni politiche, ma ha difficoltà a individuare dirigenti under 30 potendo pescare a piene mani tra una folta comunità di giovani.
“La GD – spiega Enrico Sighinolfi, nel 2013 mandatario elettorale per Giuditta Pini – è stata usata per tutti gli anni Dieci a scopo scalate. Una frotta di giovani e giovanissimi si sono affacciati alla politica all’inizio del decennio scorso ed hanno usato la carta di cittadinanza della giovanile come un ascensore. Rendendosi peggio dei vecchi. Pini, Raciti sono finiti in Parlamento. Il risultato, manco a dirlo, è stato identico a quello che è successo ai giovani padani: una volta raggiunta una poltrona grossa o una poltrona trampolino, si devasta la stessa struttura che ti ha aiutato a salire, per paura di non avere né il controllo né la possibilità di dare caramelle a tutti. I senior, invece che usare le commissioni di garanzia ed espellere i troppo ambiziosi, per dieci anni facevano a gara ad avere il loro appoggio. Come se le giovanili fossero lifting antirughe”.
La Giovanile, insomma, ha esaurito il suo compito perché è morta: “Noi l’abbiamo uccisa – spiega – per eleggere 15 parlamentari che ci hanno detto ‘grazie’ e addio”. “Questa – conclude Sighinolfi – è la mia verità, ma vale comunque più di tante altre perché è stata forgiata nella sofferenza. Ho sofferto per la fine del mio piccolo sogno”.
In realtà, a giudicare dal tenore dei commenti comparsi nelle ultime ore sulla pagina dei GD, questa verità è abbastanza condivisa e quello stesso sogno si infrange anche per molti altri. Scrive ad esempio Walter Verrigni, segretario GD Pescara: “A prescindere da chi vincerà, avranno perso i Giovani Democratici. Dall’organizzazione giovanile vedo forte propensione alle guerre interne ma scarsa capacità incisiva nelle decisioni riguardanti la vita del Partito Democratico. Esattamente il contrario di ciò che noi iscritti ci aspetteremmo. Questo congresso verrà ricordato come una delle pagine peggiori della storia dell’organizzazione giovanile”.
Gli fa eco, tra gli altri, un altro segretario di sezione, Michele Landolfo: “La stanza dei bottoni è sventrata, è tempo di rimuovere le macerie e restituire la Giovanile alle ragazze e ai ragazzi del territorio, a compagne e compagni che ogni giorno buttano sangue e digeriscono angherie e pressioni da parte di notabili esponenti svilendo entusiasmi e voglia di partecipazione”. E ancora, Davide Uggiosi: “Ancora vogliamo dire che la giovanile di questo partito è un’organizzazione seria? Perché, se proprio vogliamo dirlo, guardiamoci allo specchio: congressi convocati a fine luglio o inizio agosto, congressi rimandati, seggi aperti prima del tempo e votanti improbabili… Poi si viene a farneticare su un partito aperto e plurale, su energie nuove quando, in realtà, qua si cerca di seguire le orme di chi ha fatto della politica un lavoro invece che una passione. Onestamente, la gestione di questa vicenda è grottesca e, personalmente, mi ha tolto qualsiasi voglia di darmi da fare per una giovanile che non ha ragion d’essere”.
Si tratta della seconda occasione in cui i giovani del PD affrontano un congresso non unitario, “ma senza una leadership condivisa e senza un partito vero alle spalle, la GD non serve a nulla”. Anche perché, d’altro canto, è la prima volta in cui gli esiti appaiono fino all’ultimo così incerti, segno che questa volta lo scoglio delle divisioni interne non sarà così facilmente aggirabile.
Se Raffaele Marras è pacificamente descritto un po’ da tutti come il delfino dell’ex segretario Zunino, la candidatura di Caterina Cerroni (già in corsa alle scorse europee, aveva ottenuto 33mila preferenze ma nessun seggio) è stata invece avanzata dai territori. Il primo, pur rappresentando una certa continuità con la segreteria uscente e quindi, in qualche modo, una mozione che partiva maggioritaria, si è posto l’obiettivo di “cambiare i Giovani Democratici”. La seconda invece è a capo della cosiddetta “Scuola della disobbedienza”, apertamente alternativa alle dinamiche del passato.
Per entrambi i numeri non sono un’opinione e quindi la vittoria è certa. Ma almeno fino alle 10 dell’11 agosto non esistono ancora dati ufficiali. Caterina Conti, che è approdata nella direzione nazionale del PD nel 2017 dopo essere stata scelta da Matteo Renzi assieme ad altri “venti Millennial”, pur avendo superato, non di poco, i 30 anni è oggi a capo della Commissione di Garanzia dei Giovani Democratici che deve decretare un vincitore e che da ieri è riunita d’urgenza per “assumere gli orientamenti necessari a garantire la piena regolarità del congresso”. Con calma, non c’è fretta.
D’altronde niente ormai potrà cancellare questa pagina infelice, chiunque sarà chiamato ad assumere la guida della giovanile si troverà tra le mani una organizzazione dilaniata. Tutto tace, quindi. A parte la pagina non ufficiale Aggiornamenti quotidiani sul Congresso GD. che almeno in parte spiega più nel dettaglio in che tipo di ingorgo si sia arenata l’elezione del nuovo segretario: “In 2 ore, venerdì, e in 7 ore, sabato, al circolo Saragozza di Bologna città hanno votato 13 persone; in 5 ore alla festa de l’Unità (chiusa al pubblico) di San Giacomo di Martignano ben 2 votanti. Ma è nel comune di Pieve di Cento che si compie la grande partecipazione di una generazione, in un congresso il cui indirizzo non è mai stato comunicato a nessuna commissione, che invece di tenersi nel locale circolo del PD si stava tenendo in un casolare privato, dove in 25 minuti hanno votato 24 persone, molte delle quali iscritte al circolo dei GD di Saragozza – che evidentemente hanno preferito andare a votare nelle campagne bolognesi piuttosto che al loro circolo. Una velocità impressionante, da Speedy Gonzales del voto. Ricapitolando 15 voti in 15 ore tra Bologna e San Giacomo, 24 voti in 25 minuti a Pieve di Cento”.
Mentre in Toscana: “In quel di Poggibonsi, nella provincia di Siena, il seggio è stato aperto un’ora prima della convocazione (alle 7 del mattino e non alle 8). Ci dicono che da ore i rappresentanti di lista stanno umilmente chiedendo alla segretaria di sapere quanto sono numerosi gli elettori svegliatisi di buon mattino” ma i dati non vengono forniti. A Prato “alle prime luci dell’alba, giusto in quella mezz’oretta lasciata ‘scoperta’ dai rappresentanti di lista non per pigrizia ma perché fino a ieri sera l’orario comunicato ufficialmente era un altro, un numero spropositato di giovani sarebbe accorso a votare: c’è chi dice 80, forse 100…una festa della democrazia in venti minuti!”. Nel weekend prima di Ferragosto.
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