Orlando: “Congresso Pd? Già iniziato, i renziani attaccano Zingaretti per logorarlo”
Andrea Orlando, vicesegretario del Pd (nonché neo-ministro del Lavoro), risponde durissimo agli attacchi lanciati negli ultimi giorni contro i vertici del partito da alcuni sindaci dem (il bergamasco Gori, il fiorentino Nardella, il barese De Caro). “Stanno emergendo rigurgiti di posizioni che guardano a un Pd del passato, improntato verso un centrismo non più al passo coi tempi. Diciamolo con chiarezza: puntano a un logoramento del gruppo dirigente”, osserva Orlando in una intervista al quotidiano La Nazione.
Tradotto: il numero due del partito accusa l’ala Pd filo-renziana – contraria all’alleanza con il M5S – di voler colpire e affondare il segretario Nicola Zingaretti, magari per piazzare al suo posto il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che nei mesi scorsi – rispondendo a una domanda del direttore di TPI, Giulio Gambino – aveva lasciato aperte le porte a un possibile rientro di Renzi nel partito.
Nel Pd in questi giorni si sta tornando a parlare con insistenza di Congresso: Zingaretti si è detto disponibile, ormai pronto a giocarsela, ma dal Nazareno precisano al nostro giornale che di dimissioni prima dell’Assemblea nazionale non se ne parla.
“Il congresso è già iniziato, nella sostanza”, osserva Orlando. “Certo: è indubbio che il Pd debba iniziare una fase di cambiamento, interrotto dalla pandemia, con un confronto costruttivo. La cosa strana è che chi critica non si è mai esposto nelle sedi ufficiali. Non solo: non vuole neppure un congresso. Diciamolo con chiarezza: puntano a un logoramento del gruppo dirigente”.
“Stanno riemergendo le scorie di un processo di riflessione non portato davvero a compimento”, riflette il vicesegretario. “È necessario tornare a quando si consumò il fallimento di un’esperienza politica arrivata al capolinea con le elezioni del 2018”.
Renzi? “La sua è stata una stagione e una linea politica importante, ma che sarebbe sbagliato identificare con una persona. C’è invece la rimozione delle ragioni della sua fine: l’isolamento politico e sociale. Un’esperienza mai rielaborata dal partito”.
“Scatenare la crisi è stato sbagliato, in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo. Ma Renzi lo ha fatto per un obiettivo: spaccare il fronte Pd-5 Stelle. Lo stesso obiettivo che oggi hanno alcuni esponenti democratici”, attacca Orlando.
E invece, secondo il ministro, “in questa fase è più che mai necessaria l’unità, che non può essere sacrificata sull’altare della reticenza”. “Del resto Zingaretti ha lavorato e sta lavorando duramente in nome dell’unità, sebbene la sua generosità non sia sempre ripagata”.
“Dobbiamo non sprecare un percorso politico che, grazie anche al governo giallorosso ha riportato l’Italia in Europa, ha inaugurato una stagione di riforme, ha ricominciato a dialogare con quella parte della società civile che non si sentiva più rappresentata da un partito che aveva smesso di guardare ai deboli, ai lavoratori, alle periferie”, sostiene Orlando.
Anche perché “il Pd da solo non ha i numeri per governare. E questa è aritmetica”. “Gli stessi che non vogliono il dialogo coi 5 Stelle auspicano il ritorno al maggioritario: ma le due cose chiaramente non stanno insieme”, conclude il vicesegretario dem. Ma “con questi numeri il partito si condannerebbe all’irrilevanza”.
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