Paragone a TPI: “I dirigenti M5S cadono a ogni mia provocazione, me li sto bevendo. Mi espellano, il Movimento è morto”
Intervista al senatore pentastellato: "Il collegio dei probiviri non ha nemmeno la Pec. E ha decine di provvedimenti in sospeso: se a gennaio espellono me, mi viene il dubbio che sia solo il frutto di una decisione politica ad personam. Se così fosse, li denuncerò"
Paragone: “M5S morto, i dirigenti me li sto bevendo” | Intervista al senatore
È l’uomo del momento tra le fila del Movimento Cinque Stelle: all’ombra di una crisi politica che imperversa da diversi mesi, Gianluigi Paragone è colui che meglio rappresenta la rottura fra il passato e il presente, fra quella che era la lotta in tutto e per tutto anti-sistema e che col tempo s’è fatta sistema. Oggi rischia una pesante e imminente espulsione.
Ci può anche stare l’espulsione, in una logica di un partito. Ma non nel Movimento Cinque Stelle.
Il punto debole del discorso è che io per anni ho fatto una campagna elettorale per un programma con una connotazione ben precisa, anti-sistema e molto critica nei confronti dell’Europa. In una grammatica corretta, l’espulsione ci starebbe. In una grammatica scorretta, quindi movimentista, io sono un pezzo di sgrammaticatura.
Mi fanno fare per anni una campagna contro l’Europa e anti-sistema. Poi, si decide di fare un governo con la Lega, e va bene. Poi, di punto in bianco, la Lega ha tradito e diventa il nemico. E ci sta. Io propongo di andare al voto, ma si preferisce allearsi col Pd come se nulla fosse accaduto. Senza rappresentare una rottura.
No, anche questi termini sono una degenerazione del politichese. Era importante fare un congresso o qualsiasi altra cosa purché si rappresentasse formalmente la rottura con il programma elettorale, invece non è stato fatto niente e non è cambiato leader politico né il presidente del Consiglio. Insomma cambi tutto, ma non cambi nulla.
Cosa mi aspettavo? Che in un movimento liquido, quale è il M5S, si mantenesse una normale convivenza. Prima eravamo fortemente critici verso l’Europa, ed eravamo anti-sistema. Ora no e non mi ci ritrovo.
Sì, il concetto di Movimento si sta sempre più spegnendo, si sta lacerando. Il gruppo dirigente si è innamorato del sistema.
Oggi cascano persino a qualsiasi mia provocazione: me li sto bevendo io stesso i Cinque Stelle. Ora sono destinati a cadere, a inciampare sulle loro stesse gaffes.
Di Maio è solo il simbolo di questa sconfitta, ma ad aver ucciso il M5S è la somma di tutti gli errori. Compresi i miei.
Ci siamo convinti che dovevamo essere credibili e così siamo diventati sistema (più loro che il sottoscritto). Questo è il succo della mia critica.
Alle politiche del 4 marzo 2018 il M5S ha preso il 33 per cento non perché fosse strutturato per guidare il paese, ma perché era talmente malconcio che la popolazione ci ha detto: ‘Non dimenticatevi di noi”.
Le dico solo che il collegio dei probiviri, che è il corpo interno che decide sulle espulsioni, ha talmente tanti provvedimenti che deve ancora dirimerne decine in sospeso. A tal punto che se a gennaio espellono me, mi viene il dubbio che sia solo il frutto di una decisione politica ad personam. Se così fosse, li denuncerò. La vuole sapere una cosa?
Lo sa che il collegio dei probiviri non ha nemmeno una Pec, una posta certificata? Mi hanno scritto da una mail privata…
Con il gruppo dirigente non ho nulla a che spartire. Ma se ne facciano una ragione, io non me ne vado. A me non piace il santuario, il Vangelo sì. La cornice istituzionale mi dà fastidio, non dovevamo esserlo. Ma fuori da quel santuario c’è un pezzo di attivismo, anti-sistema e anti-Europa, che mi sta cercando e che ancora mi chiede conto.
Meglio Bagnai, perché ha una teoria. Borghi è più operativo. Alberto (Bagnai, ndr) – che il movimento ha anche cercato di prendersi – è più strutturato e ha una visione di economia teorica anche accademica. A me oggi interessa la visione. E nessuno ce l’ha.
Non ce l’ha di certo la Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che non andava votata. E non ce l’ha nemmeno Gualtieri, che non andava fatto ministro dell’Economia. Piuttosto, meglio Stefano Fassina o uno dei 32 docenti che hanno firmato l’appello contro il Mes.
La mia sfida è questa: voglio un pensiero macro-economico diverso da Bruxelles. Pensi alla manovra oggi: è solo un modo per guadagnare tempo. In realtà stiamo già pensando di sterilizzare l’Iva del biennio 2020-2021.
La Brexit è una vittoria della democrazia. Anche Londra ha dovuto piegarsi a quel vento. Quando crei asimmetrie la gente ti dice basta.
No perché ha un problema: vogliono Mario Draghi presidente della Repubblica o presidente del Consiglio. Io non ci sto. E questo mio pensiero non voglio consegnarlo a Salvini. Allora me lo riprendo io. E lo porto in piazza.
No.
Mi stanno offrendo qualcosa e ho situazioni aperte.
Penso che le Sardine siano acqua fresca rispetto alla rabbia che c’è nel paese, e che capire la rabbia di questo paese è fondamentale. Però questo paese ha lacerazioni e rabbia sopite che a volte finiscono drammaticamente nei suicidi.
È molto semplice: se voti diversamente da come hai fatto per il caso Diciotti la gente non capisce. E ai parlamentari adesso devi lasciare libertà, devi far votare la gente come vuole. Io so che c’è qualcuno nel movimento che per il precedente caso Diciotti avrebbe volentieri votato contro il salvataggio di Salvini. Ma se il caso era politico prima, figurati ora. E non regalo a Salvini un pezzo di campagna elettorale.
Il parlamento oggi non conta nulla. E c’è persino una mancanza di parole di forte richiamo da parte della presidenza della Repubblica, che non interviene più e lascia fare al governo come gli pare. Svuotando ogni anno di più la Costituzione.