“Ora lo Stato paghi le nostre bollette”: storie di famiglie alla canna del gas
Loredana deve scegliere se riscaldare la casa o la minestra, Massimo ha la pensione sociale dimezzata, Sharon inventa trucchi per non far pesare la situazione ai figli. Sul nuovo numero di The Post Internazionale il ritratto di un'Italia piegata dal carovita: "Inaccettabile che a subire la speculazione siamo noi"
“Fino a un mese fa non sapevo se la spesa sarebbe bastata per mettere a tavola sia il pranzo che la cena. Oggi il problema è un altro: pago le bollette oppure mangio?”. Loredana ha 48 anni e vive ai Castelli romani. Fa l’educatrice in un asilo comunale a Ciampino e ha un figlio di 17 anni che frequenta il quarto anno di liceo classico. Lo mantiene da sola con il suo stipendio da mille euro al mese. Ad agosto ha ricevuto una bolletta del gas di 300 euro, una cifra mai vista prima, pari al doppio di quella che era arrivata un anno fa. “E parliamo dell’estate, un periodo di docce fredde, fornelli spenti. A casa non abbiamo neanche i condizionatori, non potevamo muoverci per il caldo”, racconta a Tpi.
Simbolicamente quella fattura ha deciso di bruciarla nel falò appiccato davanti alla sede di Cassa Depositi e Prestiti, a Roma, lunedì 3 ottobre durante la manifestazione del sindacato di base degli inquilini Asia Usb, una delle tante organizzate nell’ultima settimana in tutta Italia, da Torino a Napoli, per protestare contro il carovita. Nei fatti la bolletta ha dovuto rateizzarla, ma anche questo non ha alleviato il peso delle spese che è costretta a sostenere, sempre più elevate da almeno tre mesi a questa parte, da quando insieme al costo di cibo e benzina è aumentato anche quello di luce e gas, che la obbligano, quando non riesce ad arrivare a fine mese, a chiedere aiuto ai genitori in pensione. “Ma con mille euro al mese non potrebbe essere altrimenti”, afferma.
Vita di rinunce
Di quei mille euro 600 sono destinati alla rata del mutuo, 57 a quella del gas, a cui dovrà aggiungere la prossima bolletta, da pagare subito e per intero. “Eni non consente di rateizzare una fattura se si deve completare il pagamento delle rate di un’altra”, spiega. Intanto da quella della luce non si aspetta nulla di buono: “A una mia collega è arrivata di 520 euro”. Sarà un autunno pieno di sacrifici per lei e per suo figlio, costretto già da tempo a tante rinunce. “Che fatica riuscire a far fronte alle sue esigenze di studio, di socialità e di sport, eppure per lui sono disposta a togliermi tutto”, racconta Loredana.
“I libri scolastici li stiamo acquistando un po’ alla volta. Prima quattro, poi il mese prossimo ne compreremo altri due, ma non possiamo fare una spesa di 600-550 euro di libri in una sola volta. Poi a scuola ci sono tante altre necessità quotidiane, settimanali o mensili: uscite, progetti, gite studio, esperienze, senza contare il resto del materiale. Mio figlio non ha potuto fare l’esperienza di un viaggio a 17 anni. Alcuni suoi compagni l’hanno fatta, quest’estate sono partiti per qualche giorno: lui no. A fare la pizza il sabato non ci va. Al cinema una volta ogni morte di papa perché è anche consapevole della situazione e sa fare i suoi sacrifici. Li abbiamo sempre dovuti fare ma in questo momento siamo arrivati a toccare il fondo del barile. Lavoratrici e lavoratori come me che fino ad oggi faticavano per arrivare a fine mese oggi si trovano al muro, al palo. È questa la nuova povertà”, continua l’educatrice.
“Non possiamo accollarci noi lavoratori, cittadini di questo Paese, la speculazione che lo Stato sta portando avanti, perché nulla si sta facendo nei confronti delle multinazionali dell’energia. Non possiamo e non vogliamo assolutamente pagare queste bollette scandalose perché sono frutto di pura speculazione. I prezzi di gas e luce non sono variati, sappiamo benissimo che rispondono a logiche di mercato. Si mettano in testa che nessuno di noi vorrà e potrà pagare questo scandalo”, prosegue Loredana. “Io sono una lavoratrice e sono povera. Figuriamoci gli invisibili, i fragili e i disoccupati, figuriamoci tutti loro”, conclude.
Da 42 a 261 euro
Massimo, 71 anni, ha una pensione sociale di 650 euro che in estate gli è stata ridotta a 250 a causa di un cavillo burocratico, in concomitanza con l’arrivo della rata del gas: 300 euro, che non ha pagato. Ha lasciato la stanza in cui abitava e ha chiesto accoglienza alla ex moglie, che vive nella periferia romana di San Basilio, dove il sindacato Asia Usb ha uno sportello di aiuto per le famiglie in difficoltà. “Nei quartieri popolari come questo molte persone non hanno i soldi sufficienti a pagare queste utenze e sono costrette a vivere nell’illegalità, gli viene staccata la luce e il gas. Si vergognano a parlare, ma sono tante”, racconta Michele Giglio, uno dei sindacalisti che vive nelle case popolari di San Basilio. Anche le sue utenze in un anno sono più che raddoppiate. Quella del gas quintuplicata: dai 42 euro dell’estate scorsa ai 261 di agosto 2022.
“Insieme a mia moglie guadagniamo 2.100 euro al mese e per ora riusciamo ancora a farcela, anche se l’impatto del carovita inizia a farsi sentire. Il problema sono le famiglie o le persone pensionate che vivono con 6-700 euro e che non possono pagare queste somme”, sottolinea. Sharon, 38 anni, insieme al compagno guadagna 1.320 ogni mese: 700 di disoccupazione lui, 620 di assegni familiari lei. Hanno 3 figli di 6, 4 e 2 anni. L’appartamento in cui vivono lo hanno occupato, ma le utenze sono intestate a lei. L’ultima della luce ammontava a 133 euro. “Eppure a casa ho sempre le serrande alzate, la luce la uso solo la sera. Fino all’anno scorso spendevo al massimo 80-90 euro di corrente”, spiega.
Anche nel suo caso i costi delle bollette hanno peggiorato una situazione già complicata, soprattutto da quando il compagno è rimasto senza lavoro. Una delle bollette ha dovuto chiedere di pagarla a rate, ma non sa fino a quando riuscirà a saldare il debito. “Fin dove arrivo pago, poi ci metto un punto. Ma se mi staccano la luce e il gas faccio un casino, con tre ragazzini come faccio? Io ci metto tutto l’impegno a pagare le cose, ma ci stanno ammazzando”, afferma. Ha uno sguardo vivo, i capelli corti e scuri, gli occhi sottili, un corpo minuto. Sorride quando racconta i trucchi scovati per non far pesare ai figli la situazione: acquistare pizza surgelata e metterla in tavola raccontando loro che la pizzeria ha chiuso, e per questo non sono andati fuori a cena.
Ma anche fare la spesa è diventato impossibile. “Prima che ci fosse l’aumento facevo 300 euro di spesa tra pannolini, acqua, e tutto il resto e riuscivo ad andare avanti tutto il mese. Adesso con 250 euro di spesa arrivo solo a metà mese. La carne è aumentata di 60, 70 centesimi, un euro e 20, così se prima preferivo spendere un po’ di più per comprare tacchino, pollo o manzo e far mangiare ai bimbi carne pulita, adesso sono costretta a prendere quasi sempre maiale, perché è aumentato tutto. Anche l’olio prima lo trovavi in offerta, ti facevi una bella scorta a 3 euro, ora costa 5. Cucini col contagocce. Ho finito adesso la bottiglia, non so dove andare a prendere l’altra, sto aspettando l’assegno. È tutto difficile”.
Al freddo
L’olio non lo trova nemmeno nel magazzino di “Nonna Roma”, il banco di mutuo soccorso che organizza distribuzioni di pacchi alimentari gratuiti in diverse zone di Roma, tra cui il Municipio V, quello in cui abita Sharon. Nel quartiere i pacchi che l’associazione distribuisce ogni settimana sono 200, in tutta la città circa 2mila al mese. Ma a partire da settembre, in concomitanza con l’arrivo di bollette più salate, la richiesta è aumentata. Questo sabato, spiega Margherita, responsabile della sede di Nonna Roma del quinto municipio, non riusciranno ad accontentare tutte le persone che hanno fatto richiesta, perché sono già più di 300.
“Sono spaventata per questo inverno, già l’anno scorso c’era gente che diceva che a casa stava al freddo, accendeva il riscaldamento solo una mezz’oretta al giorno”, racconta Margherita. Nel magazzino Sharon trova pasta, conserve, fette biscottate, e anche il kit scolastico per i bimbi. “Da qui oggi ho preso i pastelli”, racconta seduta in uno dei tavoli della sede, dove il via vai di persone che ritirano pacchi alimentari, chiedono assistenza legale, prendono vestiti o materiale scolastico, è sostenuto ogni giorno. “Sono bravi – confida Sharon – ti prendono a cuore e ti aiutano. Anche se forse ci dovrebbe pensare lo Stato”.