Sul caso Open Arms Renzi si gioca la reputazione: salverà Salvini dal processo?
Come voterà Italia Viva? L'ennesima partita a scacchi dell'ex premier di gioca sul rinnovo delle commissioni
Giovedì 30 luglio il Senato voterà sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso Open Arms e tutti si chiedono come voterà Italia Viva. Il 19 agosto 2019, in piena crisi di governo, l’allora ministro dell’Interno lasciò in mezzo al mare per 19 giorni 164 persone, tra cui molti minori, sulla nave della Ong.
Il partito di Matteo Renzi, due mesi fa, non partecipò al voto in Giunta per le autorizzazioni a procedere, facendo passare la proposta della minoranza di non mandare a processo il leader della Lega, a cui il Tribunale dei Ministri di Palermo contesta il reato di “sequestro di persona”. Voti non decisivi, perché la giunta era già sotto il controllo delle opposizioni grazie al cambio di casacca degli ex grillini Giarrusso, Ricciardi e Urraro.
Giovedì, in aula, sarà un’altra storia: per salvarsi dal processo, al “capitano” serve infatti la maggioranza assoluta, fissata a 160 voti. Sono pronti a sostenerlo i 63 senatori della Lega, i 56 di Forza Italia e i 17 di Fratelli d’Italia: fanno in tutto 136 voti. A spingere per il processo sono invece M5S (95 voti), Pd (35 voti) e Leu (5 voti): in totale 140.
I 18 senatori di Italia Viva ancora non hanno detto come voteranno, e il loro leader si trincera dietro frasi di rito come “leggeremo le carte e decideremo, siamo garantisti”. In verità, anche in questo caso, i loro voti non sarebbero decisivi ma potrebbero far cambiare idea a qualche indeciso, mutando l’esito della partita.
Per la cronaca, le “carte” che i senatori reziani stanno (ancora) valutando inchioderebbero Salvini. Le foto scattate a bordo e allegate al dossier – riferiscono voci informate – mostrano lo stato in cui vivevano i naufraghi durante quelle lunghe e torbide giornate: in una si vede il capitano dell’imbarcazione allestire un tendone per proteggerli dal forte caldo. Sulla Open Arms c’erano solo due bagni per i passeggeri e l’equipaggio, e i minori furono fatti sbarcare solo dopo giorni, su ordine del Tribunale.
Assai debole anche la solita difesa avanzata dall’ex ministro, ovvero il mantra “agivo per conto e su indicazione del Governo”: la maggioranza giallo-verde di fatto già non c’era più e Giuseppe Conte aveva scritto una mail in cui prendeva le distanze dall’operato del Viminale. Inoltre, era già in vigore il secondo “decreto sicurezza”, che sulla materia in questione dava “pieni poteri” al titolare dell’Interno.
Come al solito, quando a giocare la partita è Matteo Renzi, la posta in gioco è un’altra e i 164 della Open Arms, dopo le vessazioni subite dal primo Matteo, per avere giustizia dovranno aspettare l’esito dell’ennesima partita a scacchi del secondo Matteo.
Sulla scacchiera ci sono almeno tre pedine: le presidenze delle commissioni Bilancio e Trasporti della Camera dei Deputati e quella Lavoro del Senato. Per le prime due Italia Viva avrebbe indicato i nomi di Luigi Marattin e Raffaella Paita, per la terza quella di Annamaria Parente. Ci sarebbe poi l’esigenza – assicurano voci di corridoio – di dare un “contentino” al socialista Riccardo Nencini, che nel settembre scorso ha permesso all’ex premier di formare un gruppo autonomo a Palazzo Madama.
Il nome più contestato, soprattutto dai 5Stelle, è quello di Marattin, definito senza mezzi termini “un picchiatore”. Dalla commissione Bilancio – va ricordato – passeranno i miliardi del Recovery Fund. Anche la Paita non sarebbe vista di buon occhio perché “troppo vicina alle lobby”. La trattativa al momento sembra ancora arenata, anche se ieri, in serata, i renziani hanno fatto trapelare alle agenzie che potrebbero votare per il via libera al processo. “Mossa del cavallo” o ennesimo “bluff”? Lo scopriremo solo nelle prossime ore.