‘Ndrangheta, arrestato presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini
Calabria, arrestato presidente consiglio regionale
C’è Domenico Tallini, presidente del Consiglio regionale della Calabria, fra le 19 persone arrestate questa mattina, 19 novembre 2020, dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro, nell’ambito dell’inchiesta su presunti rapporti fra politici locali e ‘ndrangheta. Tallini, esponente di Forza Italia, secondo quanto si apprende, è agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso.
L’operazione condotta questa mattina a Catanzaro è stata chiamata in codice “FarmaBusiness”: al centro delle indagini della Dda e dei militari dell’Arma vi è la costituzione di una società, con sede nel capoluogo calabrese, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali mediante una rete di punti vendita costituiti da farmacie e parafarmacie (20 in Calabria, 2 in Puglia e 1 in Emilia Romagna) che la cosca Grande Aracri di Cutro avrebbe utilizzato per riciclare capitali illeciti.
Le indagini avrebbero permesso di definire i nuovi assetti della cosca dopo le operazioni che ne hanno colpito i principali esponenti e lo stesso capo, Nicolino Grande Aracri, e di documentare l’intestazione fittizia di beni e utilità e una “rilevante progettualità imprenditoriale” tesa al reimpiego dei proventi illeciti della cosca attraverso la società al centro delle indagini. In questo contesto sarebbe emerso il supporto fornito al clan, specie nella fase di avvio della società, di Tallini, il cui intervento, ricambiato con il sostegno della cosca alle elezioni regionali del novembre 2014, sarebbe stato decisivo per favorire e accelerare l’iter burocratico iniziale per ottenere le necessarie autorizzazioni.
Nelle indagini sono coinvolti professionisti e imprenditori che avrebbero avuto un ruolo nella realizzazione del programma della cosca con riguardo al perseguimento dei vantaggi economici nei diversi settori imprenditoriali di interesse. Gli inquirenti avrebbero documentato anche specifici episodi intimidatori, legati alla realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale del clan e a scopo estorsivo, oltre che la disponibilità di numerose armi.
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