TPI intervista la politologa Nadia Urbinati: “M5S e Pd non litighino, altrimenti tornerà Salvini”
La professoressa della Columbia University di New York: "Quanto dura il governo? Lo sapremo dopo le regionali 2020"
Nadia Urbinati: “M5S e Pd non litighino, altrimenti tornerà Salvini”
Il neonato Governo Conte Bis è guardato da più parti come un esperimento politico atipico. Non solo perché nato dall’alleanza fra gli eterni nemici Movimento 5 Stelle e Pd, ma anche perché frutto di un’intesa fra un partito tradizionale e strutturato e un movimento liquido che fa della rete la sua sede principale.
Per capire quale possa essere stata la ragione di questo strano incontro e i suoi risvolti TPI ha intervistato Nadia Urbinati, professoressa di Teoria Politica presso la Columbia University di New York e autrice di vari libri sul populismo di cui ultimo: “Me The People: How Populism Transforms Democracy”.
Credo che i 5 Stelle e il Pd abbiano iniziato in maniera positiva. Innanzitutto la sostituzione della formula del Contratto di Governo con quella di un’alleanza programmatica è importante perché permette a questo esecutivo di non cristallizzarsi come il precedente su punti superati dal tempo, ma di mettersi d’accordo su punti concordati appartenenti a una piattaforma condivisa.
Sicuramente questi due partiti hanno basi elettorali limitrofi. Proprio per questo è necessario che provino a governare su argomenti condivisi. Penso al taglio al cuneo fiscale, fondamentale per far ripartire l’economia e che se mirato può aiutare le fasce più deboli. Anche il tema dell’istruzione sarà cruciale visto che gli insegnanti delusi dalla Buona Scuola di Renzi si sono rifugiati dai 5 Stelle ed è importantissimo tornare ad investire in questo settore anche per non lasciare il corpo docente precario preda delle sirene leghiste che con le loro proposte di autonomia regionale promettono posti fissi.
Dobbiamo essere chiari: dopo la caduta di un governo le elezioni anticipate sono l’ultima spiaggia. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dunque adempiuto semplicemente al suo dovere istituzionale nel sondare la possibilità della nascita di un nuovo esecutivo che si è poi concretizzata. Aggiungo che nel suo invocare le elezioni Salvini si è dimostrato il classico leader populista: il suo è stato un discorso di esclusione fra il suo popolo, giusto, e quello degli altri, sbagliato. Il suo stesso modo di riferirsi alle elezioni è sintomatico: non le intende come un processo che seleziona la classe politica, ma come un plebiscito su sé stesso.
L’immigrazione sarà un tema importantissimo per il Conte Bis. Credo che la mossa di scegliere un tecnico, il prefetto Luciana Lamorgese, a capo del Ministero dell’Interno sia stata azzeccata perché volta a distogliere l’attenzione mediatica da questa figura. La strada da seguire è quella di riformare il Trattato di Dublino rendendo partecipe l’Europa di questo fenomeno e superare i grandi centri di accoglienza luoghi di degrado e insicurezza sociale ridistribuendo i migranti su tutto il territorio italiano prendendo spunto dall’esempio di Riace.
Certo, il Partito democratico alleandosi con i 5 Stelle si è preso una grossa responsabilità che i suoi elettori in caso di fallimento non tarderanno a fargliela pagare. Ma anche i 5 Stelle con quest’alleanza hanno gettato la maschera rivelandosi opportunisti pronti a passare con disinvoltura da destra a sinistra. Cose del genere le faceva la Democrazia Cristiana nella Prima Repubblica. Ma proprio per questo credo che queste due forze dovranno impegnarsi: governicchiare e bisticciare non è più possibile.
Definendo “gentista” il Movimento 5 Stelle intendo distinguerlo dai populisti della Lega. I pentastellati non si sono mai rivolti all’elettorato come popolo, ma come cittadini. La mancanza di un divisore fra il popolo “giusto” e quello “sbagliato” è fondamentale per capire la differenza fra un partito chiaramente populista come la Lega, che su questa divisione ha creato il proprio potere elettorale, e un partito come i 5 Stelle da sempre più generalista. I 5 Stelle sono figli del qualunquismo di Guglielmo Giannini che è sempre esistito in questo Paese e che è esploso di fronte all’inefficienza dei partiti.
Premettendo che è ancora presto per giudicare. Sicuramente Giuseppe Provenzano come ministro del Sud è una scelta azzeccata: è giovane e competente e saprà far ripartire quest’area da troppo tempo ferma. Anche Roberto Speranza alla Sanità promette bene visto che sembra intenzionato a far ripartire il pubblico e a dare uno stop alle convenzioni col privato. Una figura problematica potrebbe essere Paola De Micheli per il suo decisionismo e forte dissenso con i 5 Stelle a iniziare dalle Grandi Opere. Mentre per quanto riguarda Di Maio agli Esteri credo possa fare bene se manterrà le sue intenzioni di agevolare le imprese italiane in Cina e in Africa, continente a cui è necessario guardare con sempre maggiore attenzione.
Roberto Gualtieri è un ex comunista a metà fra il migliorismo e il realismo dalemiano. È un uomo pratico che ha i suoi ideali di giustizia sociale e li vuole concretizzare. Non ho capito le polemiche sugli apprezzamenti ricevuti da parte di Christine Lagarde: credo che avere delle competenze e vederle riconosciute sia un valore, non un demerito soprattutto raccogliendo il testimone di un Ministro debolissimo come Giovanni Tria.
Non sarei così pessimista al riguardo. È vero, abbiamo 20 milioni di debito lasciati dal governo precedente, ma l’aria che si respira in Europa non è più quella dell’austerity. Adesso anche la Germania ha bisogno di fare deficit e di investire. La nomina di Paolo Gentiloni come Commissario agli Affari Economici può aiutare l’Europa da andare in una direzione di politica economica più espansiva.
Anche la figura di Giuseppe Conte è positiva in questo quadro: è molto apprezzato dai rappresentanti delle istituzioni europee e la sua scelta dimostra che è arrivato il momento europeista. Pur rappresentando un governo a tratti euroscettico, infatti, questo presidente del Consiglio è stato in grado di seguire il presidente francese nel suo percorso europeista che ha mantenuto attiva l’Europa nell’ultimo periodo dopo l’indebolimento di Angela Merkel.
Non credo che la strategia di Donald Trump sia sofisticatissima e che dietro quel tweet di apprezzamento ci fosse un grande disegno. È un fatto però che la visita a Washington dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini non sia andata benissimo, anche perché Trump sembra essere in rotta con il mondo a cui il leader del Carroccio è legato a iniziare da Steve Bannon. Quanto questo poi abbia contato in questo cambio di governo è difficile dirlo.
Matteo Renzi è sicuramente la figura nel Pd più papabile per questo ruolo, ha davanti a sé due strade: può fondare un suo partito e far cadere l’esecutivo oppure può scegliere di continuare il dialogo col suo partito e i suoi nuovi alleati. Ma anche i 5 Stelle devono tenere a bada la loro anima destrorsa. Le Regionali del 2020 saranno un evento chiave per capire la durata di questo esecutivo.
Credo che Zingaretti abbia dimostrato su questo piano grande lungimiranza politica. È infatti necessario per pentastellati e democratici non scontrarsi frontalmente, ma fare accordi se non di alleanza, almeno di desistenza onde evitare lo straripamento leghista. Questo esecutivo è l’ultima spiaggia per entrambi gli alleati di governo e per questo credo che si debbano impegnare per far ricredere gli italiani e sgonfiare il Carroccio. Non sarà facile, ma ha ragione Conte nell’invocare un comportamento istituzionale da parte dei nuovi membri del governo: è ora di smetterla coi superministri e di iniziare a lavorare seriamente. È come essere su una pista nera: si sa che è ripida, quindi o si scia bene o si cade.