I talebani dividono anche i 5 Stelle, Conte: “Sì al dialogo”. Di Maio: “Giudicare le azioni, non le parole”. Grillo: “Fuga disonorevole”
La crisi in corso in un Afghanistan tornato ormai quasi tutto nelle mani dei talebani affligge anche il Movimento 5 Stelle, con lo scontro tra il neo-leader Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: se l’ex premier ha infatti sottolineato la “necessità di un serrato dialogo con il nuovo regime talebano, che si è dimostrato abbastanza distensivo”, l’ex capo politico dei pentastellati chiede di “giudicare le azioni e non le parole” del movimento. Intanto Beppe Grillo ha parlato di “fuga disonorevole” dal Paese dopo 20 anni di guerra inutile.
Tutto è cominciato ieri nella splendida cornice di Ravello, sulla costa amalfitana, quando l’ex presidente del Consiglio nel corso della presentazione di un libro ha sottolineato la necessità “di un dialogo costante con il nuovo regime”. “L’esito di questo ventennio di impegno della comunità internazionale in Afghanistan mi ha addolorato come credo abbia addolorato e angosciato tutti voi: constatare dopo 20 anni l’insediarsi rapido ed efficace del nuovo Emirato islamico, mi ha lasciato sgomento”, ha dichiarato Conte, chiedendo innanzitutto la creazione di appositi corridoi umanitari da finanziare se necessario anche con i soldi delle restituzioni dei rimborsi elettorali e degli stipendi dei parlamentari del M5S. “Sullo sfondo però c’è da interrogarsi sul fatto che non è con le armi che risolveremo problemi così”, ha rimarcato l’ex premier, ribadendo il bisogno di “un serrato dialogo con il nuovo regime talebano, che si è dimostrato abbastanza distensivo“.
Oggi, in occasione della riunione dei ministri degli Esteri del G7, è arrivata la risposta (indiretta) del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, secondo cui è importante “giudicare i talebani dalle loro azioni, non dalle loro parole“. “Dobbiamo mantenere una posizione ferma sul rispetto dei diritti umani e delle libertà, e trasmettere messaggi chiari tutti insieme”, ha sottolineato l’ex capo politico dei 5 Stelle, prima di annunciare l’intenzione di portare in Italia 2.500 civili in fuga dal Paese. “Gli afghani, in particolare le donne e le ragazze, hanno combattuto e pagato un prezzo alto per far progredire le loro condizioni e noi li abbiamo sostenuti in questo sforzo: non possiamo ora permetterci battute d’arresto sui progressi compiuti in materia di diritti umani e libertà civili”.
Insomma, un clima tutt’altro che disteso tra le fila dei pentastellati. In tutto questo sono arrivate anche le parole del fondatore Beppe Grillo. “La fuga disonorevole da Kabul resterà una macchia indelebile nei libri di storia sui quali studieranno i nostri posteri”, ha scritto il comico sui social, lasciando spazio sul proprio blog all’ex ambasciatore Torquato Cardilli. Dopo aver criticato le ragioni e l’epilogo del conflitto ventennale, il diplomatico ha lanciato un appello agli italiani a “chiedere il rendiconto di questa politica scellerata, assolutamente priva di vantaggi politici, economici, sociali, costata 64 vittime cadute, 700 feriti e 8 miliardi sottratti allo sviluppo del Paese”. E qui elenca “tutta la filiera dei primi ministri”, in cui figura anche Giuseppe Conte, e dei la “sequela di ministri degli Esteri”, definiti “veri yes men”, dove appare anche Luigi Di Maio.