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Monfalcone, la guerra all’Islam della sindaca Cisint: “Vieta la preghiera”

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Monfalcone, la guerra all’Islam della sindaca Cisint: “Vieta la preghiera”

A Monfalcone è vietato pregare. È l’accusa dei fedeli islamici alla sindaca leghista Anna Maria Cisint, che negli ultimi mesi ha lanciato una battaglia contro la “islamizzazione e sostituzione” degli italiani. Lo riporta La Repubblica dopo che nella città giuliana, in cui mancano le moschee. sono stati chiusi due centri culturali islamici.

Negli scorsi giorni, secondo il quotidiano, un gruppo di musulmani è stato anche raggiunto da una ordinanza di diffida dopo che si era raccolto in preghiera nel parcheggio di un ex supermercato.

La sindaca Cisint era tra i partecipanti al raduno voluto da Matteo Salvini a Firenze, dove ha descritto il suo comune come la frontiera di uno scontro di civiltà. “Se non siamo combattenti siamo finiti. Quello che succede a Monfalcone, che è una città che governiamo da sei anni e mezzo, è quello che potrà succedere nel Friuli Venezia Giulia e in tutta Italia. Noi su 30 mila abitanti abbiamo il 30% di stranieri, la cui maggioranza è islamica”, ha detto il 2 dicembre scorso Cisint, che ha difeso la scelta di chiudere i centri culturali per violazione delle norme sulla destinazione d’uso e la capienza. “Gli islamici vogliono sostituirci. Me l’ha detto l’imam: ‘Non vogliamo integrarci ma sostituirvi’”, ha affermato.

La decisione di chiudere i battenti del “Darus Salaam” e del “Baitus Salat” è arrivata dopo 14 ispezioni consecutive dei vigili urbani, sempre di venerdì, giorno di preghiera. A seguito di queste, riporta Repubbilca, il comune ha accertato che l’attività prevalente era la preghiera, rendendole luogo di culto. “Noi sappiano che sono ragioni politiche quelle che la muovono, perché le nostre preghiere sono di 5 minuti per 5 volte al giorno e quindi sporadiche nei centri culturali”, ha dichiarato Bou Konate, uno dei responsabili del centro culturale islamico ed ex assessore ai Lavori pubblici di Monfalcone. Secondo quanto dichiarato da Cisint a Firenze, “in quei luoghi non si parla italiano, non sappiamo se predicano l’odio”.

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