La dem Michela Di Biase dice basta: “Lady Franceschini? Misoginia. Sono stata votata, non nominata”
“Per molti anni ho scelto di non commentare articoli di giornali e le tante parole spese sul mio conto quando, ad ogni passaggio che ha contraddistinto il mio impegno politico, sono stata descritta come la ‘moglie di’ o ‘Lady Franceschini’. Ora però non posso non farlo, non soltanto perché le reputo profondamente ingiuste ma perché proprio contro questo atteggiamento misogino e maschilista ho sempre lavorato, nelle istituzioni con atti a sostegno delle donne e contro la discriminazione delle nostre ragazze in ogni campo”.
Anche la consigliera regionale nel Lazio per il Partito Democratico, Michela Di Biase, decide di mettere a tacere le dicerie sulla sua attività politica per i dem, spesso associata alla figura del ministro Dario Franceschini, con cui è sposata dal 2014. Di Biase non ci sta e, in un lungo post su Facebook, scrive: “Non posso tacere perché sono madre di figlia femmina e l’esempio che voglio dare a lei e alle bambine come lei è che nessuno può permettersi di svilirci, sminuirci, mettere in discussione ciò che siamo, il lavoro che abbiamo fatto, i nostri sogni -prosegue la Di Biase-. Sì, sono la moglie di un uomo che come me fa politica, ci siamo conosciuti grazie alla militanza, come spesso accade a molti sul luogo di lavoro”.
“Non lo conoscevo ancora quando per la prima volta mi sono candidata nel mio Municipio, a 26 anni, unendo all’impegno politico, l’università e il lavoro. Sono stata consigliera municipale per due mandati, prima degli eletti e sono stata la prima capogruppo donna dei miei quartieri: Alessandrino, Centocelle, Tor Sapienza, Quarticciolo, La Rustica. Sono stata poi eletta in consiglio comunale a Roma, sempre chiedendo alle persone di scrivere il mio nome sulla scheda elettorale”, sottolinea ancora l’esponente del Pd.
“Sono 16 anni che rappresento il Partito Democratico nelle istituzioni, 16 anni di incontri, dibattiti, militanza, gioia, condivisione di obiettivi comuni. Ora, descrivermi come “la moglie di” è in primo luogo ingiusto e, cosa molto più grave, è frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia ma attraverso l’uomo (marito, padre, fratello) che hanno accanto -chiarisce-. Il Partito Democratico sia romano e regionale ha messo il mio nella rosa di nomi per le candidature alle prossime elezioni politiche, di questo sono orgogliosa e grata. Grata perché quella che da sempre è la mia comunità ha riconosciuto il mio lavoro ed il mio impegno di questi anni”.