Manzella (Pd) a TPI: “Il Mes è un’occasione storica per migliorare la sanità italiana”
Se il Movimento 5 Stelle non arretra di un passo e conferma il suo secco no al Mes, il Partito Democratico non ne vuole proprio sapere di rinunciare ai 36 miliardi che potrebbero essere subito utilizzati per coprire le ingenti spese sanitarie che l’Italia ha dovuto sostenere e sta ancora sostenendo per affrontare l’emergenza Coronavirus.
“Il Consiglio Europeo dell’8 maggio è stato chiaro: non ci sono condizionalità, il Mes sanitario è cosa diversa dal Mes come definito nel 2012 per affrontare le difficoltà di singoli Stati colpiti dalla crisi finanziaria. E non c’è neanche il rischio che si possano ‘cambiare le carte in tavola’ a posteriori. Il prestito sarebbe erogato in un’unica tranche, dopo una verifica sulla sostenibilità del debito di ogni singolo Stato. Una volta ottenuto questo ok, ed è atteso a breve, il Mes è a disposizione”, spiega a TPI Gian Paolo Manzella, Sottosegretario allo sviluppo economico”.
Perché il Mes conviene?
Il Mes conviene, innanzitutto, dal punto di vista finanziario. È un prestito con un tasso dello 0.1% rispetto al 1.5% del Cura Italia con cui abbiamo raccolto 22 miliardi. Secondo i più recenti calcoli della Banca d’Italia permette un risparmio di 5 miliardi in 10 anni. In più, ricorrere al Mes alleggerisce il nostro bisogno di ricorrere al mercato dei capitali, ed è un fatto positivo, con un debito così elevato. Insomma dal punto di vista finanziario è un’occasione senza paragoni in termini di convenienza.
E poi?
E poi il Mes conviene perché ci permette di concentrare gli sforzi sulla trasformazione della Sanità, un servizio pubblico che è una scelta altissima fatta negli anni Settanta, di cui il Covid ci ha mostrato ancora una volta l’importanza centrale per il nostro ‘essere cittadini’. E, insieme, l’urgenza di migliorarla. Abbiamo una sanità ancora troppo differenziata, e questa è l’occasione di un Piano organico: vanno omogeneizzati i servizi offerti, digitalizzato il sistema sanitario, modernizzati e adeguati gli ospedali, potenziato il modello di medicina territoriale. Come ha sottolineato il segretario Nicola Zingaretti, dobbiamo finalmente far capire agli italiani che la spesa in sanità, oltre ad essere una “spesa sociale”, è anche un grande investimento in sviluppo, ricerca, capitale umano. I 36 miliardi del Mes servono a questo, a mettere a posto un organo vitale del nostro Stato. E non è un caso che sul punto si sentano le voci dei presidenti di Regione: chi è in prima linea sul fronte sanitario ha le idee chiare sul Mes.
Tra l’altro lo stesso Governo Conte ha lavorato per rimuovere dallo strumento le temute condizionalità.
Certo, c’è qui un terzo argomento. È una vittoria italiana nel negoziato europeo e, oltre a rivendicarla, dobbiamo essere conseguenti. La coerenza nell’uso dello strumento dopo averlo chiesto serve ad un’Italia più forte a livello europeo.
Ad oggi in Parlamento non ci sono i numeri per il Mes. Le destre, ad esclusione di Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, non ne vogliono sapere.
C’è una discussione in corso e spero che nelle prossime ore prevalga la posizione più attenta alle reali condizioni del Mes. Come parlamentari e come membri del governo abbiamo tutte le possibilità per approfondire dubbi e fugare ogni perplessità. E vanno utilizzate. Il tutto, insomma, va visto in un’ottica molto laica, senza ideologie. Il Mes è semplicemente un altro degli strumenti che l’Europa ha messo a disposizione: insieme ai prestiti della Bei, all’intervento della BCE sui mercati finanziari, al Recovery Fund, al Fondo Sure per tutelare i disoccupati. È questa l’Europa post Covid. Non altra. Un’Europa al fianco degli Stati, delle imprese e dei lavoratori e che ha messo la parola solidarietà tra quelle centrali del suo lessico. E su questo c’è un’ultima cosa che vorrei porre in rilievo.
Quale?
Vede, a me dispiace che questa polemica contribuisca a diffondere in una parte della cittadinanza l’idea di un’Europa che ‘tende una trappola’ all’Italia, che ci vuole ‘fregare’. È una visione del ruolo europeo in questo tornante storico che non fa onore ad uno dei Paesi fondatori dell’Europa. Non solo, ed è anche più grave, penso sia una lettura velenosa per lo spirito europeista italiano. Proprio per questo c’è qui un compito preciso della politica. A partire proprio dal Mes. Bisogna studiare, informare i cittadini su come stanno veramente le cose, contribuire a ricostruire lo spirito europeo, e poi cambiare il nostro modo di ‘stare’ in Europa. Questa la battaglia italiana dei prossimi anni: essere più presenti a Bruxelles, far valere le nostre ragioni in maniera seria, giocare sino in fondo il nostro ruolo. Semplicemente perché è lì che si prendono, e sempre più si prenderanno, le decisioni per il nostro futuro. Approvare ed usare il Mes in maniera seria è lavorare in questo senso.
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