Giorgia Meloni contestata prima del discorso alla Cgil: “No al salario minimo, giusto abolire il reddito di cittadinanza”
Accolta con i fischi e con il coro di alcuni partecipanti che hanno intonato “Bella Ciao”, Giorgia Meloni ha parlato al congresso della Cgil di Rimini già conscia di poter trovare un clima ostile: “Non so che accoglienza aspettarmi in ogni caso penso che sia giusto esserci”. Da 27 anni a questa parte è la prima presidente del Consiglio a prendere parte al principale evento del sindacato, e nonostante la protesta organizzata da un nutrito numero di presenti, che hanno lanciato peluche come avvenuto durante l’arrivo del governo per il Consiglio dei Ministri convocato a Cutro dopo la tragedia al largo di Crotone, il segretario nazionale Maurizio Landini ha spiegato la decisione: “Abbiamo scelto di fare un congresso aperto, di parlare con tutti. È il momento di imparare anche ad ascoltare, è importante per noi come organizzazione sindacale: non è solo altruismo, ma la miglior condizione per chiedere il diritto di essere ascoltati”.
Il discorso di Meloni alla Cgil
Meloni ha preso parola senza mostrare timore per le contestazioni: “Mi sento fischiata da quando ho 16 anni. Potrei dire che sono Cavaliere al merito su questo”. Subito ha toccato il tema del ritardo nella crescita dei salari italiani: “La risposta è “puntare tutto sulla crescita economica”. “Veniamo da un mondo – dichiara la premier – in cui si pensava di abolire la povertà e creare lavoro per decreto. Oggi qualcuno chiede che sia lo Stato, per legge, per decreto a creare un salario elevato. Ma le cose non stanno così e lo abbiamo visto: la ricchezza la creano le aziende e i loro lavoratori, lo Stato deve fare le regole. E la sfida è mettere aziende e lavoratori nelle condizioni migliori per crearla e farla riverberare su tutti”. Parole che suonano come una chiusura verso provvedimenti come il salario minimo, tema sul quale si è scontrata con la segretaria del Pd Elly Schlein durante il Question Time alla Camera.
La riforma fiscale
La premier ha poi elencato gli obiettivi della riforma fiscale: una diminuzione progressiva delle aliquote Irpef, “che non vuol dire far venire meno la progressività ampliando sensibilmente lo scaglione di chi rientra nella prima aliquota per ricomprendere nel suo interno molti lavoratori dipendenti”, poi l’introduzione anche per i dipendenti di una “tassa piatta agevolata sugli incrementi di salario”. Ancora, la possibilità di rendere deducibili “benefici come trasporto, istruzione e rendere monetizzabili i fringe benefit ad esempio nel caso della nascita di un figlio”. Invece del salario minimo, Meloni propone l’estensione della contrattazione collettiva, ribadendo di avere destinato 300 milioni di euro “per un più significativo stipendio per i lavoratori della scuola”.
Presidenzialismo
Nel suo discorso si è anche soffermata sui recenti fatti di cronaca, condannando “l’inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil” ma cogliendo l’occasione per menzionare anche gli atti “dei movimenti anarchici che si rifanno alle Br” circa il caso Cospito. In chiusura di intervento ha rilanciato il cavallo di battaglia del governo, la riforma presidenzialista: “Per rispetto della volontà popolare e per questioni di stabilità, è una delle più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare”. La platea ha accolto con sparuti applausi il suo saluto finale.