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Meloni: “Accolgo le dimissioni di Sgarbi”. Ma lui farà ricorso al Tar

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“Trovo corretta dopo il pronunciamento dell’Antistrust” la scelta di dimettersi “per cui accolgo le dimissioni”. Così la premier Giorgia Meloni parlando ai cronisti dal Giappone e e replicando sul caso Sgarbi. “Voglio chiarire: io mi sono assolutamente dimesso ma i tempi presuppongono quelle che io chiamo dimissioni in due tempi: io da questo momento non ho deleghe attive e non voglio esercitarle”, aveva spiegato Sgarbi poco prima delle parole di Meloni, a La7 dove aveva parlato di “autosospensione”. “Ma io ho dato incarico ad uno studio di procedere con le valutazioni di incompatibilità” con un ricorso ma “le dimissioni sono certe quali che siano le decisioni del Tar”. Insomma, “io mi dimetto anche se la sentenza del Tar fosse favorevole con me” ma ora serve “consentire al Tar di pronunciarsi e una sentenza non ha senso se mi sono dimesso”.

“Se il governo ritiene di chiedermi le dimissioni immediate, può chiedermelo e io posso anche darle, e le darò. Ma in questo momento per presentare il ricorso” al Tar contro la delibera Agcm, c’è una “procedura che richiede il suo tempo. Meloni non mi ha chiamato, e non mi sono sentito affatto solo, ma se vuole chiamarmi mi chiami e io farò quello che mi dice”, aveva detto Sgarbi a l’Aria che tira.

“Se il governo, per mano di un suo ministro ha promosso una indagine sul conflitto di interessi all’interno del governo, è giusto che io chieda all’Antitrust che si estenda l’indagine a tutte le istituzioni, con gli stessi criteri. Non per ritorsione, ma per rispetto delle istituzioni alle cui decisioni io mi sono rimesso. E che tu ti faccia garante della integrità del governo quanto a possibili incompatibilità, se a me non è consentito parlare e promuovere in ogni modo l’arte e le mie idee”, ha scritto Sgarbi in una lettera alla premier Giorgia Meloni, riportata dal Corriere della Sera.

“Non sono d’accordo con la delibera del Agcm, farò ricorso al Tar – scrive Sgarbi nella lettera -. Ma la delibera è chiara: non posso fare la vita che ho fatto per cinquant’anni, non posso essere me stesso e essere sottosegretario. L’Antitrust non ha detto “Non va bene questo o quell’attività della vita di Sgarbi”, ma la sua “intera attività di scrittore, narratore curatore e storico d’arte” (e con ciò anche promuovere e vendere i propri libri, come anche tu hai fatto): cioè è la mia vita. Si tratta, come si capisce subito leggendone la forzata motivazione, di una decisione tanto “politicamente corretta”, quanto giuridicamente scorretta. Nessun vero giurista comprende infatti per quale ragione tenere una conferenza su Caravaggio, partecipare o presiedere una tavola rotonda su Tintoretto, presentare un libro su Michelangelo, possa costituire una violazione dei limiti di legge, generando una incompatibilità con la funzione ministeriale, al punto da distorcerne il senso».

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