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Mattarella, governo neutrale e voto anticipato. Cosa succede ora

Immagine di copertina
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Credit: VINCENZO PINTO

Tutte le opzioni avanzate dal presidente della Repubblica nel suo discorso, spiegate

Lunedì 7 maggio, al termine dell’ultimo giro di consultazioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto un discorso in cui ha ripercorso i tentativi compiuti finora per formare una maggioranza di governo e ha messo sul tavolo le opzioni ora disponibili, chiamando i partiti politici a una scelta.

Il capo dello Stato ha ricordato come sia fallito sia il tentativo di formare un governo M5S-centrodestra, sia un governo M5S-Lega, e come, nonostante un’iniziale apertura, sia naufragata anche l’ipotesi di un esecutivo M5S-Pd. Ha ricordato inoltre, che fin dall’inizio è sembrata impercorribile l’ipotesi di un governo tra centrodestra e Pd, esclusa da entrambe le forze politiche.

Per questo, ha detto Mattarella, risulta al momento impossibile formare una maggioranza politica che sostenga un governo.

Al fine di uscire da questo stallo, Mattarella ha avanzato quattro diverse opzioni, chiedendo ai partiti di scegliere “con il loro libero comportamento e nella sede propria parlamentare”.

Ecco quali sono le opzioni indicate dal capo dello Stato:

Opzione 1: Governo neutrale o “di servizio” fino a dicembre 2018 e poi ritorno alle urne

Il presidente ha chiesto ai partiti di sostenere un governo neutrale o “di servizio”, cioè composto da figure non provenienti dalla politica, che dovrebbe restare in carica fino a dicembre per svolgere una serie di compiti. Per farlo, ovviamente, avrebbe bisogno della fiducia dell’attuale parlamento.

Tra i compiti più importanti che avrebbe questo governo, ci sarebbe quello di evitare l’aumento automatico dell’Iva, e subito dopo quello di varare la manovra economica per il prossimo anno.

Mattarella ha escluso che questi compiti possano essere svolti dal governo Gentiloni, perché questo non ha mai ricevuto la fiducia dalle nuove Camere, e ritiene “più rispettoso” della dinamica democratica che a gestire questa fase sia un esecutivo non di parte.

Il capo dello Stato ha offerto inoltre alcune rassicurazioni ai partiti: ha detto che ha intenzione di stringere un accordo con i componenti del governo neutrale, affinché si impegnino a non candidarsi alle future elezioni.

Si tratterebbe, comunque, di un accordo puramente formale, dal momento che non si potrebbe impedire loro in alcun modo di candidarsi, se volessero farlo.

Opzione 2: Governo neutrale o “di servizio” finché non si troverà una maggioranza politica

Un’altra rassicurazione che Mattarella ha offerto ai partiti è che, nel caso in cui diano il loro sostegno a un governo neutrale, ma poi si raggiunga un accordo politico, l’esecutivo rassegnerebbe subito le dimissioni, per lasciare spazio alla maggioranza politica.

“Laddove si formasse nei prossimi mesi una maggioranza, quel governo si dimetterebbe per far posto a un governo politico”, ha detto il presidente, aprendo la strada a una sorta di staffetta.

Anche in questo caso, Mattarella ha voluto esplicitare una garanzia che già di per sé è valida: se cambia la maggioranza parlamentare, i partiti possono sfiduciare un governo e dare la fiducia a un altro.

Mattarella ha sottolineato che più volte, nel corso delle consultazioni, le forze politiche gli hanno chiesto del tempo per trovare un accordo. Questa opzione lo consentirebbe. Inoltre, sarebbe l’unica, secondo il capo dello Stato, a poter garantire la sopravvivenza della legislatura, senza il ritorno al voto anticipato.

Opzione 3: Ritorno alle urne in autunno

Mattarella si è detto contrario a un ritorno immediato alle urne: “Sarebbe la prima volta che il voto popolare non viene utilizzato e non produce alcun effetto”, ha detto.

Tuttavia, se non c’è una maggioranza politica e se i partiti rifiutano di offrire il loro sostegno al governo neutrale, come chiesto dal presidente, Mattarella non ha altra scelta per uscire dallo stallo, se non quella di sciogliere le Camere.

In questo caso, la legge prevede che si torni al voto almeno 60 giorni dopo lo scioglimento del Parlamento, e comunque entro 70 giorni da esso.

Mattarella ha parlato di due alternative: quella del ritorno al voto in autunno e quella di un voto già in estate (probabilmente il 22 luglio).

Opzione 4: Ritorno alle urne a luglio

Il capo dello Stato preferirebbe evitare un voto a luglio, con il rischio di un alto astensionismo per via delle vacanze. Bisogna tenere conto che in passato, proprio per questo motivo, non si è mai votato in piena estate (nel 1983 le elezioni si tennero l’ultima settimana di giugno).

Ma i problemi più rilevanti di un ritorno al voto a luglio o in autunno, sono legati al rischio che il paese rimanga privo di un governo in grado di scongiurare l’aumento dell’Iva, con conseguenze negative sull’economia, e di varare una manovra economica per il prossimo anno.

Il presidente Mattarella ha messo in guardia i partiti da questi rischi, ma sembra che sia stato inutile: sia Di Maio sia Salvini hanno espresso la volontà di andare a votare prima possibile, quindi a luglio.

L’invito del capo dello Stato alla responsabilità sembra essere caduto nel vuoto, ad eccezione del Pd che si è detto disponibile a offrire il suo sostegno a qualsiasi soluzione avanzata dal presidente.

“Scelgano i partiti con il loro libero comportamento e nella sede propria parlamentare”, ha concluso Mattarella. “Cerchino una maggioranza politica per un governo neutrale entro l’anno oppure nuove elezioni subito, in autunno o nel mese di luglio”.

Il discorso di Mattarella, ecco il video integrale:

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