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Massoneria, cariche pubbliche e obblighi di trasparenza. La legge Fava un modello da esportare?

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Massoneria: la legge Fava su obbligo di trasparenza è un modello da esportare?

Nel 2018 Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia in Regione Sicilia ed esponente di Leu, fece approvare una legge regionale, la numero 18, che recepisce quanto già da lui proposto da deputato l’anno prima in riferimento ai parlamentari, ossia l’obbligo per consiglieri e assessori regionali di dichiarare formalmente la propria appartenenza o non appartenenza a logge massoniche o similari. Un obbligo esteso anche a sindaci, assessori e consiglieri comunali e di circoscrizione.

La sanzione, dopo gli emendamenti dell’Ars, per il mancato rispetto della legge è una pubblicazione di dichiarazione circa la violazione delle norme sulla trasparenza. “Per me la sanzione peggiore per chi decide di omettere di dichiarare la sua appartenenza alla Massoneria, è che tutti sappiano che si è violato questo dovere di trasparenza”, disse subito Fava. Tutti i consiglieri (all’Ars li chiamano “deputati”) regionali e gli assessori siciliani hanno già dichiarato di non appartenere alla massoneria, tranne l’esponente Udc Eleonora Lo Curto (ammettendo di aver collaborato con la massoneria per singole iniziative) e l’esponente di Fdi Antonio Catalfamo. “Una legge liberticida” dissero annunciando ricorso alla Consulta.

La legge Fava ha tenuto banco nel dibattito pubblico siciliano anche nel 2019 quando venne arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Artemisia” della procura di Trapani l’ex deputato regionale fino al 2017, Giovanni Lo Sciuto, eletto con Mpa (e poi passato con Ncd e Fi). Per la pubblica accusa il politico era a capo di una associazione a delinquere segreta usata per infiltrare le istituzioni in provincia di Trapani, una sorta di “super loggia” segreta infiltrata nella massoneria ufficiale. Lo Sciuto per gli inquirenti avrebbe fatto entrare suoi fedelissimi all’interno di logge massoniche, sfruttando poi il sostegno della massoneria durante le competizioni elettorali e ricambiando i favori con nomine, segnalazioni e raccomandazioni provenienti da affiliati alla stessa massoneria.

Più recentemente la questione si è posta a seguito della nomina di Alberto Samonà, (già grillino, epurato dalle liste in Senato nel 2018) come assessore regionale ai beni culturali in quota Lega nella giunta di Nello Musumeci in quanto è toccato anche a lui firmare la dichiarazione prevista dalla legge Fava. Samonà escluse in una intervista a Repubblica di essere massone e di avere solo “passioni culturali”, salvo poi specificare in una intervista a LaSicilia.it: “Allora, per essere chiari: sono stato iscritto al Grande Oriente d’Italia, per un interesse prettamente culturale, fino a qualche anno fa. Nulla a che vedere con la politica. Oggi non sono iscritto a logge e non ho alcuna incompatibilità, tant’è che firmerò la dichiarazione”. E se della questione se ne occuperà la Commissione per le petizione Ue guidata (a seguito della petizione di un cittadino italiano contro la legge), c’è da chiedersi se in ambito extrasiciliano questa legge, di cui si è parlato poco fuori confine, possa essere presa a modello.

La legge Fava arriverà in Calabria? Al solo pensiero la politica si allarma

Nella Regione dove la procura di Catanzaro a guida Nicola Gratteri sta compiendo con le sue inchieste una vera rivoluzione (con ampio eco nazionale) rispetto alla “zona grigia” (di ‘ndrangheta e massoneria) facendo tremare i detentori (espliciti e non) dei pubblici poteri, la politica si è fin d’ora dimostrata inerme.

Il super Procuratore capo Gratteri con la maxi inchiesta Rinascita-Scott che nel dicembre 2019 con una retata portò all’arresto di oltre 300 persone (452 le richieste di rinvio a giudizio confermate due settimane fa nell’aula bunker di Rebibbia) e con l’inchiesta “Genesi” di gennaio di quest’anno (che ha al centro il giudice Marco Petrini, magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro) ha fatto emergere presunti legami tra massoneria deviata, ‘ndrangheta e giudici massoni deviati e corrotti (lo stesso Petrini ha rivelato agli inquirenti la sua adesione ad una loggia massonica coperta della quale farebbero parte altri sette magistrati del distretto di Catanzaro e la cui cerimonia di iniziazione fu celebrata dall’ex parlamentare ed ex esponente di Fratelli D’italia Giancarlarlo Pittelli, al centro, invece, di Rinascita-Scott).

“Se prima le relazioni esterne col mondo delle professioni e del potere massonico deviato erano visti come una condizione patologica del sistema mafioso, adesso sono diventati una componente fisiologica”, ha insistito pubblicamente a più riprese Nicola Gratteri. Ma sulla dichiarazione pubblica di appartenenza dei politici che ricoprono cariche pubbliche (consiglieri e assessori regionali in primis) la politica calabrese, a prescindere dal colore politico, ha idee molto diverse.

Il capogruppo del Partito Democratico nel consiglio regionale calabrese Domenico Bevacqua ha subito dichiarato: “Su questo argomento con me si sfonda una porta aperta. Penso che ogni atto di trasparenza aiuti a recuperare il rapporto con la società civile e rafforzi la credibilità dei singoli consiglieri regionali e dei politici tutti”, mentre di avviso diamentralmente opposto è il capogruppo degli eletti della lista Democratici e Progressisti Giuseppe Aieta secondo il quale: “L’idea di dichiarare l’adesione alla massoneria degli uomini delle istituzioni piu che consolidare una dimensione della trasparenza, alimenta la cultura del sospetto. Bisogna combattere la massoneria deviata che è quella che combattiamo noi e che combatte la massoneria ufficiale. Tutta la massoneria si è informata sempre ad ideali di libertà e a principi morali che sono stati alla base dell’attività politica dei nostri padri della storia dal Risorgimento alla nascita dello stato repubblicano. Sono valori e principi morali alti per cui non ho alcun pregiudizio verso la massoneria e verso i massoni. Ho sempre considerato la cultura come una dimensione plurale per cui non vedo perchè si debba dichiarare la propria appartenenza alla massoneria e non quella ad un’altra associazione”.

Sul fronte politico opposto il capogruppo della lista “Santelli Presidente” Vito Pitaro, figlio di Nicola Pitaro che per quasi 20 anni è stato Gran Maestro della Loggia di Calabria, non ha ritenuto di rispondere, così come il presidente della commissione regionale anti-‘ndrangheta eletto tra le fila di Forza Italia, Antonio De Caprio, entrambi interpellati direttamente.

Intanto il M5S rilancia la proposta Lannutti: “Incompatibilità tra massoneria e uffici pubblici”

Nel marzo 2018 il senatore pentastellato Elio Lannutti ha depositato una proposta di legge sull’incompatibilità dell’appartenenza a logge massoniche con determinati uffici pubblici, tra cui quello di magistrato e dirigente pubblico. La proposta, rilanciata recentemente dal M5S, porta la firma anche dell’ex ministra Barbara Lezzi e del viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri e nella relazione introduttiva specifica: “La massoneria si definisce ordine iniziatico e la società ideale cui aspira è strutturata in modo gerarchico: coloro che si fanno custodi del sapere, hanno il compito di guidare dall’alto il mondo dei profani, affinché anche questi ultimi possano beneficiare della luce di cui gli Iniziati sono portatori. Tale concetto di società governata da un gruppo di persone che si ritiene superiore per intelligenza e cultura è opposto al concetto di democrazia in cui tutti i cittadini hanno uguali diritti nel governo dello Stato”.

Non proprio una posizione nuova per il partner di maggioranza del Governo Conte bis. Il 18 maggio 2019 sul Blog delle stelle, canale ufficiale del M5S, è stato pubblicato il post dal titolo: “Massoneria? No grazie. Al governo dei pochi noi preferiamo il governo di tutti” in cui veniva scritto: “Sicuramente è comodo pensare che solo gli illuminati affiliati tra di loro e iniziati ai sacri misteri possano discutere materie delicate, anche in virtù di super competenze che la benedizione del Grande Architetto dell’Universo avrà rafforzato, ma per noi umili profani del Movimento 5 Stelle non funziona così. Prima ancora che una questione di legittimità, legalità o trasparenza per noi del Movimento 5 Stelle esiste una questione di cultura politica che è parte della nostra più radicata identità. Qui risiede tra noi e i massoni una differenza abissale e incolmabile: loro sono per il governo dei pochi, noi dei molti, anzi dei TUTTI”.

Leggi anche: 1. Il PD in Calabria? Non pervenuto. L’evaporazione politica dei dem tra regionali e amministrative / 2. Meloni ordina la “fuga” dalla Calabria. Tra ‘ndrangheta e Mark Caltagirone: FdI travolta dagli scandali / 3. [Retroscena] Morra rischia di perdere la presidenza della Commissione Antimafia

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