“Addio a sussidi, bonus e reddito di cittadinanza: con Draghi pagheremo un prezzo sociale salatissimo”. Parla Marco Revelli
"La gestione del Recovery Fund nelle mani di Mario Draghi è un'occasione ghiotta per Bonomi di Confindustria, per i Benetton e per chi ha spolpato l’Italia in questi decenni": parla a TPI il politologo Marco Revelli
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L’alba del governo Draghi, le politiche economiche che ci attendono e il ruolo che avranno le forze politiche in campo nei prossimi due anni: ne abbiamo parlato con lo storico e politologo Marco Revelli.
Per il governo Draghi c’è stata un’accoglienza molto calorosa da parte delle borse e della stampa internazionale. Perché secondo lei non è una buona notizia?
“Non è una buona notizia il modo in cui è successo e come ci siamo arrivati, la giornata in cui è maturata quella decisione, cioè martedì 2 febbraio in cui il mandato esplorativo di Fico ha perso. E il fallimento di quel tavolo non è qualcosa che si può mettere tra parentesi e liquidare con spaventosa superficialità come è stato fatto dalla maggior parte dei commentatori politici”.
Perché cosa ha significato quel preciso momento in politica?
“Beh, è stata certificata la morte della politica. E il fallimento di tutti i players, sia quelli che stavano seduti al tavolo, sia quelli all’opposizione. Nessun protagonista della vita politica italiana stretta è riuscito ad arrivare a una soluzione per uscire da quel labirinto in cui Matteo Renzi li ha cacciati e si è cacciato a sua volta. Quando Fico è salito al Quirinale ha portato la testa di un Parlamento incapace di trovare una soluzione da solo. E questo è spaventoso, perché non accade in un momento di normalità ma in un momento patologico, sia per il virus sia in senso figurato”.
In questa situazione difficile economicamente e politicamente, Draghi viene visto un po’ come il salvatore. E’ così?
“Intanto il fatto che tutti quanti abbiano sollevato gli occhi al cielo e ringraziato la divina provvidenza per aver fatto scendere questa sacra icona, già questo è un segno di disperazione. Perché se tutto quanto dipende da una sola persona è un problema. Di altissimo profilo che sia. Draghi ha molte carte in più rispetto a chiunque altro in questo momento sia dal punto di vista di esperienza, sia di relazioni politiche. Perché il ruolo di banchiere centrale è anche un ruolo politico. Ma pensare che faccia tutto da solo e che da solo riesca a risolvere i problemi incancreniti della politica italiana è una reazione infantile”.
Si può definire più politico Monti o Draghi?
“Entrambi sono stati definiti tecnici, ma entrambi sono politici. Anche Monti aveva guidato la Commissione europea, non scherzava mica! Draghi ha messo in più le mani in pasta in tutte le vicende economiche e politiche dell’ultime ventennio”.
Cosa succederà agli equilibri politici con il governo Draghi?
“Sono tutti da una parte acciaccati come si è visto. Dall’altra questa decisione accelera tutte le contraddizioni, in particolare delle due forze che avevano vinto le elezioni nel 2018: i Cinque Stelle e la Lega. Da una soluzione Draghi possono fare buon viso o cattivo viso, vedremo quale sceglieranno. Possono far finta che gli vada bene o opporsi con tutte le loro energie. Ma sicuramente è una negazione della buona parte delle cose che hanno pensato, detto e fatto in questi anni. La Lega deve farsi vedere quasi europeista e i Cinque Stelle deve votare la fiducia all’establishment in persona, loro che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno!”.
Mario Draghi è davvero l’uomo dei poteri forti?
“E’ la sintesi dei poteri forti, degli eurocrati. E’ un potere forte lui stesso! Uno che è stato direttore generale del Ministero del Tesoro e in quel ruolo ha portato a segno una raffica di privatizzazioni che non stanno nel curriculum di nessun altro. Poi è stato nel board di Goldman Sachs che è una delle banche d’affari che governano il mondo. Poi è stato governatore prima della banca d’Italia e poi della Bce. Insomma, non è mosso dai poteri forti. Ne incorpora tutte le caratteristiche”.
Ma cosa c’è da aspettarsi da lui in termini di politica economica? Scardinerà quelli che sono stati i cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle come il reddito di cittadinanza?
“Io non so che tipo di slalom sarà tra i paletti che costituiscono il profilo delle forze politiche con cui dovrà trattare, se non altro per averne la fiducia. Ma di sicuro nel suo dna non ci sta né la flat tax, né il reddito di cittadinanza. Non ci sono la quota 100 e nemmeno i bonus e la distribuzione dei sussidi, le politiche assistenziali. Non c’è la sensibilità delle sofferenze del micro tessuto economico, che però è una parte importante della società italiana. Il prezzo sociale che pagheremo sarà altissimo”.
Se Pd-M5S e Leu si mettono insieme – come sembrano voler fare – per ricreare una coalizione di centrosinistra, riusciranno a mitigare il governo Draghi?
“Non credo che Draghi sia una figura pronta a farsi condizionare. Terrà ben saldo in mano il timone del governo, se accetterà di farlo. E dovrà tenere insieme il diavolo e l’acqua santa. Cosa che anche Conte doveva fare, ma da avvocato d’affari specializzato nella diplomazia politica. Draghi lo farà più da banchiere centrale, più decisionista e capace di dialogare con i politici. Insomma, se prenderà delle decisioni, saranno delle decisioni difficili da digerire dalle forze politiche”.
Ma perché Draghi fa comodo a Renzi?
“Credo che a Renzi faccia comodo qualsiasi cosa possa far sembrare che lui abbia fatto punti. Draghi fa comodo a Renzi perché non è Conte, di cui voleva vedere la testa tagliata. Dopodiché se nasce una maggioranza più larga, anche di poco, rispetto a quella precedente…Renzi non conta più nulla e ritorna nell’angolino nel quale dovrebbe stare con il suo consenso del 2 per cento”.
Adesso che sono passate settimane dall’inizio della crisi le posso chiedere perché secondo lei Renzi ha fatto tutto questo?
“A causa del suo pessimo carattere, che lo spinge a buttare giù tutto quello che gli fa ombra. E se gli va a tiro, lo farà anche con Draghi. Non credo che Renzi sia il burattino di qualcun altro, perché ha una struttura caratteriale che lo rende ispido. Ma il suo pessimo carattere può essere usato da chi ha degli interessi, o quando vogliono far fuori qualcuno. E Giuseppe Conte e questa maggioranza davano fastidio a molti”.
C’entrano qualcosa anche i soldi del Recovery Fund?
“Quel bel tesoretto da 209 miliardi è stato portato a casa grazie alla coppia Conte-Gualtieri, e non era scontato e bisogna dargliene atto. Un fondo che da subito ha fatto gola a tanti, e tanti potentati, che non sopportano che venga distribuito tra troppe bocche, diciamo. Soprattutto le bocche di chi ne ha più bisogno, che sarebbero quelle più fragili dello stato economico italiano. E non sto parlando dei poveri assoluti, ma di tutto il tessuto di piccole imprese, microimprese, imprese famigliari che al momento rischiano di morire. A Carlo Bonomi di Confindustria non fa certo piacere che la posta venga spartita tra molti, così come i Benetton, così come tutti quelli che hanno spolpato l’Italia in questi anni e che sul Recovery ci hanno messo sicuramente gli occhi”.
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