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“Senza Renzi e con Mimmo Lucano”: Luigi de Magistris lancia DemA “per andare oltre Salvini, i manganelli e gli sgomberi”

Immagine di copertina
Luigi de Magistris

"Invece degli sgomberi con la ruspa, io punto ai beni comuni": il sindaco di Napoli racconta come vuole arrivare alle elezioni europee 2019 con il movimento DemA

“Salvini sta creando una bomba sociale con il suo Decreto sicurezza. Ce ne renderemo conto tra qualche mese. Per questo c’è bisogno di un’alternativa”.

A parlare a TPI è Luigi de Magistris, ex magistrato e sindaco di Napoli che ora sogna in grande lanciando il movimento DemA (democrazia autonomia) con cui si vuole presentare alle elezioni europee 2019. Un’alternativa a sinistra che si prefigge di ripartire dalle città.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini riempie le piazze, come è successo a Piazza del Popolo sabato 8 dicembre. Come risponde a questa mobilitazione dal basso?

Io ho sempre rispetto delle piazze e delle manifestazioni. Salvini ha assunto un ruolo di leadership, in un campo completamente diverso da quello in cui opero io. Tra l’altro sta facendo un’operazione molto strumentale perché ha capito che la sua azione di costruzione di un’Italia fondata sul rancore, sull’odio, sulle discriminazioni lo portava a non essere catalizzatore di consenso ampio. In modo quasi ridicolo vedo che sta usando frasi come amore, sorriso, addirittura arriva a citare Martin Luther King.

Sta cambiando comunicazione e questo grande inganno terminerà solo quando avanzerà l’alternativa politica dal basso che attualmente non c’è. C’è una responsabilità politica che attualmente diventa storica.

Il vostro movimento DemA più che un polo, vuole essere una fucina di idee per ricostruire la sinistra. Perché ce n’è così bisogno?

Non ci consideriamo una forza di sinistra, ma da quando faccio politica ho provato a costruire sempre campi larghi che poi ci hanno consentito una prima volta di vincere le elezioni al Parlamento europeo e poi nel 2011 di vincere a Napoli.

Ma anche se mi sono sempre considerato di sinistra, non voglio infilarmi in un cuneo. La nostra idea è quella di far confluire in un movimento largo tante esperienze: reti civiche, movimenti, esperienze di governo del territorio.

Un luogo che metta insieme quelle esperienze credibili di alternativa che lavorano e lottano contro mafia e corruzioni non solo a parole, ma che abbiano davvero anche la capacità e affidabilità di governo.

Siamo, sì, una sinistra che non c’è, ma ci rivolgiamo anche a elettori e elettrici del Movimento 5 Stelle e Pd delusi o sostenitori di forze moderate che si rendono conto che Salvini sta minando la coesione sociale del paese. Abbiamo detto no solo ai fascisti e ai razzisti, quindi con la Lega non potremmo fare nessun contratto o accordo.

L’opposizione alla Lega è dichiarata. Come magistrato cosa salverebbe del Decreto Sicurezza?

Salvo molto poco: la possibilità per i Comuni di assumere poliziotti municipali, che è una risposta positiva a una richiesta dei sindaci e dell’Anci. È l’unico segnale concreto a questa “sicurezza”. Ma sull’impianto generale la valutazione che faccio è assolutamente negativa. Tutta la parte sull’immigrazione è estremamente pericolosa e va ad aumentare l’insicurezza. Paradossalmente va a rafforzare proprio quelle situazioni che Salvini dice di voler contrastare.

La questione ad oggi percepita in Italia è soprattutto la concentrazione di immigrati in determinati luoghi o determinati quartieri: i centri di assistenza straordinaria. Con questo decreto si colpiscono proprio gli Sprar, dove c’è un’integrazione che funziona, perché diffusa e spalmata sul tutto territorio nazionale. Gli Sprar scaricavano una quota minima in ogni città e rendevano l’integrazione possibile.

Vengono mortificate tante persone qualificate, come mediatori sociali e culturali. Non sono stati tutti santi, qualcuno ha lucrato sulla pelle dei migranti ma quello fa parte dei problemi del mondo del lavoro in genere, bisogna contrastare le sacche di illegalità, non abbattere un modello.

Quali saranno le prime conseguenze del Decreto sicurezza quindi secondo lei?

Si concentrano le persone solo in determinati punti e si riduce la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno. Questo produce illegalità: le persone tenderanno a sfuggire e andranno nella clandestinità e nell’oscurità e diventeranno soprattutto preda delle grandi organizzazioni criminali. Noi avremo quindi una diminuzione dell’integrazione e non ci saranno i numeri di rimpatrio promessi, perché le persone finiranno proprio nell’invisibilità.

Continua un’attività di propaganda col rischio che da qui a qualche mese avremo scaricato sui Comuni tutto il tema. Le faccio l’esempio di Napoli: ora senza Sprar i rifugiati sono concentrati in tre grandi alberghi. È un grave fatto, sono depositati come sacchi di patate. È normale che diventino degli auto ghetti così. Chi spaccia, chi fa l’elemosina. La sensazione che si ha è che si vuole continuare a scaricare sui territori per questo problema.

Questo cosa comporterà a livello sociale?

Ci sarà un aumento del rancore. E questo è un problema di cui nessuno parla. E diventerà come in Francia nelle banlieues: si rischia una ribellione dettata dalla rabbia. Vedo una tendenza a punire i deboli: come se la nostra infelicità, i nostri problemi derivassero da chi fa l’elemosina, da chi non ha un tetto, da un migrante. Questa cosa sta provocando un clima dove se tu marginalizzi la povertà invece di cercare di eliminarla, prima o poi queste povertà esplodono!! É una bomba sociale.

Rimanendo sul tema migrazioni, a Napoli avete sempre proclamato “porto aperto”. Sarebbe lo stesso a livello nazionale? É fattibile?

Penso che l’integrazione sia ancora più forte se partecipano tutti. Perché l’Italia si è trovata così esposta con alcuni luoghi come Lampedusa? Perché l’Europa non ha fatto la sua parte. Il governo non ha bloccato solo tutte le esperienze di accoglienza diffusa, ma anche tutte le iniziative di ribellione a ciò che non funziona. Qua veniamo anche alla seconda parte del Decreto sicurezza: dove c’è una forte restrizione delle libertà civili.

Si vedono segnali di dove vuole andare questo Governo: questo Governo sta creando uno Stato sempre più autoritario: crescerà il dissenso e l’opposizione sociale e loro interverranno con la repressione e con restrizione libertà civili. I manganelli e gli sgomberi tanto cari a Salvini. Una torsione autoritaria che vedrà i suoi risultati tra qualche tempo.

Ha nominato esempi territoriali virtuosi: nel vostro movimento c’è spazio per Mimmo Lucano?

Siamo amici da anni, da molto prima che Mimmo vivesse questa situazione assurda dell’arresto. Gli voglio un bene dell’anima a Mimmo. Credo che sia un modello di umanità, di calabrese e di lotta all’illegalità. Mimmo Lucano è il movimento stesso. Abbiamo le stesse idee e ideali. Nel nostro movimento vogliamo mettere storie, testimonianze, persone credibili. E lui è uno di questi. Un esempio di lotta individuale importantissimo. Poi ci sono le lotte collettive.

Anche Potere al Popolo ha basato la sua campagna elettorale parteggiando per tutte le lotte collettive come No Tav , No Muos, No Tap. Perché creare un altro movimento diverso?

Sì, è vero. E noi condividiamo moltissimo con Potere al Popolo (qui l’intervista di TPI alla portavoce di PaP, Viola Carofalo), tra l’altro esperienza che nasce proprio a Napoli. Ma devo dire che restano di nicchia: non hanno ancora la spinta per governare, una leadership che possa funzionare. Noi vogliamo rompere il sistema ma non rimanere marginali: serve anche capacità di governo. Io sto dando la disponibilità a guidare questa rete di movimenti.

Lei ha detto che i Cinque Stelle hanno tradito la sinistra. Si può fare politica senza scendere a compromessi?

Con i Cinque Stelle bisogna aumentare le ragioni di dialogo, perché credo che tra i dirigenti, ma ancora tra i militanti ci sia tanta gente contraria all’abbraccio mortale con Salvini. Dire “mai governeremo con la Lega” e poi farlo è proprio un tradimento morale. I Cinque Stelle possono dire di essere nuovi e dovrebbero stare attenti a non bruciarsi del tutto.

Due vostri punti forti: beni comuni e beni confiscati alla criminalità organizzata. Come ridare alla comunità e togliere alla criminalità?

A Napoli siamo l’unica città che ha fatto delle grandi cose per i beni comuni. Facendo le delibere, facendole proprio insieme alle comunità di cittadini. I luoghi della città diventano fruizione collettiva, autogestiti, autogovernati. Si decide insieme all’amministrazione. Prima erano luoghi dell’abbandono, del degrado. Prima c’era solo povertà, oggi sono luoghi ricchi di cultura e socialità. Questo significa fare la democrazia partecipativa. Che non è solo ascolto, come pensa qualcuno, ma è proprio far scegliere attivamente gli abitanti.

Qualche esempio riuscito: l’ex asilo Filangieri con un collettivo che ha inizialmente occupato quella zona, poi  è diventato un luogo controllato, di liberazione. Con le delibera abbiamo dimostrato che i luoghi occupati sono da tutelare. Esperienze da consolidare e difendere. Anche contro un governo che pensa che questi siano luoghi da sgomberare con la ruspa. Dove c’era una discarica, c’è una piazza. Lo Scugnizzo Liberato, l’Ex Opg… Abbiamo salvato circa 20 posti. Se questo avvenisse in tutta Italia, i cittadini si ri-innamorerebbero dei loro quartieri!

Questa è la dimostrazione che la lotta per la sicurezza la fai eliminando il degrado, non punendo la povertà. Da noi sgomberi non se ne fanno, Salvini ci deve solo provare! Ma rischiamo però di diventare una roccaforte assediata e questo non va bene.

Volete ripartire dalle città. Non è uno slogan un po’ anni Novanta?

Ci credo molto: non solo qui, ma in Europa. Nelle città c’è la pulsione della vita quotidiana, c’è meno distanza tra sindaci e abitanti… È vero, l’Anci ci ha già provato negli anni Novanta ma l’Anci è un luogo politico. Io penso invece di consolidare i legami anche direttamente tra città. L’uguaglianza attraverso le città. Chiamiamolo neo-municipalismo, se si vuole.

Anche Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, fuoriuscito dai Cinque Stelle, vuole ricominciare dalle città. Lo includerete nel vostro movimento?

Potremo aprirgli le porte. Ho avuto già modo di parlarci. Anche con idee politiche differenti, ma abbiamo punti in comuni su cui confluire. Mi auguro che anche loro vogliano puntare al campo largo, e ci saranno tutte le condizioni per parlare.

Parliamo d’Europa: prima di tutto se siete contro l’idea attuale di Unione europea, allora qual è la vostra Europa?

Siamo sia contro l’Europa oligarchica dell’austerity e tecnocratica sia contro nazionalismi, sovranismi e populismi di destra. Siamo all’interno dell’Europa, ma della terza Europa, quella che ancora non c’é.  È quella del diritto dei popoli, dell’uguaglianza e della solidarietà.

A quali movimenti europei vi sentirete vicini. E cosa farete per le elezioni europee 2019?

Ho rapporti molto stretti con molti movimenti. Con Ada Colau, la sindaca di Barcellona, per esempio, e con la sua lista, Barcelona in Comun. C’è un’intesa molto stretta anche con Podemos: alla nostra prima assemblea sono venuti tre loro militanti. Ci uniremo anche a Yanis Varoufakis e Diem25.

Questo va nella direzione di un movimento trans-europeo. Adesso abbiamo avuto una prima risposta, ci sono le condizioni per lanciare il movimento. Ci muoviamo per provare a candidarci per le elezioni di maggio 2019. Se ci saranno le condizioni e l’entusiasmo, sicuramente porteremo avanti questo sogno.

Chi vorrebbe in squadra? Ha detto Mimmo Lucano in prima linea. Pizzarotti ha la porta aperta… E chi si è staccato dal Pd? Cosa risponderebbe a Renzi per esempio?

Renzi e il renzismo li combatto fin dall’inizio, quando lo ossequiavano tutti e aveva il 42 per cento. Siamo completamente agli antipodi. Non c’è nessun punto di contatto. E così vale per il Pd. Se è il Pd che ha portato alla nascita del governo più nero della Repubblica è un grande no! Parlando delle primarie. Lo stesso Zingaretti che sembra presentarsi come grande novità è invece circondato da tutto un mondo che ha le radici nella politica vecchia.

Quali sono secondo lei le gambe della sinistra?

Le cose che si possono fare concrete e che abbiamo fatto in una delle città più difficili del mondo. La sinistra ha tante gambe, non solo due.

Uno: non privatizzare nessun servizio di rilevanza costituzionale. Un governo che non cede i gioielli, i beni comuni, i servizi, a cominciare dall’acqua. Napoli è l’unica città che ha rispettato il referendum sull’acqua pubblica. Due: lotta alle mafie, la questione morale è ancora l’emergenza del nostro paese. Tre, direi l’ambiente: grande battaglia è la difesa dei territori e della terre.

Poi la redistribuzione delle ricchezze, che non significa reddito di cittadinanza: quello è solo un pagliativo che riporta alla politica del dopoguerra. Avremmo bisogno di investimenti importanti. La sinistra deve dire no alle grandi opere. Serve invece prima una messa in sicurezza delle piccole opere.

E poi la rinascita di un popolo attraverso la cultura. Questa è la sinistra. Non tanto dirlo, ma fare cose di sinistra, come si fa nelle città.

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