Dagli alberi all’energia pulita: la politica si ricorda del clima solo in campagna elettorale
La politica si ricorda del clima solo in campagna elettorale
Con la promessa di piantare “almeno un milione di alberi su tutto il territorio nazionale”, la settimana scorsa il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ha dato il via alla campagna elettorale per le elezioni politiche che sarà incentrata, per forza di cose, anche sulla lotta al cambiamento climatico.
La promessa del Cavaliere, da sempre attento ai sondaggi e alla “pancia” del Paese, non è casuale: secondo un recente sondaggio Ipsos, infatti, l’ambiente è uno dei temi principali a cui guardano gli elettori in vista delle elezioni subito dopo lavoro e caro prezzi, lotta alla corruzione e sicurezza.
L’impressione, però, è che la politica, aldilà degli slogan, non avverta l’urgenza di porre la lotta al cambiamento climatico come tema principale di questa campagna elettorale.
Secondo gli scienziati intervenuti al secondo meeting europeo dei Fridays for Future, in programma a Torino fino al 29 luglio, la crisi climatica sarà irreversibile se non interveniamo entro 7 anni. Meeting, tanto per intenderci, totalmente snobbato dalla politica.
E d’altronde sono i fatti a dimostrare che si è arrivati al punto di non ritorno: le temperature continuano ad aumentare a livelli record, la siccità imperversa da mesi con il fiume più importante d’Italia, il Po, che ormai è in secca da settimane mettendo a rischio l’agricoltura.
Senza dimenticare gli incendi che devastano i nostri boschi e i ghiacciai che si sciolgono mettendo a rischio la vita delle persone come nel caso del crollo del seracco sulla Marmolada.
Non meno importante è la dipendenza del nostro Paese dagli idrocarburi, che potrebbe costarci cara quest’inverno in seguito agli effetti della guerra della Russia all’Ucraina.
E la politica, aldilà dei manifesti elettorali e le campagne social per attirare voti, che cosa fa? Poco o nulla. È questa l’amara realtà.
Lo sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che, attraverso le parole di Hans Henri P. Kluge, direttore dell’Oms Europa, ha esortato i governi a “fare di più” nella lotta al cambiamento climatico.
“Gli eventi di questa settimana evidenziano ancora una volta la necessità di un’azione congiunta in Europa per affrontare in modo efficace il cambiamento climatico, la crisi globale del nostro tempo che sta minacciando la salute delle persone e l’esistenza stessa dell’umanità”.
“Perché ciò accada, i governi devono dimostrare volontà politica e leadership autentica nel realizzare gli accordi di Parigi sul cambiamento climatico, con spirito di collaborazione anziché divisioni e vuota retorica”.
Rivolgendosi ai leader di oltre 40 Paesi in occasione del Petersberg Climate Dialogue di Berlino della settimana scorsa, invece, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato: “Abbiamo una scelta. L’azione collettiva o il suicidio collettivo. Dipende da noi”.
E proprio l’Onu lo scorso aprile ha pubblicato un rapporto secondo cui il principale ostacolo alla lotta contro il riscaldamento globale è proprio la politica.
Pur sottolineando i progressi fatti da alcuni Paesi nella lotta al cambiamento climatico, nel rapporto si sottolinea come la politica sia il principale ostacolo al raggiungimento degli obiettivi prefissati, tra cui la diminuzione del 43% delle emissioni entro il 2030. Quella politica che troppo spesso si occupa di come narrare i problemi invece di risolverli.