Vaccini a rilento in Lombardia, Fondazione Einaudi a TPI: “Situazione incredibile, intervenga il Governo”
Il Presidente delle Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto, analizza i dati della Lombardia in un'intervista a TPI: "L'allarme è giustificato e le parole di Gallera sono difficili da capire. Il problema è anche nazionale ed europeo. Bisognerebbe utilizzare l'esercito e le farmacie per inoculare le dosi"
La vaccinazione contro il Covid in Lombardia procede a dir poco a rilento, mentre montano le polemiche. Persino la Lega ha preso le distanze dall’assessore Giulio Gallera dopo le sue ultime dichiarazioni sui ritardi (“non faccio rientrare il personale medico in servizio per un vaccino nei giorni di festa”). TPI ha chiesto un parere sulla situazione della Lombardia a Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi.
I dati sono in continuo aggiornamento sul portale istituito dal Governo, per cui cambieranno mentre ne parliamo. Ragionando sui dati di ieri sera, la Lombardia è sicuramente indietro sia come numeri assoluti, che in rapporto alla sua popolazione. Per questo motivo mi è sembrata molto fuori luogo la dichiarazione dell’assessore alla Sanità, che abbiamo commentato con un tweet. Ma come si fa a dire che per un vaccino non si fa rientrare il personale dalle ferie? È veramente una cosa incredibile: in una situazione come questa i vaccini vanno fatti h24, sabato e domenica compresi! Ci rendiamo conto che è l’unico modo per fermare questa strage? Il numero di morti giorno per giorno è impressionante. Parliamoci chiaro: non essendoci altri mezzi, dobbiamo concentrare tutti gli sforzi sul vaccino.
Come lei sa, la Fondazione non si occupa degli equilibri politici, che è una questione che spetta ai partiti. Però rileviamo i dati su una battaglia che è soprattutto di tipo culturale, in nome della trasparenza e della conoscenza, fedeli al motto “conoscere per deliberare”: il cittadino, per farsi un’idea su quello che sta succedendo, deve avere accesso ai dati. Per questo abbiamo chiesto che venissero pubblicati e va riconosciuto al Governo di aver fatto ciò che doveva sul punto. Adesso che i dati ci sono, possiamo commentarli: a noi paiono veramente molto preoccupanti.
Basta un semplice calcolo. Per l’immunità di gregge si deve vaccinare almeno il 70% degli italiani, come dicono sia gli scienziati che il Governo. Facciamo conto che basti solo il 50%, circa 30 milioni di persone, quindi ci servono 60 milioni di dosi, perché come noto ogni persona va inoculata due volte. Per farlo entro i dieci mesi inizialmente ipotizzati dal Governo, ci vorrebbero 200.000 vaccinazioni al giorno da qui fino al 30 ottobre. Ebbene, a oggi non arriviamo a 200.000 nemmeno in una settimana piena! E questi ritardi poi andranno smaltiti, aumentando ulteriormente il numero delle inoculazioni quotidiane. Di fronte a numeri del genere, come fa l’assessore di una Regione importante come la Lombardia a dire che non richiama dalle ferie gli operatori per fare i vaccini? Questo è veramente incomprensibile!
Certo, ma guardi che questo è un dato nazionale. Non comprendiamo come mai il Governo non abbia avocato a sé la gestione dei vaccini, come invece ha giustamente fatto sulla gestione della pandemia. Come è successo in altri Paesi, tipo Israele e Germania, ci si poteva rivolgere all’esercito. Questa è l’emergenza più grave che si sia verificata nell’arco della nostra vita e probabilmente anche degli ultimi secoli: e allora che cosa stiamo a guardare? Il problema delle ferie? Mi sembra veramente una cosa incredibile, ma ripeto che non voglio polemizzare con l’assessore al Welfare della Lombardia: il tema è di carattere nazionale e, se mi consente, anche europeo.
Se anche noi dessimo le dosi adeguate, ma la Francia no, il problema non si risolve, come facilmente comprensibile. L’Europa ha fatto benissimo a coordinare il tutto, con la partenza delle vaccinazioni nello stesso giorno, ma se in Francia le vaccinazioni sono solo poche centinaia perché i No Vax hanno un peso rilevante, allora abbiamo un problema da risolvere: da questa situazione o ne usciamo tutti assieme o non ne usciamo affatto.
Gli chiederemo di commentare periodicamente questi dati dal suo punto di vista di scienziato, mentre come vede io li analizzo da un punto di vista sociale. Non lo farà quotidianamente, in quanto credo che da oggi anche lui sia impegnato con le vaccinazioni al San Raffaele, ma con una certa regolarità. Sempre da oggi diamo il via a un’altra iniziativa per noi decisiva: chiediamo al Governo di coinvolgere i privati (e in particolare le farmacie) nella inoculazione del vaccino. Nelle farmacie già si fanno i tamponi e impiegando lo stesso tempo si può fare anche il vaccino.
L’altro tema sul quale interverremo è la gratuità: vogliamo il vaccino gratis e per tutti, ma nel contempo dobbiamo anche permettere a chi volesse comprarlo di poterlo fare. Non è vero che così si tolgono dosi alla distribuzione gratuita: anzi, per ogni vaccino acquistato, lo Stato risparmia e ne può fare altri quattro per chi non può permetterselo. Questo servirebbe anche ad accelerare il consumo di vaccini che vanno conservati a condizioni molto stringenti per non diventare inefficaci, il che sarebbe un vero e proprio crimine.
Prima ancora dell’approvvigionamento di nuove dosi, bisogna preoccuparsi del sistema di conservazione e distribuzione delle dosi che abbiamo. Se invece siamo qui a discutere delle ferie del personale e del fatto che non siamo organizzati per inoculare le dosi, con che credibilità possiamo chiedere all’Europa altri vaccini?
Ah, ormai di questo problema non ne parliamo nemmeno più… Ci siamo arresi. Un mese e mezzo fa abbiamo scritto una lettera al Governo per avere un riscontro sul piano vaccinale, visto che appunto i vaccini per l’influenza ancora non c’erano. Come ricorderà, qualche giorno dopo il ministro della Sanità è andato a riferire in Parlamento e ha detto che era tutto a posto, spiegando le modalità di distribuzione del vaccino per il Covid-19. I problemi su quello per l’influenza ci avevano allarmato e purtroppo siamo stati facili profeti, come si vede in questi giorni.
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