Lollobrigida e la “razza”: “Parola inclusa nella Costituzione, sono per cambiarla”
“La razza è prevista dalla Costituzione: quando afferma che non ci deve essere distinzione di razza, afferma anche l’esistenza della razza. Sarei anche per togliere quella parola dalla Costituzione, e voterei per l’abolirla se l’accezione che viene data implica un elemento negativo”: il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, intervistato da Nicola Porro a Quarta Repubblica ieri su Rete4, torna sulla polemica circa la sua dichiarazione sulla esistenza di una etnia italiana.
Il suo riferimento è all’articolo 3 della Carta fondamentale dello Stato. “La critica – aggiunge – oggettivamente trova poche ragioni. Che esistano gli italiani e che gli italiani siano una etnia è difficile da smentire”. Il componente dell’esecutivo Meloni era stato criticato duramente per la sua uscita agli Stati generali della natalità la scorsa settimana. “Credo che sia evidente a tutti – disse – che non esiste una razza italiana. È un falso problema immaginare un concetto di questa natura. Esiste però una cultura, un’etnia italiana, quella che la Treccani definisce raggruppamento linguistico culturale, che immagino che in questo convegno si tenda a tutelare. Perché sennò non avrebbe senso”.
Già nel ’47 furono sollevati dubbi sull’opportunità di utilizzare la parola “razza” nella Costituzione, termine che non era presente nello Statuto albertino e che fu introdotto per la prima volta negli atti ufficiali in Italia dal regime fascista. L’allora deputato Cingolani presentò un emendamento spiegando: “Al primo comma, sostituire alla parola ‘razza’, la parola ‘stirpe’ per un atto di doverosa cortesia verso le comunità israelitiche italiane”.
In questo modo, il dibattito si allargava fino a comprendere la tragedia della deportazione degli ebrei e del loro sterminio. A Cingolani rispose il costituente Laconi: “Noi non possiamo accettare questa proposta (…) perché in questa parte dell’articolo vi è un preciso riferimento a qualche cosa che è realmente accaduto in Italia, al fatto cioè che determinati principi razziali sono stati impiegati come strumento di politica ed hanno fornito un criterio di discriminazione degli italiani (…) Per questa ragione, e cioè per il fatto che questo richiamo alla razza costituisce un richiamo ad un fatto storico realmente avvenuto e che noi vogliamo condannare, oggi in Italia, riteniamo che la parola “razza” debba essere mantenuta”.