Referendum, Liliana Segre vota No: “Il Parlamento è l’espressione più alta della democrazia”
Referendum sul taglio dei parlamentari, Liliana Segre vota no
Al referendum sul taglio dei parlamentari Liliana Segre vota No. “Mi pare che la questione venga un po’ troppo drammatizzata. Ci sono buone ragioni sia per il Sì sia per il No. Io alla fine mi sono orientata per il No soprattutto in coerenza con il mio atteggiamento generale verso il Parlamento. Sono entrata al Senato in punta di piedi, onorata e sorpresa della scelta del Presidente Mattarella che, come ho sottolineato più volte, ha un profondo valore simbolico e trascende la mia persona. Sono entrata come si entra in un tempio perché il Parlamento è l’espressione più alta della democrazia. Quindi sentir parlare di questa istituzione che fa parte della mia religione civile come se tutto si riducesse a costi e poltrone, è qualcosa che proprio non mi appartiene”, con queste parole la senatrice a vita, sopravvissuta all’Olocausto, annuncia la sua scelta di voto per il referendum in un’intervista a Repubblica.
Liliana Segre ha annunciato anche che non parlerà mai più in pubblico della sua esperienza da deportata nel campo di sterminio nazista di Auschwitz. “Continuerò a parlare in pubblico, se ne avrò le forze, ma non ripeterò più la mia testimonianza. La mia vita è caratterizzata da fasi e da tempo sentivo che questa fase, durata circa 30 anni, doveva finire”, dice la senatrice.
“Nessuno che non abbia vissuto quello che abbiamo vissuto noi può capire quanto sia costato ai sopravvissuti – quei pochi che l’hanno fatto – iniziare a raccontare e poi rievocare ancora e ancora quel passato – aggiunge Liliana Segre -. Da fuori forse si avverte solo la fatica di ripetere sempre la stessa vicenda, ma è altro, è un logoramento psichico difficile da spiegare, da un lato c’è nel testimone la necessità liberatoria del dovere compiuto, ma dall’altro lato c’è il rischio costante dello sdoppiamento. C’è una Liliana di oggi, che ogni volta ricordando i fatti guarda con pena infinita la Liliana di allora, come una nonna guarda una nipotina cara, e la obbliga a ripiombare in quell’orrore, reprimendo come faceva allora l’urlo che le cova dentro. Raggiunti ormai i 90 anni, devo rassegnarmi a rispettare i limiti della mia fragilità. Anche se il debito morale che ogni sopravvissuto alla Shoah prova verso coloro che non sono tornati per raccontare è inestinguibile”.
Nel corso dell’intervista, Liliana Segre ha commentato anche la ripartenza delle scuole: “Credo che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni della ministra Lucia Azzolina, che in questa emergenza ha dovuto esercitare l’arte della quadratura del cerchio. È importantissimo che la scuola ricominci. Io seguo ciò che succede nel mondo della scuola con particolare partecipazione perché sento un legame molto forte. Sia per essere stata privata da bambina della formazione, del contatto umano, della crescita emotiva e culturale da condividere con le mie compagne e i miei insegnanti, sia per avere trovato nella scuola cinquant’anni dopo, da testimone della storia, il luogo in cui potevo esercitare la mia missione. Adesso la riapertura in presenza è una nuova sfida. Per quanto si possa investire in organizzazione, personale, attrezzature, procedure di sicurezza, penso che saranno la saggezza e la responsabilità dei giovani a fare la differenza”.
Infine la senatrice ribadisce il suo sostegno al governo Conte: “Senza dubbio non tutto è andato bene, vi sono stati ritardi e sbagli. Ma come ho detto siamo di fronte a qualcosa di sconosciuto e che nessuno sa esattamente come affrontare, per cui è inevitabile che tanto gli scienziati quanto i governi procedano per tentativi ed errori. Mi pare che, guardando con obiettività a quello che è avvenuto in giro per il mondo, si possa dire che il governo italiano ha gestito la situazione meglio di altri. Perciò non solo non sono pentita, ma semmai ho il rammarico di non avere potuto rinnovare il mio sostegno in questi mesi: ho avuto qualche problema di salute ed i medici mi hanno messa a riposo per cui non ho più potuto andare in Senato”.