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Home » Politica

“Genitori, questo siamo”: la lettera a Salvini della mamma che ha sconfitto il suo decreto

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“Padre e madre sono le parole più belle del mondo. Sono d’accordissimo con lei, ma non rappresentano noi e la nostra situazione familiare”: in una lettera a Matteo Salvini da Sonia, una delle due mamme della coppia omosessuale che ieri si è vista riconoscere dal tribunale di Roma il diritto di essere identificata come “genitore” sui documenti d’identità della propria figlia. La donna è la madre biologica di una bambina concepita in Grecia con la fecondazione artificiale e nata in Italia. “Sono figlia di un padre e di una madre che mi amano infinitamente, ma la mia bambina ha due mamme che l’hanno desiderata, la amano e si prendono cura di lei tutti i giorni, esattamente come hanno fatto i miei genitori con me. Genitori, questo siamo”, scrive la donna.

“Genitori – prosegue – agli occhi di nostra figlia che dice con orgoglio e sicurezza a tutti che ha due mamme. Genitori nella vita quotidiana in cui entrambe abbiamo gli stessi diritti, ma anche gli stessi doveri nei suoi confronti”. Specifica che anche la sua compagna è legalmente la madre della figlia: “Cosa ci sia di discriminante nella parola genitori, anziché padre e madre, nel chiedere che venga rispettata la nostra identità personale e familiare, questo proprio non riesco a comprenderlo, mi perdoni”. Sonia si è rivolta a Salvini perché è del leader della Lega il decreto in vigore dal 31 gennaio 2019 che impone la dicitura “padre” e “madre”.

Salvini lo firmò quando era ministro dell’Interno. Ieri in un tweet l’attuale titolare del dicastero delle Infrastrutture ha accolto con queste parole la sentenza: “Usare sulla carta d’identità le parole PADRE e MADRE (le parole più belle del mondo) secondo il Tribunale Civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali, da qui la decisione di sostituirle con la più neutra parola “genitore”. Illegali o discriminanti le parole MAMMA e PAPÀ? Non ho parole, ma davvero”. “Non riesco a comprendere – scrive ancora Sonia – come la nostra legittima richiesta minacci la ‘famiglia tradizionale’, quella con cui tutti i giorni interagiamo dentro e fuori la scuola di nostra figlia, rapportandoci serenamente, oserei dire ‘normalmente’. Non capisco, ma sarà sicuramente un mio limite, come il fatto di chiedere che vengano difesi i nostri diritti voglia dire compromettere quelli della famiglia tradizionale”.

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