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“Stimo Letta, ma le correnti hanno distrutto il Pd: mi sono astenuta in assemblea per dare un segnale”

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Ilaria Cinieri è tra i quattro delegati che si sono astenuti sul voto per Letta segretario del Pd. A TPI spiega le ragioni della sua scelta: "Letta è un pezzo da novanta, ma c'è da riformare un partito. Le donne? Quello di genere è un falso problema, non siamo dei panda. Andiamo oltre: il vero tema è la valorizzazione delle risorse"

In una votazione “bulgara”, che ha visto l’elezione di Letta a segretario con 860 sì, è stata tra i 4 delegati che si sono astenuti (due invece i voti contrari). “Ma non l’ho fatto per dissenso nei confronti del segretario, bensì per lanciare un messaggio al partito”. Ilaria Cinieri, tarantina di 38 anni, psicoterapeuta, eletta con Zingaretti e membro del neonato coordinamento provinciale dell’iniziativa politica e progettuale, spiega a TPI le ragioni della sua scelta, in contrasto con quella della quasi totalità dell’assemblea.

Ha assunto una posizione, quella dell’astensione, del tutto minoritaria. Come mai?

La mia è stata una scelta travagliatissima, ma avevo bisogno di lasciare un messaggio. Non a Letta, che considero un pezzo da novanta per calibro, profilo politico e temperamento, ma al partito, che dopo 15 anni è ancora tutto da riformare. Ha uno statuto meraviglioso, con dei valori preziosissimi, che però spesso si smarriscono nella realtà delle cose da fare.

Si sarebbe quindi astenuta con qualsiasi candidato alla segreteria, se questa è la sua linea.

Non è detto, c’è anche l’opzione del voto contrario.

La quasi unanimità che invece si è manifestata la preoccupa? Può mettere sotto il tappeto i problemi del partito di cui parlava?

Non direi. Accolgo con stupore e curiosità questa unanimità, perché ci affacciamo alla sfida del superamento delle correnti e da questo punto di vista può rappresentare un buon segnale. Affinché non resti un’unanimità di facciata, però, c’è da mettersi al lavoro soprattutto nei territori. Bisogna prendere anima e cacciavite come ha detto Letta. Una metafora fantastica, che ricalca il concetto della manutenzione: siamo poco abituati a curare idee, progetti e soprattutto relazioni, la vera sfida di questa fase.

Si fida della sincerità di Base Riformista? C’è chi già avanza dubbi in proposito e prefigura un “picconamento” nei confronti di Letta analogo a quello andato in scena con Zingaretti.

Anche qui ci sono le ragioni della mia astensione. Io sono sempre stata nel Pd da quando ho fatto politica, ma con fatica, e il partito non ha la mia piena fiducia. Qui a Taranto le correnti ci hanno devastati. Però un segnale di cambiamento e di lealtà c’è, e viene proprio da Zingaretti e Letta, persone capaci di andare oltre il personale. Il primo ha giustamente detto di vergognarsi del partito, ma continua ad essere collaborativo. Letta ha lasciato i suoi incarichi e lo ha fatto per lo stesso partito che non ha esitato a farlo crollare dalla presidenza del Consiglio.

Ma il problema sono le correnti di per sé o le correnti renziane o ex renziane, quelle che fecero cadere Letta a suo tempo e che hanno sfibrato Zingaretti? C’è ancora l’ombra di Renzi sul Pd?

Non sono per la caccia all’uomo. Credo che Renzi sia un sintomo del problema generale, quello della democrazia all’interno del partito. Letta ha chiesto radicalità nel metodo. Vedo una determinazione che prima non c’era, per andare oltre certe dinamiche oscure. Il partito deve lavorare alla luce del sole.

È davvero possibile un superamento dei personalismi e degli egoismi attraverso la linea “inclusiva” tracciata da Letta, pronto a dialogare sia coi 5 Stelle che con Renzi e il centrismo, in un campo di gioco largo e soprattutto composto da personaggi che tra loro non si sopportano?

Se parliamo di posizionamenti politici, io credo che sia necessario tornare a radicarsi di più a sinistra. Parliamo da 15 anni di categorie fragili, lavoratori, immigrati. Ora per cortesia mettiamoci al lavoro, col faro dell’Europa. Nessuno di noi è tutto buono o cattivo: la vera sfida è collaborare.

Ma vede possibile un ritorno di Renzi?

Tutto è possibile, ma considerato il suo narcisismo lo vedo difficile.

Letta ha detto: “Se ci sono io e non una donna, vuol dire che abbiamo un problema”. Sappiamo che c’è un dibattito acceso nel Pd sul tema di genere, innescato dalla designazione dei ministri del governo Draghi. 

Io vorrei andare oltre. Non siamo dei panda, qui c’è un problema molto più grande di valorizzazione delle risorse. Non voglio stare sul tema del “femminile”: ieri alla presidenza del tavolo c’erano tre d0nne, che non sono tre vallette, ma persone determinate, che sanno lavorare. Direi piuttosto che dobbiamo fare uno sforzo di coesione per fronteggiare il tema del “maschile”, ma inteso in senso più ampio: non come questione di genere, ma di metodo.

Come è stata accolta da parte degli altri delegati a lei più vicini questa sua scelta sull’astensione? Sperava in una scelta analoga anche da parte di altri delegati? Si è sentita isolata nel dare questo segnale?

In realtà se ci fossero stati 200-300 astenuti, la mia personale astensione sarebbe passata più in sordina.

Però forse sarebbe arrivato più chiaro il messaggio.

Per me era comunque fondamentale questo momento di espressione unitaria verso il segretario, quindi benissimo così. Non so se il partito avrebbe potuto ambire a qualcosa di meglio di Letta.

Ci dice due cose che dovrebbe fare Letta per ristrutturare il Pd, così da non doversene vergognare tra un anno.

Io credo da sempre nel valore dei circoli aperti, che sono delle finestre sul territorio, un incredibile presidio di vita. Questo modello, di un circolo vivo e democratico dove si dibatte, al momento purtroppo non è la regola, ma l’eccezione. Inoltre, insisterei sul lavoro di relazione: dobbiamo educarci a lavorare e collaborare per superare dinamiche a volte anche “sporche”.

Qual è il suo legame con Zingaretti, con cui è stata eletta?

Zingaretti mi ha riavvicinato al Pd in un momento in cui si era rotto il mio legame col partito. L’ho sentito mio, come segretario.

C’è rimasta male quindi per le dimissioni?

Le ho capite e accettate, anche se mi ha lasciata col magone. Ha però detto parole potenti, disvelando qualcosa che prima era considerato un tabù, discusso solo all’interno, senza che ciò si tramutasse in un lavoro profondo sulle dinamiche del partito. E l’ha fatto con coraggio e compostezza. La vergogna di cui ha parlato è un sentimento come altri, importante da tirare fuori.

Con Letta si sente rassicurata sulla continuità di linea politica?

Direi proprio di sì, non mi sento per nulla inquieta rispetto al segretario.

Lei è nata e vissuta a Taranto: come si è comportato il Pd sulla questione Ilva, e come si dovrebbe comportare da adesso in poi?

Negli ultimi mesi il Pd è riuscito finalmente a sostenere il nostro sindaco Rinaldo Melucci nelle azioni forti e impattanti che ha messo in campo per la tutela della salute. Per molto tempo il sindaco non si è sentito tutelato, rassicurato su un lavoro di squadra di un partito che ascoltasse le istanze del territorio. La questione Ilva a Taranto è solo la punta dell’iceberg. Se però c’è la capacità di ascoltare, la verità viene fuori. Ora bisogna recuperare il tempo perduto, a livello pratico e umano, per ricostruire un rapporto di fiducia col territorio.

Leggi anche: Le prossime mosse di Letta per il Pd. E con Draghi “parlo io”

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