Quando la Lega era europeista e anti-sovranista
“Più lontani da Roma, più vicini all’Europa”, “Lombardia in Europa da sempre”, “Le Pen è fascista come i partiti di Roma”, “Milano fascista mai”. Non si tratta degli slogan di qualche forza liberal democratica attuale, bensì dei manifesti della Lega Nord degli anni Novanta e primi anni Duemila.
Può sorprendere specialmente i più giovani, ma la Lega (quando ancora aveva il punto cardinale “Nord” nel nome), negli anni Novanta era un partito del tutto diverso da quello guidato oggi da Salvini. Le battaglie politiche più importanti erano il federalismo fiscale (o la secessione, a seconda della fase storica), la riduzione della spesa pubblica, il sostegno al progetto europeo e la contrarietà a centralismo politico di Roma. Anche il fenomeno dell’immigrazione veniva discusso in maniera diversa dai toni di oggi, con un’attenzione maggiore ai temi che riguardavano la spesa pubblica associata (in termini di welfare, sanità ecc..) piuttosto che la sicurezza.
Non solo, la prima Lega Nord lottava per promuovere il progetto europeo, lontano anni luce dal “sovranismo”, che veniva definito come un’ideologia del tutto anti-storica e inefficace a rispondere alle esigenze del tempo.
Il pensatore a capo dei manifesti politici della Lega era riconosciuto da tutti nel nome di Gianfranco Miglio, politologo, preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, e vero e proprio guru intellettuale del partito di Umberto Bossi, che ne rappresentava, invece, la leadership politica.
Miglio si occupò a lungo di individuare gli strumenti migliori per governare territori e società: l’accentramento statalista, diceva, avrebbe causato inefficienze e pericoli per i cittadini. L’ideologo della prima Lega, sosteneva che l’idea di difendere e sostenere lo “Stato- Nazione” fosse una scusa per fare la guerra, e che il patriottismo ne fosse la prima giustificazione intellettuale.
In uno dei suoi ultimi testi, “Oltre lo Stato-nazione: l’Europa delle città”, il politologo aveva già compreso che i confini, almeno come venivano intesi fino al secolo scorso, non sarebbero più esistiti. Questo è l’effetto della globalizzazione, quella che Salvini e la nuova Lega- Salvini Premier vogliono contrastare a colpi di istanze nazionalistiche e protezionistiche.
Nel programma elettorale della Lega Salvini delle ultime elezioni politiche, vengono inseriti passaggi come “l’Ue non è un organo che promuove pace e giustizia e quindi è illegittimo” (pag.7). “Chiediamo la sovranità economica”, e ancora “non si dovrebbero assecondare i progetti di “Stati Uniti d’Europa”.
Eppure qualche flebile voce di contrasto a questa nuova visione c’è ancora. Solo pochi giorni fa, l’eurodeputata Gianna Gancia, eletta nella Lega, ha pubblicato un tweet in cui rivendicava la necessità di sostenere il progetto degli Stati Uniti d’Europa. Una posizione del tutto contraria al programma di Salvini, che ha suscitato molte polemiche interne.
Le posizioni federaliste e liberali, e totalmente pro-euro come quella dell’onorevole Gancia non sono isolate. Nella galassia è presente anche Gianni Fava, ex Assessore della Giunta Maroni, e altri deputati e leader locali pro-Europa. C’è chi ritiene che Gancia possa lasciare il partito, e non si tratterebbe certo del primo caso. Da Giancarlo Pagliarini, federalista ed ex ministro, uscito dalla Lega nel 2007, a Vito Gnutti, anche lui ex ministro che fondò il movimento Autonomisti per l’Europa, fino a Davide Boni e Marco Reguzzoni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia ed ex capogruppo alla Camera, che hanno dato il via ad un nuovo partito che chiede l’istituzione delle macroregioni confederate in Europa.
Da “Più vicini all’europa, più lontani da Roma” all’esatto contrario, il passo Salviniano è stato breve. Il consenso elettorale ha premiato questa svolta, ma tra la Lega di Bruxelles e la Lega di Roma la frattura lascerà qualche ferita, anche elettorale.