La Lega non vota il decreto riaperture, gelo di Draghi: “Prendiamo atto, è un precedente grave”
Lo scontro sulla richiesta di slittamento dell’orario del coprifuoco si è trasformato ieri in una vera (piccola) crisi di governo che potrebbe avere risvolti inaspettati. Il primo è stato certamente l’esito della votazione sul Dl Covid: alla fine la Lega non ha votato il provvedimento proprio a causa dell’orario del coprifuoco e di alcune restrizioni ritenute dal Carroccio “illogiche”.
A raccontare il retroscena di un pomeriggio che si potrebbe definire imbarazzante è Repubblica. “Tutto accade molto in fretta, in Consiglio dei ministri. E anche un po’ a sorpresa, visto quanto succede poco prima nel corso della ristretta tra il premier e i capi delegazione. Draghi ascolta le ragioni contrapposte dei leghisti e di Roberto Speranza. Il ministro della Salute ricorda che il coprifuoco alle 22 è un pilastro del nuovo testo, che serve a bilanciare le riaperture e ad ammortizzare i rischi sanitari”.
“Abbiamo deciso insieme”. Giancarlo Giorgetti insiste. A quel punto il capo del governo stronca il dibattito. “Gli accordi si rispettano. Avevamo un’intesa unanime, altrimenti il metodo diventa inaccettabile. Abbiamo già fatto tanto, ci siamo assunti una responsabilità con queste misure. Se tocchiamo l’impianto, non troviamo più un punto di equilibrio. Si porta in Consiglio questo testo, senza modifiche”.
Ma al momento del voto è Giorgetti a dover allargare le braccia e confermare che la linea resta quella stabilita da Matteo Salvini: la Lega non ci sarà. Cala il gelo. Forza Italia tace, la renziana Elena Bonetti pure. Si va avanti con altri interventi fino a quando Franceschini rompe il silenzio e torna sull’accaduto: “Scusate, ma non si è mai visto che su un decreto così importante una forza di maggioranza non partecipi al voto. Anche perché parliamo di un testo definito da parte di tutti, in cui ciascuno ha ceduto qualcosa. Crea un precedente grave”. Giorgetti non replica, si limita ad allargare le braccia. I gesti, ancora. Riprende la parola Draghi, lapidario, “prendiamo atto, è un precedente grave”. Pausa. “Prendiamo atto, è molto grave”. Il premier sceglie la fermezza. Non può accettare che si mortifichino decisioni prese in un vertice a cui ha partecipato anche il Carroccio.
Questa volta alle promesse sono seguiti i fatti e la Lega non ha ceduto. Il leader Salvini chiedeva più coraggio e così non si è accontentato. Ma quali sono le sue reali intenzioni? Il testo del decreto era condiviso e il voto di ieri sembra orientare i rapporti con la maggioranza, di cui fa parte, verso un’altra direzione. Vuole sganciarsi dall’esecutivo? Sempre nella giornata di ieri Salvini aveva detto di essere “fedele a Draghi”ma si sa, è il periodo in cui queste fedeltà durano poco. Il primo appuntamento valido è quello della mozione di sfiducia a Speranza. Il primo banco di prova di questo governo.
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