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Le scuole italiane cadono a pezzi

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Il 54 per cento dei fabbricati è privo del certificato di agibilità statica, il 59 per cento di quello di prevenzione incendi e il 39% non è stato collaudato.

«Dopo la forte pioggia è crollato gran parte del tetto dell’edificio, il secondo piano si è allagato. Per due settimane siamo rimasti a casa. Ore di completa assenza»: Andrea ha 18 anni e frequenta l’ultimo anno di liceo linguistico all’Istituto Gentileschi di Napoli. Era il 25 settembre quando il solaio della scuola, in fase di riparazione, ha ceduto a causa delle infiltrazioni, e a circa 900 studenti è stato comunicato di restare a casa, dove hanno trascorso i successivi 15 giorni. Uno scenario a cui ormai erano abituati dopo due anni di pandemia, in cui le lezioni in presenza sono diventate un miraggio, e al banco di scuola si è sostituita la cameretta. Ma questa volta gli alunni non hanno seguito le lezioni da casa, perché le regole introdotte per l’anno scolastico in corso non prevedono la didattica a distanza.
«Mio figlio all’inizio era felice di restare a casa per qualche giorno. Ma dopo un po’ ha iniziato a scocciarsi», racconta la madre di un altro studente, che insieme ad altri genitori, nei giorni di chiusura dell’Istituto, ha protestato affinché si trovassero soluzioni alternative. Eppure i plessi interpellati dalla città metropolitana per dare ospitalità agli alunni rimasti orfani di un piano non hanno risposto all’appello. Le lezioni sono riprese il 17 ottobre, ma una parte della scuola è ancora inagibile e gli studenti del triennio vanno a scuola quattro giorni a settimana per sette ore, di cui una volta di pomeriggio. «C’è stata una ripresa rapida, ma se la situazione dovesse protrarsi per altri due mesi ci potremmo trovare, alla fine del quadrimestre, a dover sostenere cinque o sei verifiche al giorno», aggiunge Andrea.

Troppi crolli

Il crollo al Gentileschi di Napoli è solo uno degli 11 che si sono verificati all’interno di una scuola o di un’università dall’inizio del biennio 2022/2023, a conferma di una tendenza in crescita: secondo il report di Cittadinanza Attiva sulla sicurezza a scuola, pubblicato il 22 settembre scorso, tra settembre 2020 e agosto 2021 ci sono stati 35 episodi di crolli a scuola, circa tre al mese. Tra settembre 2021 e agosto 2022 gli incidenti sono stati 45: un crollo ogni quattro giorni di lezione.

Il giorno dopo il caso riportato al Gentileschi di Napoli, il 26 settembre al liceo Cavour di Roma una guaina di ferro è caduta sulle spalle di un ragazzo che si trovava in bagno. «Era di minute dimensioni, ma se lo avesse preso in testa sicuramente avrebbe causato molti problemi», racconta Emanuele, rappresentante d’Istituto del liceo scientifico, che insieme al collettivo “Tommy Smith” ha organizzato uno sciopero per denunciare le difficoltà che gli studenti affrontano a causa dei problemi di edilizia scolastica. «Il giorno prima della caduta della guaina c’era stata un’infiltrazione in un soffitto e una classe è stata spostata. Per fortuna la dirigenza si è resa disponibile e ha attivato i controlli, ma questi due esempi rappresentano quello che succede in tantissime scuole italiane dove eventi anche più disastrosi mettono l’incolumità di studentesse e studenti a rischio», continua Emanuele.

Il 3 ottobre sono stati gli studenti della scuola superiore Fermi Da Vinci di Empoli a essere mandati a casa, dopo che alcune porzioni di intonaco si sono staccate dal soffitto del secondo piano, quando la scuola era ancora chiusa. Per loro i giorni di pausa sono stati tre. Il 18 ottobre è stata la volta di un’aula magna dell’Università di Cagliari, dove è crollata un’intera palazzina, all’interno del complesso “Sa Duchessa”, che ospita le facoltà umanistiche. Anche in questo caso l’incidente è avvenuto quando l’edificio era vuoto e non ci sono stati feriti, ma fino a poche ore prima le lezioni si stavano svolgendo regolarmente. Le cause sono ancora da accertare, e la procura di Cagliari sta indagando per crollo colposo di edificio.

Manutenzione non pervenuta

Secondo Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanza Attiva, un’organizzazione che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti e la cura dei beni comuni, la causa principale di molti incidenti è l’assenza di manutenzione: anche se la scoperta del fenomeno è recente, i processi che hanno portato ai crolli risalgono ad almeno trent’anni fa. «Gli incidenti riguardano perlopiù scuole poco manutenute o costruite tra gli anni Quaranta e Settanta, quindi è chiaro che se non si interviene per decenni si arriva al capolinea e gli incidenti si verificano tutti insieme, come sta accadendo in questi anni».Il monitoraggio condotto dall’organizzazione riporta che più della metà degli istituti scolastici, il 54 per cento, è privo del certificato di agibilità statica, il 59 per cento di quello di prevenzione incendi, il 39 per cento risulta senza collaudo statico. Ma gli interventi per prevenire gli incidenti sono stati avviati solo a partire dal 2017, a seguito delle prime indagini condotte anche da Cittadinanza Attiva. Fino a quel momento non esisteva una mappatura completa di tutti gli edifici. «Se non hai l’esatta fotografia dello stato dell’arte è difficile stabilire la priorità delle azioni da compiere o la loro entità», continua Bizzarri.

I fondi del Pnrr, di cui 19,44 miliardi sono destinati al “potenziamento dei servizi per l’istruzione” rappresentano un’opportunità, ma potranno arginare il problema solo in parte, perché i 3,9 miliardi disponibili per la messa in sicurezza delle scuole saranno investiti nell’adeguamento dei plessi (attraverso la ristrutturazione e la riqualificazione energetica), ma non nella manutenzione. Inoltre, non tutti i progetti presentati potranno essere finanziati. «Saranno costruite 216 nuove scuole a fronte di oltre 500 progetti presentati. Le palestre finanziate saranno 400 a fronte di tremila domande», spiega ancora Bizzari.

Sarà necessario dunque che lo Stato impieghi fondi specifici a sostegno delle amministrazioni, che anche a causa della scarsità di personale negli uffici tecnici non riescono a compiere tutti gli interventi di manutenzione necessari o ad agire tempestivamente dopo le prime avvisaglie, come l’avvistamento di crepe o i primi scricchiolii.

E gli studenti pagano

Le conseguenze, per il momento, ricadono sugli studenti. «Banalmente dover scioperare la prima ora perché i bagni non funzionano comunque fa perdere un’ora di lezione», racconta una studentessa del Liceo Pilo Albertelli di Roma, il primo della capitale ad aver organizzato un’occupazione nel biennio appena iniziato, anche a causa dei problemi di edilizia. Tra i disagi denunciati dagli studenti c’è anche quello delle classi sovraffollate, che hanno l’impatto maggiore sulla qualità dell’insegnamento, perché nelle aule che contano fino a trenta alunni il docente ha più difficoltà a dare attenzione a chi ha bisogno di essere seguito da vicino per migliorare il suo rendimento.Cittadinanza Attiva riporta che in Italia sono 460mila le alunne e gli alunni che studiano in aule con più di 25 persone, per un totale di 17mila “classi pollaio”. Un problema che in parte si risolve da solo, perché in alcuni casi gli studenti abbandonano gli studi, anche a causa delle difficoltà nel percorso di apprendimento: secondo i dati di Eurostat, tra il 2020 e il 2021 il 12,7 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha lasciato precocemente la scuola, a fronte di una media europea del 9 per cento. «In classe mia abbiamo iniziato in 27 – racconta Emanuele del liceo Cavour -, ora siamo in 17».
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