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La Russa: “Mio padre diceva che il fascismo non fu solo ombre, forse non aveva torto. Le frasi sul giornalista aggredito? A volte sono incauto, ma dico quello che penso”

Immagine di copertina
Credit: AGF

“C’è una persona a me cara che mi dice spesso: perché non sei più cauto? Ma io sono così, dico quello che penso. Però, certo, capisco quando me lo dicono, mi interrogo, sono contrastato, a volte penso di sbagliare. Poi però mi convinco che ho 77 anni e preferisco dire quello che penso”. Ignazio La Russa commenta così i suoi ripetuti inciampi in dichiarazioni che non sono adeguate per un presidente del Senato.

Intervistato da Tommaso Ciriaco per La Repubblica, la seconda carica dello Stato viene interrogata sull’ultima delle sue controverse uscite, quella sul giornalista de La Stampa aggredito a Torino da un gruppo di militanti vicini a Casapound.

“Ci vuole un modo più attento di fare le incursioni legittime da parte dei giornalisti”, aveva detto nei giorni scorsi La Russa durante la cerimonia del Ventaglio a Palazzo Madama. “La persona aggredita, a cui va la mia solidarietà, non si è mai dichiarata giornalista”.

Una frase velatamente criticata anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri al Quirinale ha sottolineato “ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”.

Ma il presidente del Senato non arretra. “Semplicemente ho sostenuto quel che penso: che non fosse lì per caso. Perché non dire che era lì per svolgere giustamente il suo lavoro? Questo sono io a non capirlo”, dice a La Repubblica.

” È stata un’aggressione brutale, vergognosa, che io stesso ho condannato più volte. Fossi stato lì, avrei reagito per difendere quel giornalista. Aggiungo: ha fatto benissimo a non dichiararsi giornalista”, puntualizza La Russa. “Intendevo dire un’altra cosa”, prova a chiarire: “Quell’atto odioso, proprio perché non si è dichiarato, rappresenta un’aggressione non al giornalista, e dunque alla stampa, ma a un cittadino, a un civile”.

“Da anni – aggiunge l’esponente di Fratelli d’Italia – ho aperto la cerimonia del Ventaglio accettando le domande dei giornalisti, una novità che ho introdotto io. Arrivo e mi fanno tre domande: la prima è su Casapound e una foto del 2019. Forse – ammette – mi sono anche un po’ infastidito”.

Verso la fine dell’intervista, si parla di antifascismo. La Russa continua a rifiutarsi di dichiararsi antifascista e motiva così la sua posizione: “Guardi, c’è anche forse il sentimento, il pensiero per i nostri vecchi missini, gente che ha lottato cinquant’anni per il partito, forse è anche giusto avere un po’ di attenzione verso di loro”.

Il presidente del Senato si avventura poi in una riflessione autobiografica che farà discutere. “Sono nato nel 1947. Ho fatto gli anni Settanta a Milano, è qualcosa che ti segna”, dice: “Mio padre era fascista. Poi, dopo la guerra, non era certo per la restaurazione, semmai mi diceva: non ascoltate cosa dicono, non era solo ombre. Poi leggo De Felice (lo storico Renzo De Felice, ndr) e penso: forse non era così assurdo quello che mi diceva papà. Ecco, forse questo continua a condizionarmi”.

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