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“La grande nemica” non è solo un libro sul caso Boldrini: è una piccola antologia sugli analfabeti funzionali

La grande nemica
La copertina del libro di Flavio Alivernini

“La grande nemica”, il bel libro in cui Flavio Alivernini, il giornalista che segue la comunicazione di Laura Boldrini, racconta “l’operazione criminale” architettata prima dalla Casaleggio Associati e successivamente dallo staff della comunicazione di Matteo Salvini contro l’ex presidente della Camera, non è solo una storia a lieto fine di una vittima di bullismo che si ribella a chi avrebbe voluto piegarla. È anche una fotografia di uno spaccato sempre più preoccupante della nostra società, di quel 47 per cento di italiani che secondo l’Human Development Report non riesce a comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità.

Sono i cosiddetti “analfabeti funzionali”, il carburante del consenso dei partiti populisti e sovranisti un po’ in tutto il mondo. Sono quelli che se si ammalano cercano la cura su Google e non dal medico, sono quelli che credono alle fake news di siti come “Imola Oggi”, “Vox News”, “Informare X Resistere”, “dimissioni e tutti a casa” e pensano che i giornalisti che scrivono su testate prestigiose siano in realtà dei prezzolati al soldo di chissà quale potente, sono quelli che – come nel caso di Laura Boldrini – utilizzano i social network come le porte dei vecchi bagni pubblici, per usare le parole di Paolo Pagliaro.

Sono quelli che in questi anni hanno creduto che l’ex presidente della Camera girasse nuda per le spiagge pubbliche condividendo una vecchia foto di una nudista spagnola; hanno pensato che l’attrice americana Krysten Ritter fosse la sorella fatta assumere alla Camera dei Deputati a 45mila euro al mese; hanno condiviso frasi a lei attribuite come quella in cui avrebbe chiesto l’obbligo del burqua per tutte le donne italiane o l’istituzione di una tassa sulla carne di maiale; hanno creduto che una presidente della Camera potesse in qualche modo favorire l’immigrazione clandestina per operare una “sostituzione etnica” del popolo italiano; e potremmo continuare con centinaia di esempi.

A muovere questo gregge virtuale sono delle vere e proprie campagne mediatiche pianificate per smontare il personaggio Boldrini, che – ricordiamolo – vanta un invidiabile curriculum e una lunga esperienza nel campo della cooperazione internazionale.

Inizia tutto con qualche post pubblicato su pagine di estrema destra, ma gli attacchi più violenti arrivano quando Pietro Dettori, ex social media manager di Beppe Grillo, scrive un post sul blog del comico leader dal titolo: “Cosa succederebbe se ti trovassi con la Boldrini in macchina?”. Alivernini riporta alcuni commenti lasciati degli attivisti del M5S sotto il post: “Prima di tutto inchioderei facendole sbattere la testa sul cruscotto, dopo mi fermerei in autostrada e con un guinzaglio la lascerei attaccata al guardrail”, scrive Fabio.

“Brucio la macchina assicurandomi di aver chiuso le porte”, dice Antonio. “La scaricherei sulla statale, magari fa un po’ di cassa extra”, commenta Samuele. Santo, invece, afferma: “Caxxo in bocca, farla stare zitta per non sparare più minchiate”. Anche Enzo ha le idee chiare: “La metto a pecora e poi la fotto”. C’è pure Carmela: “la riempirei di botte”. “La porti in un campo rom e la fai trombare da un capo villaggio” dice Giulio Candela. “E se gode?” gli risponde Antonio Truffa. “Me la trombo io”, conclude questa fine conversazione Fracassi Gianpietro.

Quando Nicola Biondo, ex responsabile della comunicazione del sedicente Movimento 5 Stelle fece notare all’allora “guru” Gianroberto Casaleggio che quell’operazione era “robaccia”, lui rispose: “Noi dobbiamo imparare a canalizzare il sentiment della rete e usarlo (…). Per il futuro dobbiamo essere in grado di canalizzare questo sentiment senza apparire direttamente, governandolo”.

Col senno del poi, l’operazione pianificata del defunto Casaleggio padre si rivolterà contro la sua stessa creatura: la galassia social “unofficial” messa su per veicolare attacchi ad personam e fake news, verrà in poco tempo “conquistata” dalla “Bestia” di Matteo Salvini, pagina dopo pagina, gruppo Facebook dopo gruppo Facebook, profilo fake dopo profilo fake. Ed è proprio la Lega di Matteo Salvini a rendersi protagonista di quella che Alivernini chiama a ragion veduta “operazione criminale”: l’utilizzo ossessivo del termine “risorse boldriniane” riferito a ogni immigrato (ovviamente solo immigrato) che commette un reato sul territorio italiano.

A quel punto contro Laura Boldrini si scatena un vero e proprio linciaggio mediatico pianificato dagli uomini dell’ex ministro dell’Interno, dai canali ufficiali e non ufficiali della Lega e da molti eletti della succursale italiana di “Russia Unita”. Un linciaggio che convincerà l’ex presidente della Camera a rendere pubblici i nomi dei suoi haters e, successivamente, a denunciarli. Sarà l’inizio della rivincita, i leoni da tastiera trasformati in conigli (un po’ come il loro “capitano”, tanto bravo sui social ma altrettanto abile nel fuggire da domande scomode e processi), una comunità virtuale che si stringerà intorno a lei aumentandone la popolarità.

“La grande nemica” è un libro da leggere, perché parla di quella che forse è la più grande piaga della nostra società: gli analfabeti funzionali. Ha il pregio di non cadere nella logorrea e di essere scritto con un linguaggio semplice, a differenza di molti testi sull’hate speech adatti solo a un pubblico di addetti ai lavori. È un libro che parla di come si può vincere l’odio che si propaga sulla rete, l’odio che ha ucciso la quattordicenne Carolina Picchio, a cui è dedicato il lavoro di Flavio Alivernini. È un libro che dovrebbero leggere soprattutto i più giovani per poi spiegarlo, con pazienza, a molti dei loro genitori.

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