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Home » Politica

Ius Scholae, c’è davvero un varco a destra?

Immagine di copertina
Credit: AGF

Le prossime settimane ci diranno se la risolutezza sul tema cittadinanza espressa finora da Forza Italia sopravviverà all’arrivo dell’autunno o se si rivelerà come certi amori scritti sulla sabbia che durano appena lo spazio di un’estate

Battaglia di civiltà o cinico opportunismo sulla pelle di mezzo milione di bambini e ragazzi? Come va interpretata la campagna agostana di Forza Italia in favore dello Ius Scholae? 

Nelle prossime settimane e mesi il partito di Antonio Tajani sarà costretto a “scoprire le carte” in parlamento. Solo allora capiremo se, dietro la disponibilità a concedere la cittadinanza ai minori stranieri scolarizzati in Italia, c’è la sana volontà di fare un passo in avanti come Paese sul fronte dell’integrazione oppure solo un freddo calcolo politico funzionale a rafforzare il proprio potere contrattuale nella maggioranza.

Gli azzurri hanno già fatto sapere che non aderiranno alle proposte in merito formulate dalle opposizioni. Del resto, era da escludere fin da subito che avrebbero insistito fino al punto da mettere a rischio l’unità del centrodestra: pura utopia, insomma, pensare che il Governo possa traballare su un tema così identitario come l’immigrazione.

Forza Italia ha annunciato, però, che depositerà un suo disegno di legge in materia, nel quale verosimilmente la cittadinanza verrà riconosciuta a chi, figlio di genitori stranieri, abbia frequentato nel nostro Paese almeno dieci anni di scuola (contro i cinque richiesti da Pd e M5S). Sarà su quel testo, con ogni probabilità, che si giocheranno le effettive possibilità di un superamento dello Ius Sanguinis. 

Se Tajani & Co. daranno seguito con i fatti alle loro dichiarazioni estive e se il centrosinistra sarà disposto ad accettare quella forma restrittiva di Ius Scholae, allora in parlamento ci sarebbero i numeri per far diventare realtà la riforma della legge sulla cittadinanza. 

Staremo a vedere. Intanto, c’è però un dato politico già assodato: esponendosi a sorpresa sullo Ius Scholae, il partito che rappresenta il centro del centrodestra è riuscito a riconquistare le luci della ribalta mediatica, un protagonismo al quale non era più abituato da un pezzo. Così ora – forti anche di un discreto peso elettorale – gli azzurri si possono presentare all’inizio della nuova stagione politica con un piglio diverso. E infatti già mettono paletti all’Autonomia differenziata leghista e avanzano le loro pretese in vista della manovra economica. 

Tre antefatti
Questa è una storia che ha almeno tre antefatti. Il primo risale allo scorso giugno: alle elezioni europee Forza Italia (coalizzata con Noi Moderati) raccoglie il 9,5% dei voti, un risultato più che buono, frutto anche di una campagna elettorale interamente condotta nel nome di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere è morto da un anno esatto, ma il verdetto delle urne certifica che la sua creatura politica è ancora viva, tutt’altro che condannata alla scomparsa, al contrario di quanto molti avevano profetizzato. Tajani gongola: «Questa – dice – è la prima tappa di una strategia che vuole portarci a essere protagonisti in quello spazio politico che va da Giorgia Meloni a Elly Schlein». Una frase che passa pressoché inosservata ma che – riletta oggi – spiega bene il senso della successiva campagna azzurra sullo Ius Scholae.

Ma c’è dell’altro. Tra fine giugno e metà luglio – ed eccoci al secondo antefatto – i figli di Berlusconi, imprescindibili finanziatori del partito, lanciano un paio di bordate che fanno rumore. Prima Marina dichiara in un’intervista al Corriere della Sera che «sui diritti civili» si sente «più in sintonia con la sinistra di buon senso». Poi Pier Silvio incalza pubblicamente Tajani: «Un conto è una Forza Italia di resistenza – osserva a margine della presentazione dei palinsesti Mediaset – un altro conto è una Forza Italia di sfida». Segue un pranzo chiarificatore a casa di Marina a cui partecipano sia il fratello sia il segretario del partito, insieme al consigliere di famiglia Gianni Letta. Sarà un caso, ma proprio il mese successivo iniziano i battibecchi con la Lega.

Il terzo antefatto ha origine dalle Olimpiadi di Parigi, dove l’Italia è rappresentata da diversi atleti figli di genitori stranieri: alcuni vincono medaglie importanti, su tutti le pallavoliste Paola Egonu e Myriam Sylla. Il generale (sospeso) Roberto Vannacci, ormai europarlamentare del Carroccio, coglie la palla al balzo – è proprio il caso di dirlo – e inietta nel dibattito politico le sue solite constatazioni velenose sul concetto di italianità. Ma così facendo serve, forse senza nemmeno accorgersene, un assist facile facile per una Forza Italia in cerca di visibilità al centro. 

Tajani e i suoi si fanno trovare pronti nello smarcamento dalla destra e, di lì a pochi giorni, lasciano astutamente trapelare la loro apertura a una riforma della legge sulla cittadinanza che faccia diventare italiani i minori stranieri che abbiano concluso un ciclo di studi nel nostro Paese.

Campagna d’agosto
Tra i forzisti, il più attivo è il deputato Raffaele Nevi, portavoce del partito: «No allo Ius Soli – premette – ma siamo disponibili a concedere la cittadinanza a chi intraprende un percorso scolastico e rispetta i nostri valori e le nostre tradizioni». 

Gli alleati della Lega non gradiscono e nel giro di poche ore – siamo alla vigilia di Ferragosto – fabbricano un fotomontaggio sui social dove il faccione di Tajani viene accostato a quello della leader del Pd Elly Schlein, come a evocare un truffaldino inciucio all’orizzonte: «La legge sulla cittadinanza va benissimo così, non c’è nessun bisogno di scorciatoie», sentenziano dal Carroccio.

Il post leghista è il detonatore che fa divampare la polemica. 

Nel mortorio estivo della politica italiana, lo Ius Scholae calamita improvvisamente l’attenzione generale. Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Azione, Più Europa e Italia Viva – cioè tutte le opposizioni – corrono a dichiararsi pronti a collaborare con i forzisti per approvare la riforma delle norme sulla cittadinanza. Anche, e forse soprattutto, perché intravedono la possibilità di aprire una frattura nella maggioranza di governo.

La Lega, in effetti, continua a picchiare duro: non solo i salviniani, anche esponenti più moderati del Carroccio come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga manifestano la loro contrarierà allo Ius Scholae.

Almeno inizialmente, però, Tajani non arretra, anzi sembra ringalluzzito dalle fibrillazioni con gli alleati: «Noi non imponiamo niente, ma nessuno può imporre niente a noi», mette in chiaro al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. 

I colonnelli di Fratelli d’Italia – pur contrari anche loro alla riforma – sottolineano che il tema non è all’ordine del giorno e cercano di star fuori dalla contesa. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni tace, ma viene descritta da tutti i retroscenisti come irritata dall’imprevista grana estiva. Eppure proprio lei, nel luglio 2022, da semplice leader di FdI, si era detta favorevole a uno Ius Scholae basato sul completamento della scuola dell’obbligo.

Verso la fine del mese, i toni di Forza Italia si fanno un poco più morbidi: il tema «non è una priorità del Governo», aggiusta il tiro Tajani. Che ora ingaggia un nuovo duello con la Lega sull’Autonomia differenziata. Ma il dissidio con la Lega sullo Ius Scholae non si spegne.

Solo strategia?
I nodi verranno al pettine presto. Il Pd ha annunciato per questo mese una mozione che impegnerebbe il Governo a cambiare le regole sulla cittadinanza. Insieme al M5S, i dem premono inoltre per calendarizzare in tempi brevi un disegno di legge sullo Ius Scholae. Azione, da parte sua, ha tradotto in un emendamento al Ddl Sicurezza la proposta di Forza Italia, mentre Più Europa ha intrapreso la strada del referendum.

Ma Tajani e i suoi hanno già messo in chiaro che resteranno fedeli agli alleati. «Quando sarà il momento opportuno saremo noi ad avanzare le nostre proposte» in primis «all’interno della coalizione di cui siamo membri e fondatori», assicura il capogruppo dei senatori azzurri Maurizio Gasparri.

Peraltro, se è vero che questo nuovo attivismo di Forza Italia sta aprendo una crepa nel centrodestra, d’altra parte la ritrovata verve degli azzurri – che riscontra favori anche nel mondo della Chiesa – può contribuire a blindare al centro la maggioranza. Tanto più ora che FdI sta ripiegando a destra (vedi il mancato appoggio al bis di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea). E tra una Meloni che rimane saldamente la leader più popolare tra gli elettori e i berluscones che iniziano a sgomitare, il più in difficoltà in questa fase sembra essere Matteo Salvini, che sul fronte interno deve anche reggere l’urto di un Vannacci in ascesa.

Comunque andrà a finire la partita sullo Ius Scholae, è evidente che oggi Forza Italia sta prima di tutto cercando di scrollarsi di dosso il ruolo di comprimario della coalizione che sembrava destinata a recitare dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. Tajani, consapevole che la maggioranza non può fare a meno del voto moderato, rivendica il proprio peso al tavolo del governo. A questa considerazione vanno ascritte le crescenti divergenze con la Lega su più tavoli.

Ora si tratta di verificare se la risolutezza sul tema cittadinanza espressa finora dai forzisti sopravviverà all’arrivo dell’autunno o se si rivelerà come certi amori scritti sulla sabbia che durano appena lo spazio di un’estate.

Al netto delle (sempre legittime) strategie politiche, va ricordato che qui in ballo ci sono i destini di oltre mezzo milione di studenti minorenni stranieri iscritti alle scuole del nostro Paese. Bambini e ragazzi nati in Italia – o arrivati qui in tenera età – che parlano la nostra lingua e siedono gomito a gomito con loro coetanei ai quali, invece, la nazionalità italiana è riconosciuta dalla nascita. 

In tempo di inverno demografico, è anche grazie a questi giovani se l’Inps può sperare di poter continuare a pagare le pensioni agli italiani nei prossimi decenni. Rimangiarsi le parole di apertura verso lo Ius Scholae e voltar loro le spalle sarebbe imperdonabile per una classe politica la cui credibilità è da tempo precipitata ai minimi termini.

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