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Gozi a TPI: “Di Maio mi vuole revocare la cittadinanza? Gravissimo. E Calenda ha detto una sciocchezza”

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Sandro Gozi è stato sottosegretario agli Affari europei nei governi Renzi e Gentiloni. Credit: GABRIEL BOUYS / AFP

Intervista all'ex sottosegretario chiamato dal Governo francese come consulente per gli Affari europei: "Polemiche grottesche"

Sta facendo molto discutere la nomina di Sandro Gozi, ex sottosegretario agli Affari Europei del governo Renzi, a consulente agli Affari Europei per il governo francese. Nella mattina di oggi, mercoledì 31 luglio, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha annunciato di aver chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di valutare la revoca della cittadinanza a Sandro Gozi per “tradimento” degli interessi nazionali: una richiesta che vede d’accordo anche il vicepremier Luigi Di Maio.  A criticare la scelta di Gozi non sono solo i leader di partiti da sempre avversi al Pd, ma anche l’ex ministro dem Carlo Calenda, che su Twitter ha dichiarato di considerare assurdo l’incarico dell’ex sottosegretario in un governo straniero.

Per capire meglio i risvolti di questa vicenda politica che sta surriscaldando il dibattito pubblico, TPI ha raggiunto telefonicamente Sandro Gozi.

Attorno alla sua nomina sembra esserci non poca confusione: alcuni giornali scrivono che lei è stato nominato sottosegretario agli Affari Europei del governo francese mentre altri parlano di un incarico di consulenza a tempo. Come stanno davvero le cose?

Io non sono ministro, non sono ovviamente sottosegretario ma sono un consigliere per gli Affari europei che, per intenderci, non ha prestato giuramento sulla costituzione francese e che, se Boris Johnson (primo ministro inglese, ndr) farà quello che dice, starà qui fino al 31 ottobre e quando gli inglesi usciranno dal Parlamento europeo subentrerà, essendo stato eletto alle scorse europee. Sono qui come esperto di questioni europee, incaricato come consulente per gli affari europei, e dovrò occuparmi dell’avvio del nuovo parlamento europeo di cui farò parte tra un paio di mesi e di consulenze sul futuro dell’Unione europea.

Cosa pensa delle polemiche che sta scatenando il suo incarico in Francia? 

Dato il mio incarico, trovo il dibattito davvero grottesco. Sì, grottesco è il termine giusto.

Meloni e Di Maio stanno invocando la revoca della cittadinanza italiana per lei. Come replica? 

Penso che questa richiesta sia un’arma di distrazione di massa, dato che entrambi hanno problemi ben più importanti da nascondere. Meloni deve coprire le magagne di Fratelli d’Italia che stanno uscendo, deve rincorrere Salvini che ormai ha occupato tutto il terreno della destra, mi aveva già attaccato durante la campagna elettorale perché non ha ancora capito che i cittadini europei possono candidarsi anche in liste di altri Paesi e io stesso ero in una lista che comprendeva candidati di sette nazionalità, ma la sua rimane propaganda.

E Di Maio?

Che il vicepresidente del Consiglio faccia scadere così tanto l’immagine dell’Italia evocando un ricatto morale e politico di tipo infantile minacciando la revoca della cittadinanza io credo sia gravissimo. Trovo una bestialità questa richiesta, perché non si può invocare la revoca della cittadinanza per motivi politici. Non siamo in guerra tra Italia e Francia, quindi quelli invocati da Di Maio sono motivi politici. È una cosa grottesca dal punto di vista istituzionale perché questo vorrebbe dire che un cittadino europeo che è stato parte di un governo non può prestare consulenza presso governi o istituzioni di altri Stati membri dell’Unione europea, e questa è una chiara violazione dei trattati. Lo trovo profondamente sbagliato dal punto di vista internazionale perché l’Italia ha ratificato la convenzione internazionale sugli apolidi e se Di Maio mi togliesse la nazionalità io diverrei apolide e l’Italia è vincolata dalla convenzione.

Che oggi si parli di revocare la cittadinanza per una consulenza è una cosa inaudita. Io non so se ci stiamo rendendo conto della gravità dell’affermazione di Di Maio, proprio lui che era venuto in Francia per incontrare la frangia più violenta dei Gilet Jaunes. Io pensavo avesse capito che un vicepresidente del Consiglio prima di aprire bocca dovrebbe informarsi un po’, lui ha parlato come se io fossi diventato ministro degli Affari Europei della Francia quando non è affatto così. Fa molto bene Di Maio a parlare di mandato zero, perché probabilmente lui al mandato uno non ci arriverà.

La Francia ricorre costantemente nella sua biografia e nel suo curriculum, sembra quasi il suo secondo Paese…

Io frequento la Francia da quando avevo 17 anni, ho fatto l’erasmus qui, ho fatto parte dei miei studi alla Sciences Po, ho insegnato e insegno da quindici anni alla Sciences Po, ho fatto stage e altri lavori qui e quindi la Francia è un Paese che conosco molto bene e che mi conosce molto bene. Anche da questo punto di vista, quando hanno deciso di scegliere un non francese per avere uno sguardo un po’ diverso sul nuovo parlamento europeo e sulle riforme dell’Unione per loro è stato naturale pensare a me per questa consulenza.

Secondo i detrattori la sua sarebbe una “nomina sospetta”, pensano ci siano delle oscure ragioni che sottendono all’incarico. Li querelerà?

Io non ho ancora avuto modo di vedere tutto ciò che è stato scritto su di me, ma se ci saranno gli estremi della diffamazione credo agirò. Non ho ancora deciso, però potrei farlo perché la violenza con cui mi stanno attaccando richiede giustizia.

Calenda su Twitter l’ha attaccata, sostenendo che un ex sottosegretario italiano non può entrare in un governo straniero. La sorprende questo “fuoco amico”?

Io penso che Carlo Calenda abbia perso un’occasione per tacere e per non fare una figuraccia europea. Innanzitutto perché qualcuno che è parlamentare europeo e definisce uno Stato membro “governo straniero” è già in un altro secolo. La Francia è uno Stato membro dell’Unione europea nonché partner e alleata dell’Italia con la quale vorremmo condividere un percorso comune, così come la Spagna o altri Paesi, non siamo più nell’Ottocento. In secondo luogo, Calenda è un parlamentare europeo, come lo sarò io, è nella direzione nazionale del Pd, come lo sono io, e magari avrebbe potuto informarsi prima di scrivere certe sciocchezze. Io non faccio parte del governo francese, non sono ministro e non sono sottosegretario, io presto una consulenza come è stato fatto da molti, in altre forme, in passato. Mario Monti, per esempio, fece parte di una commissione creata Sarkozy così come Bassanini. Calenda ha preso voti e si è candidato con lo slogan “Siamo Europei” ma non è che può essere europeo solo il 26 maggio quando deve prendere i voti, deve esserlo anche nel quotidiano. Oggi certamente non l’ha dimostrato.

Il presidente Macron o il primo ministro Philippe sono al corrente delle polemiche che sta scatenando la sua nomina?

“Non ho parlato con Macron o con Philippe, ma posso raccontarle qual è l’atmosfera generale qui. Sono molto sorpresi perché il fatto di chiedere a un italiano – e a loro non interessa se è di un partito di maggioranza o opposizione, che sia del Governo Conte oppure Renzi o Gentiloni – di prestare una consulenza sugli affari europei per loro era un messaggio di attenzione e di grande amicizia verso l’Italia. Per loro l’Italia è un grande Paese, al di là delle maggioranze o delle opposizioni del momento, quindi ora c’è molta sorpresa visto che addirittura c’è chi invoca la revoca della cittadinanza”.

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