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Home » Politica

Commissari incompatibili: ecco le nomine illegittime del governo

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Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Il governo continua ad af dare per Dpcm incarichi a manager di enti di diritto privato a controllo pubblico. Ma una norma del 2013 lo vieta

Il rischio è che ci si possa trovare a dover commissariare i commissari. E non in un momento qualsiasi, ma nel bel mezzo dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (alias: Pnrr), ossia proprio quando dovrebbero garantire la realizzazione delle opere strategiche per il Paese, finanziate prevalentemente con gli assegni dell’Ue, nei tempi previsti. La ragione sta scritta nel decreto legislativo 39 del 2013 e si traduce con “possibile incompatibilità”: secondo la norma, l’incarico di commissario straordinario nominato attraverso Dpcm non può infatti essere ricoperto da chi, al contempo, ricopre le cariche di «presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili» all’interno di «enti di diritto privato in controllo pubblico». I profili che seguono questo schema non sono pochi: TPI ne ha contati almeno diciotto. E la posta in gioco è misurabile in miliardi di euro.

Come è possibile, allora, che il governo abbia conferito loro l’incarico? Appellandosi a un’altra legge (la 32 del 2019, più comunemente nota come Sbloccacantieri), che nell’incipit dell’articolo 4 recita così: i commissari straordinari sono «individuabili anche nell’ambito delle società a controllo pubblico». Nel testo, però, non si prevede alcuna deroga al regime – normato – delle incompatibilità, né si esplicita che la legge del 2013 debba intendersi superata.

La portata degli interventi sul tavolo è enorme, come descrive l’Osservatorio cantieri del Mit: complessivamente ad essere state commissariate dal governo sono 102 opere pubbliche, per un valore di 100,6 miliardi di euro: 31 infrastrutture ferroviarie, 32 stradali, 22 relative all’edilizia statale, undici idriche, tre portuali e altrettante per il trasporto rapido di massa. Interventi strategici, come quelli che vedono alla cabina di regia Vera Fiorani, amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (società che fa parte del Gruppo Ferrovie dello Stato, a sua volta interamente controllato dal Ministero dell’Economia e, quindi, 100 per cento pubblico) e nominata contemporaneamente, attraverso due Dpcm, commissario straordinario per opere ferroviarie del valore di 15,6 miliardi di euro quali l’anello ferroviario di Roma, il potenziamento della tratta Milano-Pavia, l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria o, ancora, il collegamento tra la stazione di Bergamo e l’aeroporto di Orio al Serio.

Parte da quest’ultimo cantiere l’interrogazione depositata alla Camera dall’on. Devis Dori (Europa Verde), che solleva il problema: «Proprio dopo gli articoli sui commissari straordinari pubblicati su TPI, ho iniziato a fare degli approfondimenti con il Servizio studi della Camera. A mio parere c’è una incompatibilità legislativa tra la carica di commissario straordinario del governo e posizioni apicali di Rfi, di Anas e di altri enti. Lo Sbloccacantieri non supera infatti in alcun modo le prescrizioni sancite dalla legge del 2013. Inoltre un Dpcm non può derogare, soprattutto implicitamente, una disposizione legislativa. Per questo ritengo che sia necessario un chiarimento al più presto: questo contrasto normativo potrebbe mettere in discussione numerose nomine commissariali in tutta Italia. Io non accuso i commissari», precisa Dori, «dico però che il governo procede con nomine al limite delle norme di legge, concentrando il potere di gestione di opere colossali e strategiche nelle mani di pochi». Di qui la domanda: «Se decadesse la nomina dei commissari che si trovano in questa situazione, cosa ne sarebbe degli atti amministrativi firmati finora? Potrebbero essere a rischio molte opere pubbliche e, quindi, molti miliardi di euro». Solo nella seconda metà del 2021 sono state effettuate 27 consegne lavori, mentre nel corso di quest’anno sono previste ulteriori 55 consegne, su un totale di 354 progetti in agenda.

L’ultima parola all’Anac

A confermare la natura quantomeno dubbia di questi incarichi sono anche i giuristi. «Non è sancita nessuna deroga esplicita, siamo di fronte ad un provvedimento quantomeno ambiguo, perché non c’è una abrogazione dei principi di incompatibilità», chiarisce l’avvocato Vincenzo Copeta. «Alcune sentenze pubblicate dal Tar nel 2020, del resto, mantengono il riferimento alla norma del 2013. Il legislatore potrebbe aver inteso derogare implicitamente, ma è sicuramente un caso da indagare: è chiaro che qui siamo di fronte a un commissario che controlla la sua stessa opera». Una questione di merito, di metodo e di opportunità insomma, che andrà discussa in punta di diritto.

«Sarebbe stato opportuno, per avere maggiore chiarezza, esplicitare l’eventuale deroga legata all’eccezionalità», aggiunge il costituzionalista Mario Gorlani. «In questo modo sembrerebbe un contrasto normativo. Certo è che anche lo Sbloccacantieri è un dl e, dunque, una legge primaria».

Nel frattempo l’interrogazione – a cui dovranno rispondere il premier Mario Draghi e il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini – ha passato il vaglio del servizio sindacato ispettivo della Camera ed è dunque stata giudicata “fondata”, mentre dall’Autorità anticorruzione rispondono che «sicuramente il caso sollevato dall’interrogazione parlamentare verrà verificato, anche se per il momento qui non è stata protocollata alcuna segnalazione formale».

I casi non sono pochi, specie se si considerano i ruoli che la legge definisce «assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico». Per quel che riguarda le infrastrutture stradali, ad esempio, buona parte sono nelle mani di dirigenti dell’Anas: la statale 45 di Val Trebbia e Ponte Lenzino sono sotto la guida di Aldo Castellari, capo compartimento di Anas Emilia Romagna; a gestire la Ss17 dell’Appennino abruzzese e Appulo Sannitico c’è Antonio Marasco, ex ad di Rfi e responsabile Anas Abruzzo; per la statale 20 del Colle di Tenda c’è Nicola Prisco, responsabile della struttura territoriale Anas Lombardia.

I profili da verificare interessano nord, centro e sud e riguardano il 100 per cento delle nomine legate alle infrastrutture portuali, dove i commissari straordinari sono gli stessi presidenti dell’Autorità di sistema: Paolo Signorini per il Mar Ligure Occidentale si sta occupando della diga Foranea, Luciano Guerrieri per il Mar Tirreno Settentrionale della Darsena Europa, Pasqualino Monti per il Mare di Sicilia Occidentale del porto di Palermo.

Secondo l’on. Dori, a un certo punto, il Governo stesso si sarebbe accorto che alcune designazioni potrebbero in effetti ricadere nel regime dell’incompatibilità: «Dico questo perché ho avuto la necessità di precisare all’interno dei Dpcm che le nomine avvenivano per agevolare le interlocuzioni con le stazioni appaltanti di Anas e di Rfi, nonché con le amministrazioni pubbliche e a diverso titolo coinvolte», rimarca.

Procedimenti in corso

I criteri di incompatibilità sono stati individuati e normati anche per arginare eventuali conflitti d’interessi. E tutte le più grandi opere con cui il Paese è alle prese sono nelle mani dei commissari straordinari, che hanno il compito di controllare che tutto venga realizzato al meglio con i soldi che l’Europa ha consegnato all’Italia attraverso il Pnrr per sistemare le strade, le dighe e le reti ferroviarie. Insomma, la pattuglia di super dirigenti deve vigilare. Almeno quattro tra loro, nominati dal governo Draghi, si trovano però sotto indagine, anche per reati gravi.

Fra questi c’è, ad esempio, Vincenzo Macello, dirigente di Rfi, che dovrà vigilare su sette grandi opere ferroviarie che vanno dall’Alta velocità Brescia-Verona-Padova al raddoppio della Genova-Ventimiglia, fino alla linea Roma Pescara, passando per il nodo di interscambio Pigneto, per la Ciampino-Capannelle, la Venezia-Trieste e l’Orte-Falconara. Macello era direttore territoriale Rete ferroviaria italiana Lombardia ai tempi del deragliamento di Pioltello. Dopo quell’episodio passò a dirigere la divisione finanziamenti a Roma.

Cosa accadde a Pioltello? Era il 25 gennaio 2018 quando il treno Milano-Venezia, partito dalla stazione di Cremona e diretto a Milano Porta Garibaldi, iniziò a deragliare viaggiando fuori controllo per due chilometri, abbattendo pali della trazione elettrica e spezzandosi in tre parti. Nell’incidente sono morte tre persone e altre 46 sono rimaste ferite. Ne scaturì un’indagine, ancora in corso, che portò all’imputazione di diversi funzionari e dirigenti di Rfi accusati in sostanza di non aver provveduto per tempo alla necessaria manutenzione della rete. Tra loro c’erano Vincenzo Macello e Maurizio Gentile, quest’ultimo all’epoca amministratore delegato di Rfi, poi commissario della linea C della metropolitana di Roma, fino alle sue dimissioni. Entrambi sono imputati per omicidio colposo. Macello, in particolare, è stato accusato di pesanti omissioni nelle procedure di sicurezza e nella manutenzione di quel tratto di linea ferroviaria.

Massimo Simonini è un ingegnere di lungo corso ed è stato amministratore delegato dell’Anas dal 2018 al 2021. In questo periodo è finito sotto indagine ad Arezzo per i detriti all’amianto della piazzola franata a Pieve Santo Stefano nel 2017. Anche la Corte dei Conti si è occupata del funzionario, che è stato nominato commissario della sistemazione della E78 Grosseto-Fano e della Ss 106 Ionica, entrambe opere che rientrano nel Pnrr.

Anche Vincenzo Marzi è funzionario Anas di lungo corso ed è stato nominato commissario per la Fondovalle del Biferno, l’Adriatica e la Garganica. È coinvolto nella vicenda del ponte crollato ad Albiano Magra, frazione del Comune toscano di Aulla: Marzi è stato rinviato a giudizio insieme ad altri sette funzionari di Anas e dell’amministrazione provinciale. In quel caso, secondo la procura, ci fu un difetto di vigilanza perché – stando agli atti – il sindaco di Aulla, Roberto Valettini, aveva chiesto approfondimenti sullo stato del ponte prima del crollo.
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