Venti di crisi sul governo: l’ipotesi del voto a settembre
Venti di crisi sul governo: ipotesi voto a settembre
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Governo voto settembre – È passata una settimana esatta dalle elezioni europee che hanno creato non poche tensioni interne al governo italiano. Da quel momento, una delle ipotesi circolate è stata quella del voto anticipato.
Nel tradizionale discorso del 2 giugno, per la Festa della Repubblica Sergio Mattarella ha dato uno schiaffo schiaffo ai gialloverdi: “Libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti”. Il capo dello Stato vuole evitare rotture con l’Ue e il rischio dell’esercizio provvisorio.
Il Colle teme soprattutto per la stabilità economica per la crisi di governo, i mercati infatti non hanno reagito benissimo a questa settimana di incertezza: lo spread è volato a 290 punti base, valori peggiori della Grecia.
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“Così non si va avanti”, ha detto negli ultimi giorni, a più riprese, il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, mettendo a verbale quei dubbi sulla pagina post-europee del governo giallo-verde.
Per poter andare alle urne in anticipo, le camere dovrebbero sciogliersi entro il 15 luglio 2019. Una data utile per nuove elezioni potrebbe essere entro la prima metà di settembre, con la possibilità di formare un nuovo governo in tempo per la manovra di ottobre.
Le motivazioni politiche alla base di un voto anticipato non consisterebbero solo nell’ascesa della Lega, ma anche in una crescita di Fratelli d’Italia a danno di Forza Italia tale da creare una potenziale maggioranza Salvini-Meloni indipendente da Berlusconi.
La legge elettorale in vigore consente di avere i numeri adeguati in Parlamento se un partito o una coalizione riesce ad attestarsi dal 41-42 per cento in su.
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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dal canto suo, rassicura Mattarella e avvisa il vice premier Matteo Salvini: “Niente premier ombra”.
Giuseppe Conte è sembrato abbastanza ottimista, fanno sapere dal Quirinale dopo il colloquio del premier con Sergio Mattarella.
Nella nota dei giorni scorsi del presidente del Consiglio non c’è più traccia della certezza che si andrà avanti per quattro anni, “fino alla scadenza naturale” della legislatura. Si limita a parlare di un’agenda fitta di misure che impegnerà il governo “per il resto della legislatura”. Una formula generica che vale per chissà quanto.
Conte conosce infatti la prudenza delle parole, e non può avventurarsi oltre la conferma che le condizioni per andare avanti «potrebbero anche esserci». Ma senza guardare troppo oltre, perché i condizionali sono d’obbligo ed è meglio non impegnarsi troppo, considerato che ormai apertamente tra gli uomini più fidati di Luigi Di Maio, in Parlamento e tra i ministri si parla di una data, il 29 settembre, come probabile giorno per le elezioni anticipate.
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Il premier sale al Colle dopo aver visto separatamente i suoi vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Entrambi evitano un vertice a tre, nonostante gli annunci e le attese. C’è una crisi da scongiurare e bisogna comprendere se ci sono le premesse per blindare la maggioranza gialloverde. Nessuno può dare assicurazioni. E allora Conte chiede chiarimenti.
Da Salvini pretende lealtà e pazienza. Il premier non ci gira troppo intorno. Non gli sono piaciute le uscite del leghista contro l’Europa mentre lui stava per prendere l’aereo che lo avrebbe portato a Bruxelles a discutere dei conti italiani.
Conte vuole la massima legittimità, non “un premier ombra” che lo faccia sentire “commissariato”. Né può subire l’onta di essere considerato «un fantoccio» agli occhi dei partner europei, perché ancora gli fa male l’eco delle parole del leader dei liberali Guy Verhofstadt che a Strasburgo lo definì un burattino nelle ani dei suoi vice.
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Il M5S, invece, offre un rimpasto agli alleati leghisti: “Prendetevi il Tesoro”, ha detto il ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio.
Il vento di crisi non smette di soffiare.