Governo, Draghi vara la “Fase 2”: niente rimpasto ma meno compromessi
Il secondo mandato al Quirinale di Sergio Mattarella blinda il governo presieduto da Mario Draghi, che pure non avrebbe disdegnato l’ipotesi di salire al Colle. Dopo una settimana di lunghe trattative e mancati accordi, i partiti hanno scelto di affidarsi al presidente della Repubblica uscente. Una decisione che serve anche a confermare Draghi alla guida dell’esecutivo fino alla fine della legislatura. Ma le cose non saranno esattamente uguali a prima. Secondo molti retroscena, l’ex numero 1 della Bce in questi ultimi dodici mesi a Palazzo Chigi metterà in campo, ancor più di quanto fatto finora, tutto il suo decisionismo e pragmatismo.
Niente più compromessi, magari al ribasso, con i partiti, alle prese dopo la settimana quirinalizia con beghe interne e forti tensioni tra le coalizioni. D’altronde la conferma di Mattarella come Capo dello Stato è una tutela e una protezione per lo stesso premier, che potrà quindi usare maggiormente il pugno duro, consapevole che i partiti non potranno staccargli la spina.
Una “fase 2” nell’azione di governo resa necessaria dalle sfide che il Paese dovrà affrontare nei prossimi mesi, dall’uscita dalla pandemia alla gestione dei fondi del Pnrr, con un occhio al complicato clima internazionale. Non ci sarà un rimpasto all’interno dell’esecutivo, nonostante i malumori espressi ieri dal leghista Giorgetti, ministro che ha poi smentito l’ipotesi di sue dimissioni. Tra le riforme sul taccuino di Draghi, le concessioni demaniali, dopo mesi di resistenze da parte di Forza Italia, Lega e Pd alle assegnazioni con gare pubbliche. La mina della liberalizzazione delle licenze degli ambulanti, contro cui finora si sono sempre impuntati soprattutto i leghisti in maggioranza. E ancora la riforma del catasto, più e più volte rinviata anche in questo governo, e che ora non dovrebbe più avere ostacoli. Senza dimenticare la riforma delle Pensioni e la revisione del sistema alla base del Reddito di cittadinanza.
Nonostante veti e minacce, i partiti sanno bene che un addio di Draghi da Palazzo Chigi riporterebbe in alto mare la nave Italia, con i mercati pronti a speculare, e il forte rischio di dover rinunciare a qualche pezzo dei miliardi del Pnrr. Per tutti questi motivi il governo deve rimanere saldo al suo posto, e con un decisionismo ancor più forte, nonostante i mal di pancia della politica.