Conte bis, Riccardo Magi a TPI: “In questa maggioranza enormi contraddizioni che non ci sfuggono”
"Siamo orientati a non fare sconti a questo governo, a non avere dei facili entusiasmi", è il commento del deputato di +Europa
Conte bis, Riccardo Magi a TPI: “Governo pieno di contraddizioni, da M5S ancora antiparlamentarismo e giustizialismo”
Una “fiducia critica” quella che ha annunciato di votare al governo Conte bis il deputato di +Europa Riccardo Magi, che nel suo intervento a Montecitorio ha voluto sottolineare le “enormi contraddizioni” insite nel nuovo esecutivo e, soprattutto, i dubbi verso una parte del Movimento Cinque Stelle, che ritiene espressione di uno spirito “antiparlamentarista e giustizialista”.
TPI ha incontrato il Riccardo Magi a Montecitorio poco dopo il suo intervento in Aula sul nuovo esecutivo, poche ore prima del voto sulla fiducia.
In questa maggioranza ci sono delle enormi contraddizioni che non ci sfuggono. Siamo orientati a non fare sconti a questo governo, a non avere dei facili entusiasmi.
Conosciamo i problemi che ci sono, ma sappiamo anche come è trascorso questo anno e mezzo. Si stava rischiando, e si rischia tuttora, uno scivolamento in una deriva autoritaria e per certi versi totalitaria, che stava mettendo l’Italia in isolamento a livello internazionale, a causa delle parole di vittimismo e dei comportamenti discriminatori da parte di rappresentanti delle istituzioni.
In questa situazione, come Radicale, mi sento di provare a influenzare le scelte laddove ci sono più contraddizioni. E in questa maggioranza sicuramente ce ne sono. Non sappiamo a cosa porteranno, se prevarrà lo spirito antiparlamentare e giustizialista di una parte del Movimento Cinque Stelle o se invece ci sarà la capacità di trovare un compromesso e fare delle riforme utili. Nel dubbio siamo sempre andati dove ci sono le contraddizioni, non verso un monolite tendenzialmente autoritario com’è quello della Lega e delle forze sovraniste.
Il “Salvinismo” non si sconfigge scimmiottandolo, servono delle riforme coraggiose sul tema dell’immigrazione. Non serve solo smontare o modificare profondamente i decreti sicurezza o modificare il regolamento di Dublino con un accordo europeo. È necessario cambiare anche la normativa italiana sull’immigrazione.
C’è una proposta di legge di iniziativa popolare, depositata con 90mila firme alla fine della scorsa legislatura. È in esame in prima commissione e io ne sono relatore. Prevede di superare la legge Bossi-Fini finalmente facendo in modo che ci siano degli ingressi regolari nel nostro paese per ricerca di lavoro. Non in modo rigido, come prevedeva la Bossi-Fini, che ha finito per produrre irregolarità, ma sulla base dei fabbisogni del nostro mercato del lavoro. Attraverso degli intermediari, quelli previsti dalla legge Biagi e dal Jobs Act, ci possono essere degli ingressi regolari. La legge prevede anche la possibilità di avere delle forme di regolarizzazione per chi è già qui.
Salvini ci ha fatto credere che il problema dell’Italia fosse tenere 50, 100 o 20 persone a qualche miglio dalle coste italiane. In realtà l’urgenza è quella di mezzo milione di persone che si trovano qui in Italia, non possono essere rimpatriate perché non ci sono accordi con i paesi di origine, e che non possono regolarizzarsi neanche quando c’è qualcuno che vorrebbe dare loro un lavoro.
Il decreto sicurezza bis, dal momento che rimanda al rispetto dei trattati internazionali, in realtà se interpretato alla lettera non potrebbe essere applicato. Salvini lo ha fatto, andando incontro a una pronuncia del Tribunale di Agrigento che nei fatti lo ha disapplicato (parlo del caso Sea Watch).
Il decreto sicurezza dà al ministro degli Interni, insieme al ministro della Difesa e delle Infrastrutture e i trasporti, la possibilità di utilizzare quel divieto di ingresso nelle acque territoriali, non l’automatismo: quindi nell’attesa della modifica può benissimo non essere applicato.
Infine, se si volesse intervenire tramite i rilievi del Presidente della Repubblica, grazie a quelle osservazioni lo si potrebbe di fatto disinnescare. Secondo me, però, in una visione di medio-lungo periodo, sarebbe più importante capire se questa maggioranza vuole modificare la normativa italiana sull’immigrazione. Dei segnali importanti ci sono stati ad esempio da Delrio, che ha parlato chiaro su questo.
Siamo sempre nell’ambito della protezione dei richiedenti asilo e rifugiati, non negli ingressi per motivi di lavoro, per i cosiddetti “migranti economici”.
Ad esempio in una riforma costituzionale diventata un feticcio, quella del taglio dei parlamentari. È stata ormai fatta passare questa espressione insopportabile del “taglio delle poltrone”, per quella che di fatto è un’asportazione di parte del parlamento. Questa non corrisponde a un potenziamento della rappresentanza, anzi va a colpire la rappresentanza soprattutto in alcune Regioni per quanto riguarda il Senato. E poi non porta a una modifica delle funzioni del bicameralismo.
Tutto viene fatto per sfamare la necessità di colpire la famigerata “casta”. Come se avessimo un problema di lentezza dei lavori parlamentari, ma non è così. Semmai c’è il problema opposto: in molti casi bisognerebbe garantire tempi adeguati di esame da parte del parlamento su provvedimenti che arrivano dal governo e vengono approvati con la fiducia in pochi giorni. Basta guardare l’ultima legge di bilancio. La vera origine della crisi del parlamento non sta nel numero eccessivo dei parlamentari, ma nell’uso della decretazione di urgenza e della votazione di fiducia. Sta anche nel modo in cui si stanno trasformando i partiti.
Un altro tassello del antiparlamentarismo è il vincolo di mandato del partito nei confronti del parlamentare. Su questo c’è stato un piccolo passo avanti: nel precedente contratto di governo i Cinque Stelle lo avevano inserito, mentre nei punti di alleanza col Pd non è più enunciato come obiettivo di riforma costituzionale.
Marco Pannella ci ha sempre invitato a tentare il possibile contro il probabile. Il probabile è quello che abbiamo visto in questi 15 mesi e che stava per avvenire – peraltro non è detto che sia un rischio che abbiamo scampato definitivamente. Il possibile è tutto da costruire. Noi ci saremo, a vigilare, stimolare e fare un’opposizione costruttiva, se ce ne sarà bisogno.