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Il peso di Minniti sullo scacchiere della grande politica: così cambierà la Fondazione Med-Or

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L’ex ministro degli Interni e attuale presidente della Fondazione MedOr, Marco Minniti, alla riunione di insediamento del Comitato Strategico del nuovo Progetto MedOr, presieduta il 3 dicembre dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, a Palazzo Chigi. Credit: Palazzo Chigi

Tutte le grandi aziende di Stato entrano nella fondazione di Leonardo presieduta dall’ex ministro Marco Minniti. Uomo in grado di unire mondi apparentemente lontani e di portare l’Italia al tavolo delle trattative su dossier scottanti. Così la Fondazione Med-Or siederà al tavolo di Palazzo Chigi. Obiettivo: fare sistema tra imprese e diplomazia per dialogare con i Paesi africani ma anche asiatici e sudamericani coniugando affari, rapporti politici e accademici

Giorgia Meloni ha un nuovo, inedito alleato per il suo Piano Mattei per l’Africa ed è l’ex ministro degli Interni del Pd, Marco Minniti. La notizia era nell’aria già da un po’ ma il ritorno di ieri a Palazzo Chigi del presidente della Fondazione Med-Or per una riunione strategica presieduta dal sottosegretario Alfredo Mantovano ha messo le cose in chiaro.

L’asse Meloni-Minniti ha un solo obiettivo: “fare squadra nell’interesse della Nazione”. Lo sfondo è la trasformazione operativa della fondazione di Leonardo, che mantiene comunque il controllo di Med-Or, in una “Fondazione per l’Italia”, con il coinvolgimento diretto delle più importanti aziende partecipate dallo Stato: Cassa depositi e prestiti, Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Fincantieri, Poste Italiane, Snam e Terna.

La decisione risale al luglio scorso ed era stato proprio Mantovano ad anticiparla al Med-Or Day 2024 a Roma. Soltanto ieri però si è svolta a Palazzo Chigi la riunione di insediamento del Comitato Strategico del nuovo “Progetto MedOr del Governo Meloni”, a cui “hanno preso parte i Vertici delle Società, il Presidente della Fondazione Marco Minniti, nonché i rappresentanti dei Ministeri del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica” (Esteri, Interni, Difesa, Giustizia, Finanze, Imprese, Ambiente).

Come sottolineato da Palazzo Chigi, questo Comitato “rappresenta un unicum nel panorama istituzionale italiano”, il cui obiettivo è “svolgere un ruolo sempre più pro-attivo a sostegno del soft power dell’Italia”. “Uno spazio in cui poter effettuare, in modo strutturato e sicuro, uno scambio di informazioni, valutazioni ed esperienze tramite alcuni dei principali protagonisti della dimensione geo-economica della Nazione, che costituisce il prerequisito essenziale per elaborare una visione strategica che sia davvero condivisa”, si legge nella nota diramata dal Governo.

Il primo obiettivo però è promuovere quel Piano Mattei annunciato ormai da anni dalla premier e che sembra ancora un guscio vuoto. “La stessa Fondazione Med-Or era già stata inserita nella Cabina di Regia del Piano proprio per contribuire con le sue analisi al processo decisionale del nuovo approccio dell’Italia verso il continente africano”, fa sapere Palazzo Chigi, che si avvarrà quindi della rete della fondazione e della capacità di influenza delle aziende di Stato per riempire di contenuti la strategia del Governo Meloni per l’Africa.

“Nel dettaglio, fra le altre finalità, la Fondazione si pone come obiettivo quello di unire le competenze e le capacità dell’industria con il mondo accademico e innescare sinergie pubblico-private per promuovere e sostenere – d’intesa con la Farnesina- la realizzazione di partenariati geo-economici e socio-culturali con gli Stati del Mediterraneo allargato, dell’Africa Sub-sahariana, del Medio ed Estremo Oriente, del Sud America”, spiega il Governo, allargando l’orizzonte ben oltre il solo continente africano. Qui si intravede già il contributo di Minniti e della sua fondazione.

D’altronde ad aprile scorso, dal palco della Conferenza Programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, era stato lo stesso ex ministro, dialogando con l’a.d. di Eni Claudio Descalzi, a spiegare che con il Piano Mattei l’Italia può fare da apripista all’intera Europa, sviluppando con i Paesi africani un rapporto “che nessun altro ha mai avuto”. Soprattutto ora che la Françafrique è praticamente morta e che sul continente si affacciano non solo Russia e Cina ma anche medie potenze come la Turchia. Con la sua rete, Med-Or può certamente aiutare il Governo in questo senso. Basta guardare non solo le aziende che vi partecipano ma anche i nomi nei vari board della fondazione e i suoi progetti.

Come emerge chiaramente dal suo sito-web, nell’International board di Med-Or troviamo, tra gli altri, il principe saudita Turki Al-Faisal, ex direttore dell’intelligence e ambasciatore di Riad nel Regno Unito e negli Usa; il ministro degli Esteri libanese uscente, Abdallah Bou Habib; l’ex vicesegretario di Stato Usa, John Negroponte; l’attuale vicesegretaria della Nato ed ex vicepremier della Macedonia del Nord, Radmila Šekerinska; e l’ex direttore del MI6 britannico, Sir Alex Younger. E poi ancora: ex commissari europei, ex ministri di Germania, Spagna ed Egitto, ex inviati speciali dell’Onu in Libia e della Francia nel Mediterraneo, consiglieri di Stati africani, regni del Golfo e alti funzionari di Paesi dell’Asia occidentale. Con nomi così sembra più chiaro l’obiettivo posto da Palazzo Chigi di “favorire e rilanciare il dialogo costruttivo tra nazioni, culture e sistemi economici con l’obiettivo di permettere all’Italia di esprimere il meglio delle proprie competenze”.

Coinvolgendo Minniti nel suo Piano Mattei, Meloni scommette quindi sull’esigenza di fare sistema per penetrare in Africa e non solo. Per capire meglio come, conviene anche qui affidarsi ai numeri di Med-Or, che in tre anni ha realizzato oltre 600 programmi di alta formazione, più di 80 iniziative diplomatico-culturali e una decina di progetti di ricerca nei settori aerospaziale, della sicurezza, dell’energia, della lotta ai cambiamenti climatici e in ambito digitale.

Tra questi spiccano la partnership con il Council for Strategic and Defense Research (CSDR) di New Delhi, raggiunta nel settembre dell’anno scorso con uno dei più in vista think tank indiani; il memorandum firmato tre mesi prima con l’Accademia Diplomatica del Vietnam; e il corso di formazione, concluso a fine novembre, per 20 funzionari somali, tra cui i futuri rappresentanti della Missione permanente della Somalia presso le Nazioni Unite, in vista dell’ingresso di Mogadiscio nel Consiglio di Sicurezza Onu a partire dal 1° gennaio 2025.

“Una parte del mondo vuole contare, si fa chiamare Sud globale”, aveva dichiarato l’ex ministro alla Conferenza Programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara. “Per costruire la pace serve un nuovo ordine mondiale che non può prescindere dal Sud del mondo”. Con cui però bisogna saper dialogare e su cui serve anche avere influenza e in questo Minniti e la sua fondazione possono dare una mano a Meloni.

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