“Meloni diede 35mila euro a un clan di nomadi per la campagna elettorale”: l’accusa di un pentito
“Meloni diede 35mila euro a un clan di nomadi per la campagna elettorale”
L’accusa è quella di aver fatto avere a un clan di nomadi di Latina 35mila euro per attività di campagna elettorale: Agostino Riccardo, pentito di mafia e ora collaboratore di giustizia, ha dichiarato ai magistrati della Dda di Roma che nel 2013 la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, avrebbe fatto recapitare quella somma di denaro al clan Travali di Latina – colpito negli scorsi giorni da 19 arresti – per comprare voti e affiggere manifesti elettorali.
Il candidato alle elezioni del 2013 in quota FdI protagonista della campagna era Pasquale Maietta, commercialista, ex presidente del Latina Calcio ed ex tesoriere alla Camera di FdI, amico di vecchia data del boss Costantino Cha Cha Di Silvio, boss dell’omonimo clan che per anni ha agito nella zona di Latina insieme ai Travali. I 35mila euro sarebbero stati “recapitati in una busta per il pane a una pompa di benzina” secondo la testimonianza di Riccardo, pubblicata oggi in esclusiva da Repubblica.
“35mila euro da Meloni al clan di nomadi”: La testimonianza del pentito di mafia
“Nel 2013 alle elezioni politiche, prima di conoscere Gina Cetrone, presentata da Di Giorgi, al bar eravamo io, Pasquale Maietta, Viola, Giancarlo Alessandrini. Maietta ci presentò Giorgia Meloni. Era presente anche il suo autista. Parlavamo della campagna elettorale e Maietta disse alla Meloni che noi eravamo i ragazzi che si erano occupati delle campagne precedenti per le affissioni e per procurare voti”, ha dichiarato il collaboratore di giustizia ai pm romani. Gina Cetrone è una ex consigliera regionale del Pdl – poi passata a Cambiamo di Giovanni Toti – arrestata e attualmente imputata. Viola e Alessandrini sono componenti del clan Travali, coinvolti in diverse inchieste giudiziarie.
“Parlarono del fatto che Maietta era il terzo della lista, prima di lui c’erano Rampelli e Meloni, nonché del fatto che Rampelli, anche se eletto, si sarebbe comunque dimesso per fare posto al Maietta”, ha continuato il pentito di mafia. “Maietta ha detto alla Meloni che c’era bisogno di pagare i ragazzi presenti per la campagna elettorale e la Meloni ha risposto: ‘Dì a questi ragazzi che ne parlino con il mio segretario’ “. L’incontro sarebbe avvenuto poco dopo in una pompa di benzina.
Le indagini dei pm romani sulla compravendita di voti
La testimonianza di Agostino Riccardo è emersa nell’ambito delle indagini su alcuni clan di origine nomade radicate nel capoluogo pontino, legate ai Casamonica, che i pm antimafia romani Corrado Fasanelli e Luigia Spinelli portano avanti da circa 3 anni. Secondo i magistrati queste famiglie avrebbero messo su vere e proprie associazioni a delinquere di stampo mafioso.
Secondo quanto riporta Repubblica, il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, insieme al figlio del boss Cha Cha, Renato Pugliese, in passato aveva parlato di simili servizi di attacchinaggio e compravendita di voti – di cui i clan di origine nomade si erano occupati – anche per conto dell’attuale eurodeputato della Lega, Matteo Adinolfi e dell’ex consigliera regionale del Pdl Gina Cetrone. I clan si sarebbero occupati anche di attività di campagna elettorale in favore di Nicola Calandrini, attuale senatore di Fdi e Angelo Tripodi, attualmente capogruppo della Lega alla Regione Lazio.
La replica di Giorgia Meloni
In una diretta pubblicata sulla sua pagina Facebook, Meloni ha respinto l’accusa di aver dato 35mila euro al clan di nomadi di Latina. “È partita la macchina del fango contro l’unico partito di opposizione. Non ci facciamo intimidire”, ha detto la leader di Fratelli d’Italia. “In Italia piacciono le persone serve e ricattabili. Noi siamo persone libere e non abbiamo paura, perché non abbiamo fatto del male. Potete prenderci tutti casa per casa, ma continueremo a dire la nostra. Ovviamente annuncio querela”.
“Io non faccio affari con i rom. Non dò soldi in contanti in una busta di carta in un distributore di benzina. Non ho mai avuto un segretario maschio nè una Volkswagen nera. La notizia è inventata. Se gli inquirenti avessero voluto chiedermelo, non avrei avuto problemi a rispondere. Penso che gli inquirenti abbiano considerato questa notizia infondata, altrimenti mi avrebbero chiesto conto di questa notizia che mi infanga. Come è possibile che una rivelazione del genere sia finita su Repubblica, senza che nessuno mi abbia chiesto una versione? Immagino che siano notizie coperte dal segreto istruttorio, che i giudici hanno ritenute infondate”, ha aggiunto.
“Non è strano che Repubblica pubblichi a tutta pagina una notizia del genere, che infanga l’unico partito di opposizione, senza che nessuno mi abbia chiamato per chiedere una dichiarazione? Quali verifiche ha fatto Repubblica prima di pubblicare questa rivelazione di un pentito di un clan mafioso di nomadi? L’obiettivo è dare una notizia o buttare fango sulla Meloni, perchè la crescita di FdI nei sondaggi dà fastidio? Non è curioso che una rivelazione su fatti di 8 anni fa esca solo adesso?”, ha aggiunto Meloni.