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Home » Politica

I Gilet Gialli alle europee possono aiutare Macron, ma rischia di essere una vittoria di Pirro

Immagine di copertina
Credit: AFP

La presenza di una lista dei Gilet Gialli potrebbe regalare la vittoria al partito di Macron alle elezioni europee, ma questa potrebbe essere una vittoria di Pirro.

I sondaggi usciti nelle ultime settimane mostrano infatti che una lista del movimento di protesta che negli ultimi mesi ha scosso la Francia potrebbe ottenere percentuali superiori al 10 per cento alle europee, voti che andrebbe a togliere soprattutto al Rasemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen e a France Insoumise, formazione di sinistra guidata dall’ex candidato alle presidenziali francesi Jean-Luc Melenchon.

Quando nel novembre 2018 ha iniziato a prendere piede il movimento di protesta dei Gilet Gialli, i dati hanno infatti mostrato come i partecipanti a questa serie di manifestazioni nate per l’aumento del prezzo della benzina avessero votato in gran parte per Marine Le Pen (36 per cento) e per Jean-Luc Melenchon (28 per cento) alle elezioni presidenziali del 2017.

Tuttavia, quando Ingrid Levavasseur, una delle leader della protesta dei gilet gialli, ha annunciato la presentazione di una lista per le elezioni europee, ha lasciato spaesati in molti nel panorama politico francese, soprattutto Marine Le Pen che aveva lanciato al movimento segnali di amicizia in vista dell’importante voto di maggio.

Quasi tutti i sondaggi in cui è stata contemplata la presenza della lista dei Gilet Gialli hanno visto République en Marche (Rem), il partito di Macron, attestarsi come prima forza politica francese, a discapito soprattutto del Rasemblement National di Marine Le Pen, spesso spinto nei sondaggi sotto al 20 per cento a causa della presenza della lista del movimento di protesta.

Ma se l’andamento di questi sondaggi fosse confermato dal voto europeo, potrebbe considerarsi una vittoria per Emmanuel Macron? Sicuramente, con una popolarità a picco e dopo mesi di proteste, un primo posto per Rem alle europee sarebbe una boccata d’aria fresca per il presidente francese, ma questa vittoria rischierebbe di essere una vera e propria vittoria di Pirro.

Facciamo un passo indietro. Marine Le Pen negli ultimi hanno ha visto la sua formazione politica crescere, al punto da raggiungere il ballottaggio alle presidenziali del 2017. Fino a quel momento, il Front National aveva già visto diversi risultati positivi, che spesso erano stati vanificati grazie anche al sistema elettorale francese. In Francia, infatti, si vota (non solo per le presidenziali, ma anche per il parlamento e per le regioni) con il doppio turno: i due (talvolta alle elezioni locali anche tre) candidati più votati al primo turno si scontrano in un successivo ballottaggio.

Fino al 2017, in quasi ogni elezione in cui un candidato del Front National era arrivato al ballottaggio, era stato in grado solo di riconfermare il consenso del primo turno, venendo sconfitto grazie a una larga e solida coalizione tra gli altri partiti in nome della repubblica. Nell’opinione pubblica, infatti, la formazione di Marine Le Pen era spesso vista ancora come un partito post-fascista, nato sulla scia dello scontento per la guerra d’Algeria, contro il quale era necessaria un’alleanza trasversale.

Un dato particolarmente indicativo in questo senso sono state senza dubbio le elezioni regionali francesi del 2015, con Marine Le Pen in persona a candidarsi presidente della nuova regione dell’Alta Francia, arrivata in testa al primo turno col 40,6 per cento ma sconfitta al ballottaggio con il 42,2, praticamente limitandosi a confermare i voti iniziali e vedendo tutte le altre forze politiche coalizzarsi contro di lei.

Anche per superare questo limite, Marine Le Pen ha lavorato per scrollarsi di dosso questo peso ingombrante, cercando di rendere il partito sempre più una forza anti-sistema, conservatrice, anti-europea e anti-immigrati. In questo senso, oltre al cambio di nome del partito in Rasemblement National, quasi a voler rompere con la tradizione precedente, è stato particolarmente indicativo un elogio alla figura dell’ex presidente francese Charles De Gaulle: un gesto in forte rottura con il passato per un partito nato anche in dissenso con gli accordi di Evian che posero fine al conflitto algerino, voluti proprio da De Gaulle.

Gli sforzi di Marine Le Pen sono stati in parte premiati alle presidenziali 2017: in tale occasione non solo la leader della destra francese è arrivata al ballottaggio, ma pur venendo sonoramente sconfitta da Emmanuel Macron, per la prima volta ha visto il proprio consenso crescere nettamente tra primo e secondo turno: dal 21,30 del primo turno al 33,9 del secondo.

Ma non è tutto: la Le Pen è infatti riuscita a ottenere in vista del ballottaggio il sostegno di Nicolas Dupont-Aignan, candidato conservatore, e il candidato di sinistra Jean-Luc Melenchon non ha dato il sostegno ad alcun candidato neanche in chiave anti-Front National come in passato era sempre successo.

Una presenza dei Gilet Gialli sulla scheda alle europee, dove vige il sistema elettorale proporzionale, può sicuramente togliere voti alla Le Pen e a Melenchon, aiutando il partito di Macron ad arrivare primo e considerarsi vincitore, ma in un’elezione con il doppio turno, cosa succederebbe?

Il rischio per il presidente francese è che si vada a rafforzare un’intesa anti-sistema formata non solo tra Rasemblement National e France Insoumise, ma anche dai nuovi arrivati Gilet Gialli, uniti su vari temi e su una comune avversione a Macron, ritenuto un simbolo dell’élite europea contro cui si battono e contro il quale elettori di tutte e tre le formazioni politiche sono scesi in piazza fianco a fianco nelle proteste iniziate lo scorso novembre.

Non siamo ancora in grado di sapere se il consenso verso i Gilet Gialli sia un fuoco di paglia fotografato dai sondaggi in questo periodo o qualcosa di più radicato, ma sarà interessante come questo elettorato possa fare sponda nei ballottaggi previsti dal sistema elettorale francese con il Rasemblement National e France Insoumise, contribuendo a sdoganare Marine Le Pen dall’etichetta di post-fascista del suo partito.

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