Giachetti a TPI: “Ho votato sì al taglio dei parlamentari, ma qui finisce la mia lealtà. Ora sono libero”
(Sorriso) Ho visto, ma non c’è nessuna incoerenza nella mia posizione.
Molto facilmente. Abbiamo fatto un governo di coalizione, abbiamo accettato di sostenerlo, e sapevamo bene che dentro il programma c’era un punto molto chiaro, e questo punto era il taglio dei parlamentari. Lo avevano accettato, punto.
Mi è accaduto tantissime volte è anche con altri governi. Io sono leale al patto di governo, e quindi ho lealmente votato di conseguenza. Ma poi il mio obbligo finisce qui.
No. E cosa ho detto, infatti nel mio intervento? L’accordo era relativo e vincolante per il voto su questa legge. Poi liberi.
Roberto Giachetti è stato bombardato sui social, dopo il voto sul taglio dei parlamentari: ma questo – invece di deprimerlo, lo carica. Subito dopo l’uomo che sfidò Nicola Zingaretti alle primarie spiega la sua posizione. Ci tiene a dire che è una posizione “personale”, ma è interessante anche perché a breve potrebbe diventare la strategia di medio periodo di Italia Viva. Ecco dunque con quali ambizioni Giachetti annuncia il suo impegno nella campagna elettorale referendaria. E, soprattutto, ecco come il deputato spiega le sue preoccupazioni sul primo l’elemento di caduta della riforma: la legge elettorale.
È semplice. Subito dopo il voto finisce la mia parte di lealtà, il mio obbligo verso la coalizione.
Nulla non mi impedisce di promuovere una campagna referendaria contro la riforma perché su un tema di rilievo costituzionale io – come cittadini e come politico – ho tutto il diritto di riprendermi la mia libertà.
Non scherziamo! Loro hanno fatto una campagna contro una legge proposta dal loro stesso partito! Mentre questa è una riforma contro cui abbiamo sempre votato in parlamento. Un punto di programma che abbiamo solo ereditato nel patto di governo, portato da un altro partito.
Io penso che questa battaglia, se si apre un dibattito serio, se l’elettorato comprende le diverse posizioni che noi introduciamo, si possa vincerla.
Partiamo noi al 15% loro all’85%. Quindi possiamo solo migliorare, e uscire da un coro unanimistico a me pare solo un fatto positivo.
E chi lo dice? Il referendum – per definizione – taglia trasversalmente le forze politiche. Ci sono posizioni differenziate dentro ogni partito, e noi catalizziamo queste merci che oggi sono disorganizzate e disperse.
E chi lo dice? Lei Sa bene che dopo il referendum del 2016 la ripercussione sul governo Renzi fu immediata. Il giorno dopo una vittoria del No si dovrebbe semplicemente prendere atto che il popolo sovrano si è espresso su un tema di assoluta libertà intellettuale come la nostra costituzione. Nessuno ci potrebbe accusare di aver operato contro il governo.
Mi spiace per lui, perché il nostro voto di ieri dovrebbe essere l’esempio più clamoroso del fatto che siamo leali. Ci permettiamo – nel tempo in cui la politica viene espulsa, dal Papeete e dal gossip – di rimettere al centro i temi di merito.
E chi lo ha detto? Sull’iva restiamo vincolati alla ragione fondante di questo governo.
Guardi: sto prendendo tanti insulti, in rete. Perché mi ricordano che sulla riforma non c’è vincolo di mandato, mi dicono che dovevo uscire e votare contro.
Prima motivazione: non sono contrario al taglio dei parlamentari in linea di principio.
Sono contrario al bicameralismo. Il vero problema è quello. Il bicameralismo però non viene toccato dal taglio. Ma se tu elimini l’elezione su base regionale del Senato – come si dice in queste ore – tu di fatto omologhi in tutto e per tutto le due Camere. Sono due camere fotocopia. Con il voto ai sedicenni verrebbe meno anche la diversità della base elettorale.
Il rallentamento del percorso legislativo nasce dal bicameralismo perfetto. Ed era nato proprio per questo, fin dalla Costituente. Perché non si voleva dare eccessiva forza al partito che vinceva le elezioni. Ma era l’Italia degli anni Quaranta, un altro mondo.
È già così in tutta Europa, e mi lasci dire una cosa: mi fa schifo che si dica “poltrone” perché il culo sulle poltrone, anche quelli che dicono di disprezzarle, lo mettono anche molto volentieri.
Questa riforma così com’è necessariamente implicherà una legge proporzionale. Cosa che come sa io considero un passo indietro.
Il problema è che con questo taglio hai due effetti drammatici: alcuni territori non vengono più rappresentati, se non in presenza di percentuali eclatanti – penso ad esempio alla Liguria – addirittura sopra il 25%. È lo sbarramento introdotto de facto prodotto dal taglio della rappresentanza. Se si fanno un po’ di conti si scopre che se restasse il Rosatellum può arrivare ad uno sbarramento madornale che va dal 10 al 20%. Come fai a riavvicinare la gente alla politica?
Con i collegi i deputati e i senatori erano sul territorio. Ma se tu questo rapporto lo fai esplodere con la rappresentanza uno a 150mila aumenti il distacco della politica.
Io penso che se rimane un principio maggioritario tieni fuori tutti quelli che sono sotto il 10%. Folle. Forse anche incostituzionale. Per cercare di porre rimedio a questa legge il proporzionale per me è il male minore.
Solo gli elettori di tre partiti – i più grandi – verrebbero rappresentati. Si devono porre questo problema. Che non è l’unico.
Ha idea di quanto costa una campagna elettorale in un collegio camera di 150mila elettori e quanto una campagna al Senato con collegi che sono quasi il doppio? Sarebbe il suicidio della democrazia rappresentativa. Bisogna correre ai ripari. La mia battaglia, che spero diventi quella di tutto il mio partito, si spiega così.