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“Ecco perché le lobby vogliono impedire la tassa sulle merendine che ho proposto”: il ministro Fioramonti parla a TPI

Immagine di copertina
Il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti. Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI

Luca Telese intervista il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti

Fioramonti: “Tassa sulle merendine? Le lobby vogliono impedirla”

Continua a tenere banco la polemica per la tassa sulle merendine proposta da Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione.

Ministro Fioramonti, per questa vicenda delle merendine Il Giornale la definisce il “nuovo Toninelli”.

Guardi, data la qualità degli attacchi che sto ricevendo dai lobbisti, dagli aspiranti lobbisti dagli amici dei lobbisti e anche dai normali avversari di questo governo, qualsiasi epiteto de Il Giornale non mi sconvolge. Quello che noto è l’appoggio dei medici, dei nutrizionisti, dei climatologi, che sono d’accordo sulla proposta.

Non le sembra di essere stato molto radicale?

No. Perché quando in questo paese sfiori interessi economici importanti è evidente che si scateni una reazione. Io non sono condizionato né condizionabile da altri interessi che non siano il bene pubblico.

Siete quelli che mettono nuove tasse?

Le rispondo sulle merendine, a tutte le domande che lei vorrà fare, ma vorrei che dopo mi desse lo spazio per spiegare il perché di questa proposta: noi abbiamo bisogno di fare, e subito, un investimento in scuola, in professori, in asili e in formazione. La prima pagina della storia di cui parliamo è questa: le merendine sono solo l’ultimo capitolo. Se non si legge la prima pagina non si capisce il finale.

Perfetto. Ma partiamo dall’accusa più dritta: “Siete quelli che vogliono tassare tutto”.

A dire il vero stiamo quelli che le abbassiamo, le tasse, al contrario di tutti i governi amati e sostenuti dai lobbisti delle merendine e delle bibite zuccherate e gasate, grazie al cuneo fiscale che restituirà soldi a tutti i lavoratori che hanno una busta paga.

Però questa è una imposta di scopo, non giriamoci intorno.

Certo che lo è. Vorrei ricordare a tutti gli improvvisati lobbisti della Coca Cola company che si sono mobilitati contro la nostra proposta in queste ore che bibite zuccherine e gasate, merendine a base di zuccheri e snack cremosi e zuccherati e dolcificati contribuiscono in maniera decisiva alla diffusione di tante malattie endocrino-metaboliche, a partire dal diabete.

Sta parlando di un costo sociale?

Di un costo sociale ed anche economico, dal momento che solo il diabete costa al nostro sistema sanitario nazionale 9 miliardi di euro. E gli impatti sociali e sul lavoro arrivano a 20 miliardi annui.

Ha visto che le associazioni dei consumatori hanno calcolato che il prelievo sulle merendine, stimando 15 centesimi a merendina per 365 giorni, potrebbe costare 55 euro a famiglia?

È una cifra che non quadra in nessun modo, e le spiego perché. In primo luogo perché parliamo di un prelievo inferiore. E poi perché nessuno, nemmeno il più sfegatato lobbista, alimenterebbe un figlio a Coca Cola e merendina, o con uno snack zuccherino ogni giorno. Quindi il moltiplicatore non è 365 giorni, ma molto meno.

Cosa intende?

Che ogni dieta deve essere equilibrata. Se uno calcola che un bambino mangerà mediamente due/tre merendine a settimana, si scende a 15 euro l’anno.

Quindi lei vuole dirigisticamente decidere, dal governo, cosa devono mangiare i figli degli italiani?

Al contrario. Io, da padre e da ministro, raccolgo quello che la comunità scientifica ci dice in modo unanime che sia più opportuno far mangiare ai nostri bambini.

E cioè?

Servono variazione continua delle diete, riduzione dei pasti preconfezionati, più pasti naturali, più fibre. Frutta, per esempio, ma anche i prodotti della tradizione italiana: il panino con il prosciutto, e poi il formaggio di qualità non in dosi eccessive, con il grana, il parmigiano. E poi i vegetali, la mozzarella, il pomodoro, l’insalata… i prodotti tipici che sono più sani di quelli con conservanti. Questi sono fatti incontestabili, non opinioni mie.

Altra obiezione. Cinque o dieci centesimi non bastano a disincentivare all’acquisto di un determinato prodotto.

(Sorriso). Questa ipotesi è assolutamente opposta a quella di coloro secondo cui questi cinque centesimi avrebbero l’effetto di distruggere il mercato nazionale.

E quindi?

Quindi dal punto di vista logico, o questo prelievo è troppo grande o è troppo piccolo, ma di sicuro non si possono fare entrambe le critiche insieme, come sta accadendo in queste ore. E in ogni caso, le risorse andranno a beneficio dei ragazzi stessi, con più fondi per la scuola, per la ricerca e per la sostenibilità, che in tanti giovani ci chiedono.

E secondo lei?

Secondo me è la cosa giusta: almeno a giudicare dalle reazioni che stanno arrivando, anche dal mondo della scuola, dove questi temi sono molto sentiti, e dove tanti insegnanti si battono da anni per fare educazione alimentare.

E le basta?

No, non mi basta. Però noto che questa proposta, ridicolizzata dai media, appare condivisa anche da tutti i sondaggi che sono stati fatti, da CartaBianca al Corriere della sera, dove addirittura il 70 per cento dei lettori si dice favorevole. Questo forse significa che c’è un senso comune molto evoluto su questi temi.

Capisco il suo ragionamento sulle argomentazioni opposte che si elidono a vicenda, ma lei provi a rispondere all’obiezione di chi dice: il prelievo è troppo basso.

Noi abbiamo pensato e strutturato una proposta organica, che non è campata per aria, ma ponderata sulla base di dati e cifre. Hanno colpito le “merendine”, ma prevede voli aerei, bibite gassate e zuccherate, e le barre cremose.

I famosi Mars, i Twix…

Guardi, generalmente non parlo per singoli prodotti, ma per categorie e percentuali di contenuto zuccherino e calorico: sono tutte quelle collocate ad altezza di bambino alle casse dei bar e degli autogrill apposta per sedurre i nostri figli e produrre quello che i pubblicitari chiamano ‘nag factor’, il fattore assillo: il bambino le vede, comincia a chiederti di comprarle mentre stai in fila e tu, pur di non sentirlo più, gliele compri.

Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Università e del Ricerca governo giallorosso. Da sette giorni al centro della polemica. Lo vado a trovare in viale Trastevere, nel suo ministero, e mi riceve di sera perché ha passato tutto il giorno impegnato in una complicata trattativa con i sindacati sui professori precari.

La proposta del prelievo il ministro a Cinque stelle l’ha elaborata più di un anno fa, quando era viceministro, ma è diventata centrale nel dibattito da quando lui è diventato ministro, e, soprattutto, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’ha fatta sua. E ovviamente, dal giorno dopo, da quando Matteo Salvini ha iniziato ad avversarla citandola in ogni discorso.

Quando spiego a Fioramonti e al suo portavoce Vincenzo Cremarossa, che voglio parlare ancora della sua imposta i due alzano gli occhi al cielo. Dice il ministro: “Sto affrontando problemi importantissimi per la scuola, non non vorrei più discutere di questa vicenda, che qualcuno cerca di trasformare in una proposta caricaturale”.

Cosi, per parlarne in modo serio, dopo la lunga giornata di lavoro e trattative, costringo entrambi a saltare la cena. Quando, intorno alle dieci, esco dal ministero, il grande palazzone di viale Trastevere è vuoto, ma sulla facciata aleggia uno striscione di impegno sui cambiamenti climatici voluto proprio dal ministro: Istruzione, no estinzione.

Ministro, lei ha risposto alle altre obiezioni, ma prima le chiedo questo: il prelievo basta ad avere un effetto disincentivante?

Guardi, l’enorme dibattito che è nato da questa proposta, e anche il fatto che io e lei siamo qui nel mio ufficio a discutere di questo tema, mi dice che un primo importantissimo effetto lo abbiamo già raggiunto.

Quale?

Stiamo informando. Ho visto dietologi e nutrizionisti in televisione, questa settimana, ad esempio, ad Agorà (programma tv in onda su RaiTre), spiegare in modo divulgativo, ma scientifico, gli effetti di un bombardamento di zuccheri.

Ma le dicono: questa cosa si è fatta per ora solo in Messico. Perché proprio da noi?

A parte il fatto che esistono tante diverse forme di intervento, in tanti diversi paesi del mondo, ma la risposta qui è molto semplice: qual è il paese europeo dove l’incidenza dell’obesità giovanile è più in crescita che in qualsiasi paese europeo?

È l’Italia.

(Sorriso) Allora vede che lei si è dato la risposta da solo.

E cosa risponde all’obiezione di chi la rimprovera di danneggiare alcune importanti categorie di mercato, e solo quelle?

Che è la solita argomentazione usata da chi non vuole cambiare nulla. Con ogni intervento, c’è sempre qualcuno che ci perde qualcosa e qualcuno che ci guadagna. Io non voglio colpire “la” Coca Cola, la Mecca Cola o la Spuma perché ho qualcosa contro un prodotto o contro un altro. Io dico: segnaliamo al grande pubblico nazionale che una bibita che contiene sette cucchiaini di zucchero in una confezione è una bomba calorica. Se poi faranno una Mecca Cola, o una Pippo cola “light” ben venga.

Cioè lei dice: non colpisco in prodotto, ma la concentrazione degli zuccheri.

Esatto: così come ci sono merendine o barrette di cioccolato purissimo, a bassa percentuale di zuccheri e dolcificanti, che sono molto più sane. La cosa che mi stupisce è che questo dibattito nella scuola si fa da anni.

Quindi il nodo sono le concentrazioni di zucchero.

Esatto. La stessa azienda deve sentirsi incentivata a produrre prodotti a concentrazione più bassa di dolcificanti. E il consumatore deve trovare più convenienti, anche di poco, i prodotti con le percentuali più basse.

Per la Lega siete quelli che vogliono mettere le tasse sulle merendine e sul contante. La accusano di essere ideologico e di sinistra.

Primo. Come lei sa bene, io ho elaborato questa proposta più di un anno fa, quando ero un esponente della squadra gialloverde, e nessuno aveva sollevato questo obiezioni. Secondo: ho lavorato per quattordici mesi con Bussetti, un ministro leghista che è un tecnico, un ministro che viene dal mondo della scuola, che era anche d’accordo con la mia idea.

E il contante?

Non è mia competenza diretta, ma condivido perfettamente la filosofia di questo intervento, anche perché, come lei sa, ho lavorato molti anni all’estero, e potrei farle tanti esempi di come le monete di plastica fanno bene alla legalità e agli utenti.

Mi faccia un esempio, allora.

Dagli Usa, all’Inghilterra fino al Sudafrica i posteggiatori ormai usano Zapper.

Cosa?

È una App molto facile da usare e diffusa per cui si paga senza moneta, anche l’importo più piccolo. Questo rende più pratico e più tracciabile ogni flusso. E non puoi usare la scusa che non hai spiccioli in tasca per il posteggiatore. È sempre più diffuso il sistema di pagamento Mpesa, anche in Africa. Se lo fanno loro, dovremmo riuscirci pure noi. Ma mi lasci dire una cosa.

Quale?

Anche qui il vero tema non sono i cento euro di contante del pensionato che prende la pensione e ha tutto il diritto di mantenere le sue abitudini. Ma i miliardi di contante spostati dal Pil nero e dalle organizziamo criminali. Anche questo, non a caso, un triste primato italiano.

E parliamo anche degli aerei, allora.

È molto semplice: in primo luogo ogni italiano conosce gli stratagemmi con cui le compagnie aeree tendono a venderti un biglietto 30 euro, e poi a caricarti 50 euro di servizi aggiuntivi. Ha mai provato a fare un check in elettronico, anche con una grande compagnia?

Non me lo dica, sono reduce di un extra che mi è stato imposto per cento grammi di peso.

Appunto. Anche in questo caso, rispetto a tutti i costi aggiuntivi che un passeggero può leggere in ogni ricevuta, il prelievo è simbolico, ma non irrilevante: serve a ricordarci che tutto questo ha un costo anche per l’ambiente.

E qui arriviamo all’ultima obiezione: ma allora questa non è una vera tassa di scopo, perché viene usata per altro.

E allora posso finalmente dare la risposta che più mi sta a cuore. La formazione che il sistema dell’istruzione italiano fa, e deve fare sempre meglio, è il primo scopo, il più vitale. E io ho immaginato tutto questo perché abbiamo un bisogno disperato di aumentare gli investimenti.

Perché?

Perché siamo ultimi, o penultimi, in tutte le graduatorie. Perché spendiamo poco per la ricerca, che, per esempio, è il segreto dello sviluppo e dell’innovazione in un’economia in rapida evoluzione. Spediamo poco per i docenti e per la loro formazione, spendiamo troppo poco per garantire servizi essenziali, dall’asilo ai tempi pieni.

Ma l’obiezione più facile è: non c’è un altro modo per aumentare la spesa?

La risposta più semplice è: in un paese che deve già lottare per disinnescare 23 miliardi di clausole di salvaguardia e sta lavorando per abbattere la pressione fiscale con il cuneo sulle buste paga il rischio è che alla scuola arrivino le briciole.

E invece?

E invece io vorrei un grande piano di investimenti nella scuola e nell’università subito: formazione, strumenti, ricerca e servizi. Perché il primo modo per ridistribuire ricchezza ai cittadini è metterli nelle condizioni di diventare quello che vogliono.

Lei vuole cambiare anche i programmi scolastici, è vero?

Si, voglio innovare la didattica nelle scuole introducendo temi legati alla sostenibilità in ogni materia, dalla scienza alla storia.

Non una nuova materia, dunque.

Mi piacerebbe molto che la sostenibilità diventasse il filo conduttore che caratterizza la didattica nelle scuole italiane.

Come?

Ho costituito un comitato di esperti internazionali sulla formazione allo sviluppo sostenibile che mi aiuterà a mappare cosa viene fatto nel resto del mondo. E poi utilizzeremo le migliori competenze italiane per trovare una nostra via innovativa.

Ministro, lei ha parlato di Autonomia, cosa accadrà sulle richieste di competenza sulla scuola delle Regioni del Nord?

Io sono personalmente contrario alla regionalizzazione della scuola e della ricerca. Quando si riaprirà il dossier, ci confronteremo.

Dica la verità: si aspettava resistenze così forti?

Sinceramente? Si, soprattutto da parte delle lobby che, anche legittimamente, difendono interessi enormi, e hanno a cuore i loro dividendi e i profitti. Ma il mio mestiere è occuparmi del bene comune.

Non si aspettava la battaglia di Salvini, che in questi giorni la cita ogni tre parole, dica la verità.

Credo che in questo caso Salvini stia sbagliando anche rispetto al suo mondo.

In che senso?

È convinto che le battute e la battaglia sulle “merendine” siano popolari. E invece a me arrivano molte mail, anche dal Nord, dove le culture alimentari sono molto forti e molto evolute, in modo assolutamente trasversale tra destra e sinistra.

Sta dicendo che i leghisti non sono contrari a questa tassa?

Sto dicendo che in questo caso le identità politiche c’entrano poco o nulla. È una sfida fra chi è moderno e verde, e chi pensa che la salute e l’ambiente non siano importante per lo sviluppo del paese. Gli studenti, le famiglie e tanti imprenditori innovativi sanno benissimo che il futuro è un’economia del benessere equo e sostenibile.

Dice che i sovranisti dovrebbero essere d’accordo con lei?

Se fossi un sovranista, mi batterei per promuovere i nostri prodotti locali, l’artigiano alimentare, le bellezze ambientali dei nostri territori, non le multinazionali. E penserei prima di tutto alla salute dei bambini.

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